Communia: rete europea sul dominio pubblico nell’era digitale

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Contenuti online: avvocati che si battono contro le major

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In merito ancora alle dispute tra industrie discografiche ed utenti, può essere interessante il blog Recording Industry vs The People. Creato e mantenuto dagli avvocati Morlan Ty Rogers e Ray Beckerman dello studio Vandenberg & Feliu di New York, prende le mosse dalle attività dei due legali che, per conto di Electronic Frontier Foundation, rappresentano persone trascinate in cause legali dalla Recording Industry Association of America. Sul blog è a disposizione una buona documentazione raccolta per atti, modalità di funzionamento di questo genere di cause, una lista di avvocati statunitensi ed europei che difendono gli “accusati” e di procedimenti attualmente in corso negli USA.

Intanto, venendo alle questioni italiane, Massimo Mantellini scrive:

Pare che la polizia postale abbia ricevuto incarico di chiudere il blog “Mastella ti odio” un blog satirico sul Ministro della giustizia che per adesso e’ ancora online. Cosi’ che tutti vedano cosa si oscura in questo paese.

Doctorow: il nodo della soppressione dei contenuti online

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L'alternativa del copyleftIl plagio o la riproduzione non autorizzata di opere dell’intelletto saranno anche un problema. Ma fanno pur sempre parlare del lavoro di un autore, più o meno direttamente. La censura, invece, è ben peggiore perché a quel punto non riguarda più solo una fascia di popolazione dato non c’è più nessuno che parla. Esordisce così Cory Doctorow nell’articolo Online censorship hurts us all pubblicato dal Guardian. Nel testo mette a confronto i nodi legati alla violazione del diritto d’autore e quelli derivanti dalla soppresione parziale o totale del diritto d’espressione e dice:

Since 1995, every single legislative initiative on this subject in the UK’s parliament, the European parliament and the US Congress has focused on making it easier to suppress “illegitimate” material online. From libel to copyright infringement, from child porn to anti-terror laws, our legislators have approached the internet with a single-minded focus on seeing to it that bad material is expeditiously removed.

I dettagli sono quelli già noti da tempo: la promulgazione dell’americano DMCA o dell’europea EUCD o ancora gli attacchi di Viacom e della RIAA alla veicolazione di contenuti in rete (che, quando non sono equiparati al “furto”, sono comunque ostacolati malgrado spesso abbiano licenze che consentono la ridistribuzione). E conclude lo scrittore statunitense non senza una vena di sarcasmo:

It would be a great Sovietisation of the world’s digital printing presses, a contraction of a glorious anarchy of expression into a regimented world of expensive and narrow venues for art. It would be a death knell for the kind of focused, non-commercial material whose authors couldn’t fit the bill for a “managed” service’s legion of lawyers, who would be replaced by more of the same — the kind of lowest common denominator rubbish that fills the cable channels today. And the worst of it is, we’re marching toward this “solution” in the name of protecting artists. Gee, thanks.

In chiusura, altro argomento: una nuova segnalazione per il progetto a sostegno di Gramos. Morgan ha infatti pubblicato una prima lista delle donazioni. Lista che verrà man mano aggiornata con nuovi contribuiti.

iQuindici: cinque anni di letture e le difficoltà degli esordienti

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iQuindiciiQuindici, popolo della “repubblica democratica dei lettori” nata in seno alla Wu Ming Foundation, compie cinque anni e nel dodicesimo numero del periodico telematico Inciquid, si apre ricordando che:

Abbiamo dato un minimo di due pareri di lettura a circa 700 manoscritti, che non sono pochi, ma ce ne restano ancora circa 400, molti dei quali in attesa da un paio d’anni. Se da un lato siamo felici di avere ottenuto una così larga fiducia dai nostri lettori/scrittori, siamo però ovviamente dispiaciuti che sia stato impossibile leggere tutto in tempi più rapidi… Purtroppo (e per fortuna), intorno a maggio-giugno 2004, abbiamo avuto un’impennata di invii dovuta a una serie di articoli usciti su stampa e web “di peso” (Venerdì di Repubblica, Panorama, Repubblica online etc.) che ci hanno dato un’improvvisa notorietà. A questo si è aggiunta la lenta ma continua conoscenza di noi che i lettori/scrittori hanno avuto dai romanzi che abbiamo portato a pubblicazione. È tutto molto bello, ovviamente, anche se lo sarà ancora di più quando avremo smaltito l’arretrato e potremo quindi tornare ai nostri tempi di risposta iniziali, che erano di uno-due mesi. Il nostro obbiettivo è raggiungere il pareggio di letture entro 12 mesi. Ce la stiamo mettendo tutta! È diventato sempre più difficile poi portare a pubblicazione i romanzi promossi su INCIQUID. Dopo un periodo in cui l’editoria pareva essere più ricettiva a nuove proposte, sembra ora che il mercato sia decisamente più cauto, quasi fermo, e persino romanzi che noi sappiamo essere veramente buoni non riescono a trovare carta. È un vero peccato, non solo per gli autori, o per noi, ma per l’editoria italiana, che in questo modo perde grandi occasioni, mentre i frequentatori di librerie si continuano a lamentare che le nuove proposte letterarie che si trovano in giro non sono granché.

Quella volta che Paperino bruciò sul tempo l’inventore

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The 'Donald Duck as prior art' case
Ecco come un papero disegnato ruppe le uova nel paniere di Karl Krøyer, che inventò un sistema per recuperare imbarcazioni inabissatesi. La storia viene raccontata su Ius Mentis con l’articolo The “Donald Duck as prior art” case:

In 1949 the Donald Duck story The Sunken Yacht (by Carl Barks) shows Donald and the nephews raising a ship by filling it with ping pong balls shoved through a tube, as can be seen below in the images cited from that story.

