Caso Toni-De Palo: appello per togliere il segreto di Stato

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Il sito che raccoglie informazioni di dettaglio sulla vicenda è questo. E il blog Reporter pubblica oggi l’appello alle istituzioni: via il segreto di stato su Toni e De Palo. I giornalisti scomparvero a Beirut nel 1980 (qui il testo originale):

L’ordine dei giornalisti delle Marche ha chiesto di togliere il segreto di stato sulla vicenda di Italo Toni e Graziella De Palo, i due giornalisti scomparsi in Libano il 3 settembre 1980, dei quali non si hanno più notizie da quasi 29 anni. La domanda è stata presentata ufficialmente al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato.

I due giornalisti si trovavano a Beirut da una decina di giorni per documentare le condizioni di vita dei profughi palestinesi e la situazione politico-militare della zona. Era il 2 settembre 1980 quando uscirono dal loro albergo per raggiungere con una jeep del Fronte democratico popolare per la liberazione della Palestina al Castello di Beaufort, lungo una delle linee di fuoco.Un’occasione da non lasciarsi sfuggire, anche se certo presenta qualche rischio, tanto che il giorno prima ritennero opportuno comunicare la loro intenzione all’ambasciata italiana. Non fecero più ritorno: da quel momento si persero le loro tracce.

Lui è un professionista di lunga esperienza, profondo conoscitore dei problemi del Medio Oriente e redattore dei Diari, una catena di giornali regionali che l’editore Parretti in quegli anni sta lanciando in Italia; lei una giovane e coraggiosa collaboratrice di Paese Sera e de L’Astrolabio, la testata fondata e diretta da Ferruccio Parri, dalle cui colonne denuncia e documenta i traffici internazionali d’armi che avvengono in violazione degli embargo sanciti dall’ONU contro nazioni dell’area afroasiatica dalle politiche interne repressive o coinvolte in guerriglie o in vere e proprie guerre di aggressione.

Italo e Graziella non fanno più ritorno a casa. Le loro tracce scompaiono dal momento in cui lasciano quell’albergo. Comincia così una storia intricata, colma di misteri e di smentite, che vede coinvolta la nostra diplomazia e i nostri servizi segreti, all’epoca nelle mani del gen. Giuseppe Santovito e manovrati in Medio Oriente dalla misteriosa figura del col. Stefano Giovannone.

Per vederne di più, qui la puntata di La storia siamo noi dedicata alla vicenda.

Decreto sicurezza e la legge di Erode

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Alessandro Gilioli sottolinea giustamente che se passa la legge di erode all’interno del ddl sicurezza, accadrà questo:

Dopo le ronde e l’ambiguo obbligo-invito ai medici perché denuncino i malati clandestini, nei giorni scorsi è saltato fuori il comma Erode, le cui conseguenze sono spiegate in questo articolo di Sabrina Marinelli. Si tratta dell’articolo 45, comma uno, lettera F: introduzione dell’obbligo per gli stranieri di presentare il permesso di soggiorno per accedere a provvedimenti di stato civile. Cito da Sabrina:

Cosa comporterà nella pratica? Semplicemente che gli stranieri irregolari non potranno più registrare all’anagrafe la nascita di un figlio, con tutto ciò che ne consegue. Ogni bimbo sarà privo di identità, apolide e senza nome, cioè non esisterà. Sarà per sempre esposto ad ogni genere di difficoltà ogni volta che si troverà ad avere a che fare con la burocrazia, non potrà accedere all’istruzione né all’assistenza sanitaria e, ovviamente, essendo invisibile, non esistendo, sarà più facilmente esposto ad ogni genere di abusi e pericoli. Ma gli orrori non finiscono qui. I bambini, non potendo essere riconosciuti da mamma e papà, potrebbero risultare in stato di abbandono, anche non essendolo realmente, con il serio rischio che l’ospedale non possa consegnarli ai genitori. Alla madre non resterebbe che scegliere tra due rischi: partorire in ospedale, ma vedersi togliere il bimbo, o ricorrere al parto clandestino.

Il programma di Gelli: più o meno sono tutti uomini di un presidente

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A proposito dell’ultimo libro, Luigi Milani, dopo quello di Pentiti di niente, ha realizzato il booktrailer di Il programma di Licio Gelli (qui la scheda del volume). Grazie, Luigi!

