Delitto senza castigo: Savoia, lo sparo in Corsica e le ammissioni in carcere a Potenza

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Per l’omicidio di Dirk Hamer, Vittorio Emanuele di Savoia se l’era cavata. Ma i fatti non starebbero esattamente come ricostruito nel tribunale francese. Emerge da un’intercettazione di cui si parlò già nel 2006 e che ora è anche un video disponibile in rete. La vicenda viene ricostruita più diffusamente nel libro Delitto senza castigo (Aliberti, 2011. Qui la pagina Facebook sul volume) scritto da Birgit Hamer, sorella della vittima.

Processo Massera: muore il reo e non si procede ma “obiettivi e univoci [gli] elementi” dell’accusa

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Ancora da Peacereporter e ancora sull’Argentina, arriva questa notizia a proposito del processo Massera: sentenza di non luogo a procedersi per morte dell’imputato:

Con la sentenza dell’1 febbraio 2010 si chiude in Italia il processo contro l’Ammiraglio Emilio Eduardo Massera, l’ideatore del “Processo di Riorganizzazione Nazionale” instaurato subito dopo il colpo di stato del 24 marzo 1976.

Nella sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’articolo 129 del Codice di procedura penale per sopravvenuta morte dell’imputato, la Corte d’assise spiega i motivi per cui non è possibile giungere a una sentenza assolutoria nel merito nei confronti dell’imputato. Dall’esame “della copiosa documentazione” prodotta dall’accusa e dalle parti civili, nonché dalle numerose testimonianze, “sono emersi molteplici, obiettivi e univoci elementi di riscontro dell’ipotesi accusatoria”, da cui si desume che Massera non solo fu l’ideatore del piano di eliminazione dei nemici politici, ma anche uno dei più spietati esecutori di quel piano.

Nel centro di detenzione clandestina istituito presso la Escuela Superior de Mecanica de la Armada (Esma) sono stati condotti anche diversi cittadini italiani tra cui Angela Aieta, Giovanni e Susanna Pegoraro che dopo essere stati torturati sono stati brutalmente uccisi e le loro spoglie mai ritrovate.

Il testo della sentenza si scarica da qui (pdf, 386KB). Massera, oltre dunque che responsabile di quanto addebitatogli e scampato alle conseguenze perché deceduto l’8 novembre 2010 (si dia un’occhiata a quanto hanno detto alcuni testimoni), era anche uno dei nomi inseriti all’interno della lista della P2 (si veda qui per qualche notizia in proposito).

Pentiti di niente: un mosaico che si va componendo

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Carlo SaronioNel corso del dibattimento, emergono con maggiore chiarezza diversi dettagli. Innanzitutto che Alice Carobbio non solo avrebbe avuto la lista dei rivenditori milanesi di divise militari, ma che sarebbe stata lei ad adattare le due indossate la notte del sequestro. Lei però si difende: non sa cucire nemmeno un bottone e poi le divise non le aveva neanche mai viste, stavano in una valigia che le era stata consegnata da Fioroni. Chiusa. Compito suo era di custodirla e di restituirla quando le fosse stata richiesta indietro.

Gli elementi più drammatici emergono dagli esami effettuati sulle spoglie che Casirati fa ritrovare con le dichiarazioni che rende il 24 novembre 1978. Che Carlo Saronio, mai ricomparso dopo il pagamento del riscatto, fosse morto era considerato abbastanza certo. Ora si avrà la conferma di ciò che è accaduto. Innanzitutto si accerta attraverso verifiche odontoiatriche che quei resti appartengono proprio all’ingegnere milanese e sul cranio non viene trovato alcun segno di trauma né alcun foro di proiettile. Il che non esclude per forza che il giovane sia stato ucciso da un colpo d’arma da fuoco: il proiettile avrebbe potuto essere trattenuto dalle masse muscolari senza intaccare le strutture ossee e poi andare perduto a causa del disfacimento post mortem quando il cadavere viene spostato da Casirati dopo l’arresto di Fioroni.