Since ping pong balls are buoyant bodies, and they were fed to the yacht through a tube, the Donald Duck episode discloses the same technique as that which is claimed in the patents. Consequently, the Duck story has to be considered novelty-destroying prior art: given the story, any Patent Office would have rejected Krøyer’s patent application.

Una campagna pubblicitaria e le immagini usate in modo disinvolto

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Tre segnalazioni su un unico tema: una compagnia telefonica australiana realizza una campagna pubblicitaria, le immagini utilizzate (senza che fosse stata avanzata alcuna richiesta) ritraggono una ragazzina e la foto era stata pubblicata su Flickr all’interno di una galleria realizzata da uno studente, Justin Wong, e rilasciata con licenza Creative Commons.

  • Martin Stabe, AP: Virgin [Mobile Australia] sued by Texas girl:

    Creative Commons Corp was also named in the suit over the Australian mobile firm’s use of a Flickr picture in an advertisement.

  • Brenton Cleeland, Virgin Mobile advertising campaign using Flickr photos:

    A little over a month ago I took a photo of a billboard I saw in Adelaide, Australia (which is part of a national advertising campaign). The reason I took the photo was because the image was credited to a Flickr user, and I thought I would take a photo so (s)he could see the photo in action. I was presuming all along that Virgin Mobile would have at least let the user know the photo was being used in this way.

  • The Australian, Virgin sued by Texas girl:

    People who post photos on Flickr are asked how they want to license their attribution. The youth counsellor chose a sharing licence from Creative Commons that allows others to reuse work such as photos without violating copyright laws, if they credit the photographer and say where the photo was taken. His Flickr page appears at the bottom of the ad.

Aggiornamento del 25 settembre: alcune considerazioni di Bernardo sul merito della questione.

Aggiornamento del 28 settembre: sul sito di CreativeCommons.org viene pubblicato Lawsuit Against Virgin Mobile and Creative Commons – FAQ

The War Comes Home: i racconti dei reduci sotto Creative Commons

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The War Comes HomePresentare il volto umano di un conflitto bellico. È lo scopo con cui nasce The War Comes Home per opera del giornalista Aaron Glantz (autore del libro How America Lost Iraq) e del network radiofonico KPFA. Storie di militari che hanno prestato servizio in l’Iraq, ma anche allargamento della discussione a tematiche come i veterani del Vietnam o la guerra di Afghanistan, collaborazioni con il Center for Media and Democracy, testimonianze in merito al recupero e alla riabilitazione dopo i conflitti. Il tutto sottendendo che:

More than 1.6 million Americans have served in the wars in Iraq and Afghanistan. As of August 1, 2007, 67,000 of them had been killed or wounded. In addition, more than 250,000 Iraq and Afghanistan war veterans had been treated at Veterans Administrations hospitals since their return home from combat.

Inoltre, si legge nel comunicato stampa Innovative Multimedia Project Brings the Iraq War Home:

“I was constantly being asked, tell me about freedom, about democracy, why am I being held here, I want answers,” recounts Abu Ghraib interrogator Casteel on Warcomeshome.org. “And the detainees were the ones wanting answers. But that was our job. We were supposed to be finding answers to our questions.”

Da sottolineare in chiusura che i file multimediali che contengono le testimonianze raccolte sono rilasciati con licenza Creative Commons.

Dalla rete: Creative Commons tra fantascienza e realtà

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E intanto si vanno definendo gli interventi per l’Hackmeeting durante il quale si parlerà anche di temi analoghi.

Bianciardi: un film a cui manca un pezzo

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Luciano BianciardiEttore, che ha iniziato ormai da un po’ a mettere mano alla produzione letteraria di suo padre, Luciano Bianciardi, ha scoperto dai giornali che alla Mostra del Cinema di Venezia viene presentato un film-documentario incentrato sulla vita dello scrittore. Così, attraverso il suo blog, ha scritto tre lettere indirizzate a Massimo Coppola, Alberto Piccinini, che hanno curato regia e sceneggiatura, e a sua sorella Luciana, parte attiva nel film, non tanto per rivendicare la sua figura di figlio primogenito, ma per dimostrare amarezza per quell’apporto che avrebbe potuto dare alla ricostruzione della vita di Bianciardi e che invece è venuto a mancare. Dice in merito Ettore:

Non che mi ritenga particolarmente importante o che pensi di avere eccezionali verità da raccontare, ma dovrà convenire con me che, nel narrare la vita “agra” di quel personaggio, avrebbe avuto una certa importanza – storica, mi intenda – ascoltare chi bambino fu per mano di sua madre a salutare il padre che partiva col treno per Milano quel giorno di Luglio del 1954, oppure sempre bambino andò a cercare il padre che non tornava a casa a Brera, nel ristorante delle sorelle Pirovini, alla redazione di Feltrinelli (era ancora in via Fatebenefratelli). Oppure ascoltare la stessa persona, ormai ventenne, che visse, non senza emozione e tormento, il ritorno del padre a Grosseto, negli ultimi due anni della sua povera vita.

A latere di tutto ciò, attraverso il lavoro di recupero e riproposizione a cui si accennava all’inizio (lavoro che ha portato alla pubblicazione a gennaio di Il fuorigioco mi sta antipatico, nelle scorse settimane alla collana dei Bianciardini e il prossimo ottobre all’uscita in libreria di un nuovo volume che raccoglie gli scritti di Bianciardi sul Risorgimento), Ettore da tempo aveva pubblicato i filmati sul padre contenuti nel film proposto a Venezia, che sono liberamente scaricabili dal suo sito.