Nelle esperienze a capo dell’esecutivo, l’ex costruttore milanese si porta dietro conoscenze che risalgono a molto tempo prima. L’attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, per esempio, ex direttore del quotidiano “Il Tempo” negli anni in cui era di proprietà di Renato Angiolillo, in rapporti – attraverso il salotto della moglie Maria – con Bruno Tassan Din, amministratore delegato della Rizzoli ai tempi della P2. In particolare, a mettere in relazione la signora Angiolillo e l’uomo della loggia di Gelli c’è una casuale intercettazione telefonica fatta da un radioamatore emiliano che poi vende la registrazione a un giornale. Ma questa si inabissa nei fascicoli scoperti dalla guardia di finanza durante l’ispezione del marzo 1981 degli uffici di Gelli, a Castiglion Fibocchi: Tassan Din le parla in quell’occasione dei guai finanziari di Calvi e le raccomanda di metterlo in contatto con ambienti politici e giudiziari che lo possano aiutare. Sempre durante la direzione Letta del quotidiano romano, un giornalista, Franco Salomone, fa a Licio Gelli un’intervista che esce nell’aprile 1981: Gelli, in quell’articolo, nega in termini drastici il coinvolgimento dei ministri Adolfo Sarti, Franco Foschi ed Enrico Manca e dei capi dei servizi Giulio Grassini, Giuseppe Santovito e Walter Pelosi e manda a dire a un intimidito Arnaldo Forlani, allora capo del governo, di non rivelare i nomi contenuti nella lista appena ritrovata.

Poi c’è Publio Fiori (tessera numero 1878, fascicolo 0646) che è stato vicepresidente della Camera dei deputati, sottosegretario al ministero delle poste e telecomunicazioni (1992, governo Amato), sottosegretario alla sanità (1993, governo Ciampi) e ministro dei trasporti e della navigazione (1994, primo governo Berlusconi). Democristiano ai tempi della Prima Repubblica e poi confluito in Alleanza Nazionale – contribuendone alla fondazione – dopo lo scivolamento della corrente Dc di Mino Martinazzoli verso le posizioni riformiste del Partito Democratico della Sinistra post-comunista, rompe con Gianfranco Fini nel 2005 a causa di questioni ritenute troppo laiche, come quelle relative alla fecondazione assistita. Così, al motto di “il vero centro siamo noi”, prima collabora alla creazione della Democrazia Cristiana per le Autonomie con Gianfranco Rotondi, ministro per l’attuazione del programma nel quarto governo Berlusconi e artefice di un ennesimo motto (“colpire un PM per educarne altri cento” nella campagna anti-magistratura), e poi si alterna in alleanze varie (Udeur di Clemente Mastella, Nuova Democrazia Cristiana e Federazione Democristiana) senza che la saga partitica appaia, al momento in cui si scrive, ancora finita.
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Gubitosa: l’omicidio impunito di Anna Politkovskaja

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L'omicidio impunito di Anna PolitkovskajaCarlo Gubitosa è un intellettuale caratterizzato da una vivacità che lo fa spaziare in ambiti tra loro molto eterogenei per argomenti e campi d’applicazione. Wikipedia, per esempio, scrive di lui che “assieme a Riccardo Orioles, Lorenzo Guadagnucci e Andrea Semplici, […] fa parte di quel gruppo di giornalisti e scrittori italiani del nuovo millennio che si caratterizzano per la passione, l’impegno civile e la serietà del loro lavoro, pur restando intenzionalmente lontani dalla ribalta mediatica e televisiva”. A testimonianza poi delle diverse tematiche che segue, basti pensare a lavori suoi come Telematica per la Pace (con Alessandro Marescotti ed Enrico Marcandalli), Italian Crackdown, Genova, nome per nome. Le violenze, i responsabili, le ragioni. Inchiesta sui giorni e i fatti del G8 o i due splendidi Elogio della pirateria e Hacker, scienziati e pionieri. Ma avvicinandoci all’argomento legato a questo post, si pensi anche a Viaggio in Cecenia. La «guerra sporca» della Russia e la tragedia di un popolo. In proposito, Carlo è tornato a scrivere con l’articolo L’omicidio impunito di Anna Politkovskaja, pubblicato dalla rivista Mosaico di Pace e poi ripreso da Informazione pulita. Articolo che merita di essere letto e che riporto nelle righe che seguono.

“Anna è stata uccisa a causa del suo lavoro. Non vedo altre motivazioni possibili per questo efferato delitto”. Così diceva Vitaly Yaroshevsky, vice-direttore della “Novaya Gazeta”, subito dopo l’omicidio a sangue freddo di Anna Politkovskaja con cinque colpi di pistola alla testa e al petto. Uccisa nell’ascensore di casa sua il 7 ottobre 2006 a Mosca, Anna è la giornalista che nei suoi libri e sulle pagine della “Novaya” ha descritto meglio di chiunque altro la violenza della guerra in Cecenia e il rapporto di questa violenza con gli interessi di Vladimir Putin e del suo regime di oligarchi.