Ma è improbabile soprattutto a fronte di un dato: dall’analisi dei tessuti cerebrali emerge un quantitativo abbondante di toluolo, sostanza usata come solvente per resine, grassi, oli, vernici, colle o coloranti e anche per aumentare gli ottani della benzina. Inoltre i suoi vapori, altamente tossici, hanno un effetto narcotico molto specifico: bloccano la respirazione. Ed è proprio così che sarebbe morto Carlo Saronio: non stordito e ucciso accidentalmente dal cloroformio, come sostenuto in un primo tempo, ma soffocato a causa di una prolungata pressione del tampone forse imbevuto di uno smacchiatore esercitata con troppo vigore e per troppo tempo.
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Pentiti di niente: chi va a processo e chi no

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Carlo SaronioQuando la fase istruttoria dell’indagine viene chiusa e mentre si va verso le richieste di rinvio a giudizio, ci sono i primi personaggi che escono di scena perché non coinvolti nel sequestro e nell’omicidio di Carlo Saronio. Accade per esempio a Giuseppe Astore, l’uomo che presta al dirimpettaio Brunello Puccia il denaro per concludere un “affare” e che si vede tornare indietro la cifra nei tempi prestabiliti, non sospettando minimamente che quei movimenti economici avessero contribuito a ripulire il denaro del riscatto. E comunque nel suo caso si tratta di una cifra assolutamente marginale dato che una fetta consistente del maltolto, 180 milioni di lire, viene invece destinata a Domenico Papagni e Pietro Cosmai, ben più professionali in operazioni del genere.

Viene prosciolta con formula piena anche Brunilde Pertramer, all’inizio incriminata per associazione a delinquere perché si era creduto che l’elenco più volte citato fosse una lista di persone da rapire (tra cui Saronio) e invece i nomi riguardavano persone disposte a ospitare compagni senza chiedere, né pretendere, nulla. Viene presentata richiesta di proscioglimento (poi respinta e così vengono rinviati a giudizio) anche per Luigi Carnevali e Ugo Felice, imputati per sequestro e omicidio: le banconote in loro possesso derivavano sì dal sequestro del giovane ingegnere, ma forse non avrebbero saputo nulla dell’origine del denaro.

Che la prossima volta stiano più attenti e sospettino di chi mette loro in mano pezzi di grosso taglio, soprattutto se di solito è gente con scarse e dubbie fonti di sostentamento. Ufficialmente fuori dall’indagine è anche Vincenzino Ersilio, il convivente di Maria Cristina Cazzaniga, che ha sempre negato di conoscere tutti i movimenti della donna e di non aver avuto ragioni per credere che facesse parte di formazioni sovversive.
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Femminicidio messicano: un processo contro lo stato di Chihuahua

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A proposito ancora di femminicidio, scrive Peacereporter che in Messico si apre il primo processo per i ‘feminicidos’ davanti alla corte interamericana dei diritti umani. Purtroppo non ci sono alla sbarra gli autori materiali dei delitti per cui si va in aula, ma rimane comunque un risultato importante che sul banco degli imputati ci sia lo stato di Chihuahua, che non sarebbe risultato in grado di tutelare le sue cittadine. Nello specifico, tra le migliaia di vittime scomparse nel nulla o ritrovate senza vita, tre sono le donne per le quali si va cercando giustizia:

Claudia Gonzalez, Esmeralda Herrera e Laura Ramos, originarie di Campo Algodonero, sono state ritrovate nel novembre del 2001, insieme ad altri cinque corpi di donna che non è stato possibile identificare, di fronte al sindacato delle maquiladoras. Il tribunale dell’Organizzazione degli stati americani procederà da oggi contro lo stato messicano di Chihuahua per “responsabilità” nell’assassinio delle tre donne, “per l’impunità di cui hanno beneficiato i responsabili, e per la mancanza di verità e di giustizia”.

Chicago, 1924: il crimine del secolo e il suo processo mediatico

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For the Thrill of ItIl delitto di cui si macchiarono Nathan Leopold e Richard Loeb è passato alla storia come il crimine del secolo: nel 1924 i due giovani, appartenenti ad agiate famiglie di Chicago, rapirono e uccisero un quattordicenne, Bobby Franks, figlio di amici dei loro genitori, con lo scopo di farsi un po’ di bella vita con i soldi del riscatto. Di fatto vennero catturati a causa di un paio di occhiali abbandonati vicino al corpo del ragazzino e da lì si poté risalire prima alla loro identità e poi a ricostruire un articolato piano fatto di cambi d’identità, documenti falsi e spostamenti. A questo proposito The True Crime Blogroll segnala la recente uscita (risale al 5 agosto scorso) del libro For the Thrill of It: Leopold, Loeb, and the Murder That Shocked Chicago scritto da Simon Baatz, docente di storia presso il John Jay College of Criminal Justice, che ricostruisce il caso e racconta del processo che ne seguì e che forse fu uno dei primi a essere largamente seguito dall’opinione pubblica attraverso i mass media. Al volume il NYT dedica una lunga recensione, Murder Most Rational and Confounding, ed estratti del testo possono essere letti sul sito dell’editore, Harper Collins.