Le auto italiane a Kragujevac: l’altra faccia della medaglia

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Domani di Maurizio ChiericiKragujevac è una città serba che supera i 200 mila abitanti e qui, prima del conflitto, almeno 75 mila persone lavoravano direttamente (36 mila circa) o indirettamente per la Zastava, fabbrica d’auto (e di armi) fondata a metà del XIX secolo e detenuta dallo Stato jugoslavo, quando ancora esisteva. I bombardamenti del 1999 avevano raso al suolo quasi completamente gli impianti industriali e oggi, dopo le acquisizioni del 2005 e i perfezionamenti contrattuali del 2008, è qui che la Fiat vorrebbe trasferire la produzione di Mirafiori per colpire sindacati tricolori e annientare le rivendicazioni dei lavoratori.

Sui giornali di questi giorni, però, mai si è parlato della cittadina che dovrebbe accogliere le catene di montaggio per i monovolume dell’azienda italiana. I balletti della politica, le reazioni delle maestranze, le richieste di chiarimenti da parte dei confindustriali hanno del tutto trascurato una realtà che, dal cuore dei Balcani, racconta ancora una lunga storia di guerra, politica ed economia espansionistica verso Est.

Settantacinquemila persone, si diceva. A metà di questo decennio il tessuto economico e sociale di Kragujevac non era ancora stato in grado di reagire alla devastazione dalla guerra. E già arrivare fisicamente qui per guardarsi intorno e rendersi conto della situazione non era un viaggio semplice. A neanche 150 chilometri da Belgrado, occorreva percorrere strade di campagna non proprio agevoli e mettersi al volante significava rimanerci per almeno due ore e mezzo. Ma quando si giungeva, la prima impressione era molto diversa dalla realtà che traspariva a una seconda occhiata. I boschi e le colline che contornano la città ne davano un’immagine che poco si confaceva a quella di una capitale dell’industria titina. Eppure la presenza degli impianti produttivi era – e lo è stata a lungo – una specie di nenia funebre che accompagna la periferia.
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Serbia: le attività di sminamento e l’interessato intervento italiano

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La situazione delle zone minate al confine tra Serbia e Croazia mi era capitato di vederla, con colonne di auto che progressivamente si formavano all’approssimarsi della frontiera perché occorreva rimuoverne alcune troppe vicine alla sede stradale. In argomento, Peacereporter racconta questa storia: Italia-Serbia, via le mine ma la ruggine resta. E il sottotitolo all’articolo aggiunge che sarebbero in arrivo «aiuti per lo sminamento, sponsor per l’Europa e accordo Fiat Zastava. Ma per alcuni non basta per cancellare i ricordi dei bombardamenti». E infatti, in merito al disinteressato gesto tricolore, si legge:

La parternship serba rappresenta un’occasione da non perdere, soprattutto per l’Italia. L’avvio della produzione di automobili in Serbia “è un tassello fondamentale per lo sviluppo collettivo del gruppo Fiat e il più significativo in termini di potenziale: abbiamo aspettato un bel po’ di tempo per trovare un paese che ci avrebbe ospitato”, ha ammesso il manager italiano. Si tratta di investimenti di “circa 940 milioni di euro”. Per l’Italia, “un’irripetibile opportunità, con particolare riferimento al settore industriale e commerciale ed alla presenza italiana in settori strategici (telecomunicazioni, infrastrutture, banche)”. Di più, raccogliendo investimenti, la Serbia offre all’Italia un’area franca, con tasse al minimo o nulle (si va dal 10 percento a scendere a seconda degli investimenti fino allo zero per gli utili reinvestiti), terreni gratis per le aziende, ma soprattutto la possibilità di esportare dalla Serbia senza alcun dazio doganale su un mercato da 800 milioni di clienti, Ue compresa. Da 4 a 5 mila euro per chi investe in zone svantaggiate da Kraguievac a Nis fino al Sud, tassazione al minimo, costo del lavoro molto basso e alta specializzazione dei lavoratori. Una grande occasione per l’Italia, che ora prova a ricambiare il favore donando a Belgrado materiale e apparecchiature militari destinate all’individuazione, alla rimozione e alla distruzione delle mine, eredità dei bombardamenti Nato, per un valore complessivo di 600 mila euro.

Dalla Serbia un horror tra fantasia e realtà dei disastri ecologici

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Zone of the DeadRispetto a quanto scritto spesso e con l’eccezione del film La Polveriera di Goran Paskaljevic, una notizia giunge via Horror – Riflessi di paura a proposito della produzione di Zone of the Dead (“Zona mrtvih” il titolo originale), pellicola in sapore di creature che tornano realizzata da due registi balcanici, Milan Konjevic e Milan Todorovic. Nelle sale ci sarà a partire dal prossimo 22 febbraio e da qualche giorno su Youtube in forma di trailer, questa la presentazione del film:

Nella cittadina industriale di Pancevo, dopo un incidente alla stazione ferroviaria, una pericolosissima tossina biochimica si disperde nell’aria nel mezzo della notte, avvelenando gli abitanti del posto e ricoprendo presto l’intera città. Nel frattempo gli agenti dell’Interpol Mortimer Reyes e Mina Milius stanno supervisionando il trasporto armato di un pericoloso criminale insieme a Dragan Vukovic, un esperto detective diretto a Belgrado per ricoprire un innocuo incarico d’ufficio. Il loro convoglio si ritrova a passare per Pancevo, dove incontrerà un disastro ecologico di enormi dimensioni e decine di migliaia di abitanti infetti ormai tramutati in zombie affamati di carne umana. Sopraffatti dal numero dei loro aggressori e disperatamente alla ricerca di un modo per fuggire ancora vivi dalla città, a Mortimer Mina e Dragan non resterà che allearsi col criminale che stanno scortando, l’unico che sembra poterli aiutare.

Sarà interessante mettere a confronto la città a pochi chilometri da Belgrado ritratta in questo film con quella raccontata per esempio da Aleksandar Zograf, giornalista e fumettista serbo che Pancevo e la Serbia l’ha narrata spesso nei suoi libri, dalle colonne di Vreme o sulle strisce tradotte e pubblicate da Osservatorio Balcani. Una città, Pancevo, che il disastro ecologico – e non per finta – lo conosce bene così come diverse altre località della ex Jugoslavia (si veda per esempio il caso della Zastava a Kragujevac). Tornando al film, sono stati pubblicati tre video con il backstage: qui 1, 2 e 3.