Di fronte ai mille interrogativi di questa esecuzione, la giustizia russa non è riuscita a fornire risposte, e il 19 febbraio scorso l’attività di due anni e quattro mesi di indagini, quattro mesi di processo e tre ore di camera di consiglio si è conclusa con un nulla di fatto. I 12 giurati della corte militare di Mosca, presieduta dal giudice Yevgeny Zubov, hanno assolto per insufficienza di prove con verdetto unanime i quattro imputati del processo.
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Il delitto Murri e il tramonto di un secolo

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Fatti di gente perbeneA questa vicenda il regista Mauro Bolognini dedicò un film uscito nel 1974 e lo intitolò “Fatti di gente perbene”. Perbene come la vittima, Francesco Bonmartini, un conte di origine padovana trapiantato per un po’ a Bologna, e come coloro che vennero condannati per il suo omicidio, in primis Tullio Murri e sua sorella Linda. Di autentica integrità era poi il padre dei due imputati, Augusto Murri, il “sommo dei clinici medici” che approdò nel capoluogo emiliano per insegnare nel suo ateneo e diventarne rettore tra il 1888 e il 1889.

Ma – elemento non secondario nella storia raccontata – quest’ultimo fu anche un innovatore nell’insegnamento e nell’educazione, ispirati entrambi a principi tardo positivisti, socialisti e laici. Per questo il “caso Murri” esplose sui giornali ben più che nelle aule di giustizia, anticipando di decenni campagne mediatiche che nel clamore troveranno i primi omologhi nelle traversie giudiziarie delle assassine Leonarda Cianciulli e Rina Fort (anni quaranta) o nella scandalosa morte di Wilma Montesi (1953). E fu un caso, quello dei Murri, che, al di là dello stabilire fatti e responsabilità in un assassinio, mise sotto accusa la libertà intellettuale di uno scienziato e il rifiuto di adeguarsi, tanto nella vita pubblica quanto in quella privata, al tradizionalismo della morente società ottocentesca.

Ma andiamo con ordine. Almeno dal punto di vista giudiziario, questa vicenda inizia il 2 settembre 1902 quando la polizia sfonda l’ingresso di un appartamento di Bologna, in via Mazzini. Già all’ingresso si ha conferma di quanto temevano la portinaia e l’amministratore del palazzo, insospettiti da un crescente miasma: il conte Francesco Bonmartini giace a terra, ucciso da numerose pugnalate, e lì si trova da giorni, a giudicare dallo stato del corpo. Dallo stato dell’appartamento invece si traggono le prime ipotesi: un letto sfatto, capelli lunghi sui cuscini, una bottiglia di vino e due bicchieri, un paio di mutandine femminili fanno pensare a un incontro extraconiugale. Inoltre un biglietto scritto da una donna fissa la data di un appuntamento per il 27 agosto precedente. Un giovedì, aggiunge la mano dell’autrice di quel breve scritto. Sempre le condizioni dell’alloggio sembrano raccontare anche altro: un cassettone forzato, i gioielli spariti, il denaro volatilizzato lasciano intuire una rapina.
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Will Eisner: esce “Contratto con Dio – La Trilogia”

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Contratto con Dio - La TrilogiaAndrea Plazzi, mente grigia dietro lo sbarco in Italia delle opere di Will Eisner, scrive che:

Esce oggi nelle librerie “Contratto con Dio – La Trilogia” (Fandango Libri, 512 pagine; 28,00 Euro). Si tratta della prima di una serie di voluminose raccolte che a partire dal 2006 negli USA hanno accorpato buona parte dei romanzi a fumetti di Will Eisner. Il criterio è tematico e in questo caso il filo conduttore è Dropsie Avenue. Questa strada fittizia del South Bronx è ormai quasi mitologica, simbolo di una New York multietnica che è parte integrante della poetica di Eisner a partire dalle storie di questo volume: Contratto con Dio, La forza della vita e Dropsie Avenue. In una difficile e improbabile classifica dei lavori di Eisner, sono forse le più importanti: autentici classici che rendono giustizia fino in fondo al termine “romanzo a fumetti”. La raccolta è un progetto dello stesso Eisner, che l’aveva approvata personalmente lavorandoci fino a pochi giorni prima della scomparsa disegnando appositamente diverse nuove pagine.

