Blog e giornalismo: il dibattito si accende

Standard
Spread the love

Blog e giornalismoBlog e giornalismo. Giornalismo e blog. Chi dice il vero? Chi è il più attendibile? E l’approfittatore, il mendace, l’illuso, il corrotto? Sembra che il dibattito non stai semplicemente accelerando. Di più. Se ne parla oggi sul Corriere della Sera, in un articolo di Beppe Severgnini, Benvenuti i blog nella rete ma la vera informazione è sempre stampata su carta. «Però diciamolo: non è che in rete compaia solo la verità. Spesso si leggono delle gran fregnacce» scrive il curatore della rubrica Sport Italians. Gli risponde Mario Lupi dal suo blog, facendo giustamente notare che «se ci mettiamo a verificare la percentuale di balle scritte dai giornalisti rispetto al totale, potrebbe non discostarsi da quella che troviamo online rispetto al totale dei contenuti digitali disponibili». Severgnini e altri sono stati recentemente etichettati da Beppe Grillo come «i fighetti del giornalismo, intellettualmente onesti, con la cravatta giusta e la rubrica».

E rimanendo sempre in tema, c’è anche un’altra iniziativa su cui qualche blogger ha qualcosa da dire. L’iniziativa è Kataweb News, progetto (limitatamente) partecipativo simil Digg e i blog sono Wittgenstein e Reporters. Il primo dà un giudizio piuttosto esplicito sul nuovo progetto targato L’Espresso e fa notare, dietro segnalazione di Massimo Mantellini, «l’uso indebito e illecito che Kataweb fa dei miei post, e di quelli di molti altri». Poco male, forse, se non fosse per quanto il blogger aggiunge: «Mi sono ricordato l’arroganza prepotente con cui i grandi come Kataweb arrivarono in ritardo sul web pretendendo di dettare le loro vecchie regole. Ho ripensato alla circospezione e al misurino con cui io incollo brani delle cose di Repubblica su Wittgenstein, chiedendomi sempre se qualcuno si seccherà anche di quei brani. E io sono il topolino, loro la montagna». Sul secondo blog, invece, si legge che «vedremo chi, fra i giornalisti e fra gli editori, cerca di andare avanti senza paraocchi. Chi riuscirà a essere moderno, insomma, dove modernità […] significa fare i giornalisti come un tempo con strumenti sempre più aggiornati e su mezzi di comunicazione in continua evoluzione».

4 thoughts on “Blog e giornalismo: il dibattito si accende

  1. Come aggiornamento, c’e’ da dire che, proprio a seguito delle numerose proteste dei blogger, Kataweb ha deciso di non (ab)usare i link di autori che non diano esplicito consenso, e comunicano la cosa a Wittgenstein, il quale alla richiesta di tale consenso, replica tra l’altro:

    Quanto alla misera questione dell’uso da parte vostra delle cose che scrivo, credo che ti dirò di no, alle tue condizioni. Ovvero: ti direi di sì se tu mi dicessi che mi concedi lo stesso diritto per quanto riguarda i contenuti prodotti dal tuo gruppo. Oppure se tu mi dicessi che – come fa Google News, come fanno altri aggregatori più corretti e fedeli allo spirito del web – ti limiterai a ospitare il titolo e poche righe del mio post, rimandando alla fonte originale per la lettura del testo completo. Certo, immagino che il passo che avete fatto sia più lungo della gamba di queste elementari e comprensibili regole, e prevedo la tua risposta. Se mi sbagliassi, contenti tutti: altrimenti elimina per favore le cose di Wittgenstein dal vostro sito.
    Buona fortuna, Luca Sofri

    (non so voi, ma simili operazioni e commenti alla severgnini, oggi nella cosiddetta era del web 2.0, fanno davvero rabbrividire)

