Il progetto è piuttosto giovane, ma non per questo ha le idee poco chiare. Anzi. Si chiama o.Design, è costituito da una comunità di designer e progettisti e ha come obiettivo, oltre alla presentazione delle proprie realizzazioni, qualcosa di più ambizioso e di ancora poco noto in Italia: andare verso un design condiviso. Dunque, lo schieramento dei pensatori davvero liberi, composto da scrittori, musicisti, artisti, si arricchisce di un nuovo fronte.
Un progetto sul design in chiave libera. Come nasce: come è stata formulata l’idea e come si è evoluta prima di arrivare sul web? Da che considerazioni di base siete partiti?
Il progetto o.Design nasce dalla necessità di mettere in contatto vari soggetti che abbiano in comune l’interesse verso un metodo di progettazione collaborativo. Per un designer non affermato, è molto difficile mettersi in luce, essendo il campo del design appannaggio di pochi specialisti, restii a condividere il loro sapere.
L’idea di base è nata dall’osservazione di una tradizione radicata di auto-costruzione di manufatti, che oggi viene rivalutata da una certa parte del design e aggiornata alle tecniche attuali. L’osservazione dei modelli open source viene traslata al mondo del design attraverso la progettazione condivisa e i wiki. Questi principi di base sono stati già applicati a realtà variegate come il progetto Thinkcycle del MIT, in cui si progetta collettivamente attraverso forum, oggetti che successivamente vengono anche coperti da brevetto e prodotti industrialmente. Un altro esempio di questo tipo è Instructables al cui interno sono presenti tutorial realizzati dagli utenti, che successivamente sono sottoposti al giudizio degli altri.
Il testo completo dell’intervista è disponibile sui siti di Permesso d’Autore e di Creative Commons Italia.