Sempre in tema di fumetti, si dia un’occhiata anche a questo articolo pubblicato su Underwire (network di Wired): Watchmen‘s Clockwork Origins Span Comics, Quantum Physics.

Il programma di Licio Gelli: la storia che insegnano loro

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Il programma di Licio GelliDopo la pubblicazione della prefazione di Oscar Marchisio al libro Il programma di Licio Gelli – Una profezia avverata (da oggi in download la versione elettronica del volume), di qui alle prossime settimane verranno pubblicati i capitoli di questo breve libro sul mondo a cavallo tra il prima e il dopo P2.

Questo libro è stato concepito in tempi non sospetti: era nell’estate 2008, si tentava di rompere l’afa estiva con una cedrata e si parlava a tono sostenuto per superare il frastuono dei martelli pneumatici che bucavano l’asfalto e realizzavano i grandi progetti della viabilità cittadina. Oscar Marchisio, l’editore, lo dice e lo ripete che la loggia massonica Propaganda 2 un segno l’ha lasciato. Ed entrambi conveniamo che sarebbe interessante andare a rileggere alcuni fatti degli ultimi trent’anni per capire se effettivamente il piano di rinascita democratica, quello sequestrato a Maria Grazia Gelli nel luglio del 1982, qua e là si sia avverato, malgrado la fine dell’esperienza gelliana. Ma che sarebbe deleterio trasformare Licio Gelli nel Nostradamus dei tempi nostri. La mia insegnante di filosofia delle scuole superiori, a proposito del celebre indovino del XVI secolo, era perentoria: chi formula profezie distribuendole nei secoli a venire è un baciato dalla dea dei numeri e dalla statistica. Dunque, distribuendo le proprie previsioni su un arco di tempo molto vasto, c’è caso che prima o poi qualcosa si avveri. Così come, se si fanno vaticini su un range molto ampio di argomenti, si finirà per trovare qualche coincidenza curiosa.

Ecco, Licio Gelli, al contrario di Nostradamus, non ha scorrazzato nel futuro per centinaia di anni, ma ha esteso i punti del suo piano (ma anche del suo schema r, dove “r” stava per risanamento) su molti fronti: il bipolarismo partitico, il controllo del mezzi di informazione, la riforma della giustizia, la ristrutturazione degli organi politico-amministrativi, il predominio del governo sul parlamento. Tutti argomenti che, vai a ben vedere, non risulteranno nuovi a un lettore neanche troppo assiduo dei giornali perché in questi anni se n’è tornato a parlare spesso.

E ultimamente se n’è tornato a parlare più spesso. Si diceva all’inizio che l’idea di scrivere queste pagine è precedente alla baraonda dell’autunno 2008. Quando il lavoro di documentazione era già a uno stadio avanzato ed era partita la fase della scrittura, ecco che erompe prima sul web e poi sulla stampa cartacea e televisiva una notizia: il ritorno al piccolo schermo di Licio Gelli. Pistoiese, classe 1919, un passato da militante nella guerra di Spagna del 1936 e nella Repubblica sociale italiana post armistizio del 1943, divenne collaborazionista degli occupanti nazisti, doppiogiochista sul fronte della resistenza partigiana e poi sostanzialmente sfuggì alle proprie responsabilità per il suo ruolo ambivalente negli anni di guerra.
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I beni comuni e l’atto della condivisione spiegati in un video

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Un’animazione che dura poco meno di quattro minuti per raccontare cosa sono i “commons”, strumenti attraverso cui tendere alla giustizia e all’equità sociale. Il video è realizzato da un team composto da Laura Hanna, Gavin Browning, Dana Schechter e Molly Schwartz, si ispira a Viral Spiral, il libro di David Bollier di cui si è parlato un po’ di tempo fa (ma a mio avviso rispecchia bene anche i contenuti di Causa Comune di Philippe Aigrain) ed è rilasciato con licenza Creative Commons Attribution 3.0. Questa la sua presentazione:

In un mondo giusto, appartiene a tutti il concetto di prosperità – derivante dal lavoro umano, dalle risorse o dal patrimonio naturale del pianeta – e di conoscenza tramandata di generazione in generazione. Ma nel nostro mondo, che è decisamente ingiusto e imperfetto, la ricchezza collettiva è detenuta sempre più nelle mani di pochi. Esiste però una via migliore – la nozione di bene comune, che comprende terre, risorse e conoscenze – che conferisce senso alla condivisione di ricchezze naturale, culturale e intellettuale.

(Via Creative Commons weblog)