  2. Scoop Giornalistico: la Professione, L’etica e la Morale
    di Giacomo Montana

    Ci sono professioni che fanno vibrare di entusiasmo, questo perché ti riportano a quel grande sentimento che un tempo stimolava ed entusiasmava l’azione dei Padri, ma oggi il giornalismo non si fa così. Viene tutto filtrato, manipolato, in parte censurato. Il resto non viene neppure presentato e così via dicendo. Oggi la passione, lo slancio e il sacrificio delle imprese, nella impostazione e nella scelta degli argomenti, non può più tendere all’omaggio verso i valori tradizionali della missione del giornalista e del relativo potenziamento del suo vero talento. Il vero naturale e brillante professionista della carta stampata è completamente scomparso. Oggi lo Scoop viene ricercato di tipo facile, quello che serva a qualcuno e che non dispiaccia a molti. L’importante è documentare un fatto e più grave è, meglio è. Se per esempio viene segnalato alla Stampa un pericolo ove vi è a rischio l’incolumità di qualcuno, questo non viene assolutamente preso in considerazione. Ma se quel rischio causa un morto, allora come mosche sullo sterco, sono tutti attenti e all’opera per stilare un articolo. La sindrome della NON PREVENZIONE oggi è arrivata a contagiare anche i giornalisti. Tuttavia ciò accade non per colpa loro, ma per un sempre più marcio sistema, che lentamente col tempo e su questo sentiero non risparmierà nessuno. A quanto pare non importa più se il significato essenziale di un articolo non volge verso una profonda intonazione sociale ed etica, che aiuta, piace e avvince. Non interessano i momenti interminabili, fondamentali e tremendi della vicenda umana, né tanto meno l’angoscioso dramma di una vittima innocente di un’ingiustizia, di uno strapotere, di un delitto. E’ un florilegio di paradossi e di errori. Il buon senso a questo punto viene disintegrato dalla filosofia degli affari, sia economici che politici. E’ un modo di pensare che viene instillato ai giornalisti da chi ha il potere economico o politico. Ogni volta che però viene represso il buon senso a qualcuno, si uccide una parte di quella persona, di quel padre di famiglia, di quel professionista. Voi mi direte: “che significa reprimere il buon senso?” Significa accecare la coscienza, stordirla, ammutolirla, sopprimendo il potere interiore, in due parole, schiavizzando l’individuo. L’essere umano viene ridotto a merce da utilizzare a proprio piacimento. Il professionista viene trattato come un animale, da cui si deve trarre utilità, potere e profitto, anche se il prezzo che deve pagare sul piano umano e psicologico è enorme. Senza entrare oltre nel merito di questa questione e contestualmente ai probabili relativi danni alla salute che nel tempo potrebbero verificarsi, ricordo solo la necessità di dovere sapere e di considerare l’uomo e i suoi disagi, come prodotto trasformato dalla organizzazione sociale nella quale viene inserito. Chiunque abbia compreso voglia comprendere con rigore ed empatia a che livello decadente di società siamo approdati, inoltrandosi nel campo delle relazioni di aiuto e di ripristino della vera umanità, sempre più calpestata e danneggiata dal profitto sfrenato e criminale. Sono dell’idea che persone divenute gravi vittime dell’arroganza del potere, debbano avere voce e che non è ammissibile sotto ogni profilo mantenere di nascosto sempre più danneggiata, emarginata e umiliata una vittima del crimine.
    Chi volesse vedere un esempio di che cosa si arriva mostruosamente a censurare per oltre un decennio dalla Stampa, legga e veda le prove documentali dei crimini impuniti nei sottostanti links.

    http://sisu.leonardo.it

    http://www.mobbing-sisu.com/cronaca_documentata_asl.php

    http://www.mobbing-sisu.com/cronaca_documentata.php

    Cordiali saluti. Giacomo

  3. GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT

    Finalmente liberi!

    di Antonello De Pierro

    Era ora! La legge che pone fine all’obbligatorietà del servizio di leva è finalmente una realtà. Termina così la girandola di amarezze e delusioni che la stragrande maggioranza dei nostri giovani, chiamati ad assolvere gli obblighi di leva, è stata da sempre costretta ad incassare, perdendone abbondantemente il conto. Il festival dell’ingiustizia, delle assegnazioni e dei trasferimenti incredibili, decisi al tavolo delle raccomandazioni e dei clientelismi, senza nessuna logica o pudore di sorta: soldati spediti da Palermo a Udine, braccia “rapite” dallo Stato a famiglie bisognose, e rampolli privilegiati, parcheggiati nell’ufficio dietro casa. Il Rubicone della vergogna, attraversato sfacciatamente dai burattinai degli uffici di leva e delle caserme, muovendo inesorabilmente i fili del destino di ragazzi impotenti, spesso sacrificati sull’altare di frustrazioni personali dei superiori, finalmente sta per prosciugarsi. La “pacchia” dei graduati, abilissimi nel sottomettere giovani inermi, facendosi scudo con le opinabilissime leggi militari, che schiacciano, marciandoci sopra con i cingoli, la loro dignità, inizia a intravedere il tramonto. Chi pulirà le caserme, i “cessi” putridi e puzzolenti, le stanze e gli uffici degli ufficiali e dei “marescialloni” spocchiosi? Chi spazzerà i cortili per ore, spettacolo preferito dalle pupille dei graduati, attenti affinché venisse raccolta anche la “cicca” più minuscola (ottimo esercizio per chi avesse voluto impiegarsi come operatore ecologico al termine del servizio di leva, ma perfettamente inutile per la formazione di un soldato)?Chi impartirà lezioni gratuite di latino, greco, matematica o fisica ai figli “somari” di colonnelli e generali, quando il ragazzo laureato preferirà affrettassi a trovare qualche spiraglio nel muro di gomma del mondo del lavoro, piuttosto che seppellire un anno della sua vita nello squallido grigiore di una caserma? Particolarmente difficile appare in questi giorni penetrare quel guscio di riservatezza, che protegge come un’armatura l’universo militare dal mondo dei civili. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha dribblato con sorprendente abilità la richiesta di un’intervista da parte del nostro giornale. Ma noi, che non amiamo assolutamente mettere il morso alla nostra inarrestabile voglia di verità, non possiamo sorvolare su gravi episodi legati alla moritura “naja”, nutrendoci al banco della nostra esperienza diretta, dove troviamo ricordi che ancora passeggiano vivi nella nostra memoria. Come possiamo non toglierci il sassolino dalla scarpa, foderandoci gli occhi con il prosciutto, di fronte alla verità che preme per scivolare tra le righe di un foglio provvisorio di giornale? Per ognuno un film lungo un anno e con all’incirca lo stesso copione, fatto di angherie, soprusi, arbitrarie privazioni della libertà personale. Un anno trascorso vivendo di nulla ai margini del nulla, con la rassegnazione pronta a spegnere immediatamente qualsivoglia ruggito di vitalità. Finalmente si volta pagina. Agli occhi di chi scrive la memoria mette a fuoco fotogrammi spaventosi. Ragazzi avviluppati dalla spirale del sistema militare, privati della volontà, della dignità stessa di esseri umani, ridotte a puro sussurro. Costretti a subire turpiloqui e ingiurie a più non posso, senza la possibilità di reagire; a mangiare con le mani e ad elemosinare un bicchiere d’acqua nella desolazione dell’Ospedale Militare di Firenze; a dormire con cinque coperte e cinque maglioni in gelide camerate senza riscaldamento (naturalmente nelle camere confortevoli degli ufficiali il caldo era insopportabile); a subire incredibili atti di “nonnismo”, a fare flessioni sulle braccia, portando il naso a due dita da una nauseante quantità di “merda”, troneggiante in bella mostra sul biancore di una “turca”. E molto altro congelato nei file mnemonici degli sventurati protagonisti. Spesso qualcuno più debole non ha retto e ha deciso di chiudere i conti con la vita prima del congedo. Con sorprendente rapidità, sugli scandali sanguinolenti, è sceso sempre puntualmente il velo del silenzio e dell’omertà.
    Tutto ciò sarà presto finito. Finalmente!

Comments are closed.