- John Pilge, The cyber guardians of honest journalism:
What has changed in the way we see the world? For as long as I can remember, the relationship of journalists with power has been hidden behind a bogus objectivity and notions of an “apathetic public” that justify a mantra of “giving the public what they want”. What has changed is the public’s perception and knowledge. No longer trusting what they read and see and hear, people in western democracies are questioning as never before, particularly via the internet. Why, they ask, is the great majority of news sourced to authority and its vested interests? Why are many journalists the agents of power, not people?
- Steve Boriss, Citizen Journalism is dead. Expert Journalism is the future:
The model that will work — that will make news better, not worse — is one that combines the talents of topic experts throughout the web with those who have a knack for aggregating and editing their material to satisfy an audience. While Citizen Journalism has had no successes, this model has.
Author: Antonella
Ilaria Alpi, il prezzo della verità: romanzo a fumetti
StandardNella collana Cronaca Storica della casa editrice Becco Giallo esce il libro Ilaria Alpi, il prezzo della verità, trasposizione a fumetti della vicenda che ha portato all’omicidio, nel marzo 1994, della giornalista di RaiTre e del suo operatore, Milan Hrovatin, assassinati a Mogadiscio nei giorni se ne stavano andando le truppe confluite in Somalia per l’operazione ONU Restore Hope. Sceneggiato da Marco Rizzo e disegnato da Francesco Ripoli, il romanzo – che inizia dalla fine per risalire agli elementi (il traffico di armi, i rifiuti tossici nocivi e i traffici illeciti) che presumibilmente hanno portato all’assassinio dei due giornalisti – è (parzialmente: ci sono solo un paio di tavole) scaricabile dal sito LoSpazioBianco.it che pubblica anche un’intervista ai due autori. Rizzo in proposito racconta:
Elementi chiave dell’inchiesta o personaggi dentro certi coni d’ombra non sono stati nemmeno presi in considerazione dalle indagini ufficiali. Non pretendo che il nostro fumetto racconti la verità assoluta, né che il nostro lavoro si sovrapponi a quello dei magistrati, ma di certo abbiamo sentito diverse campane e abbiamo fatto affidamento su materiali diversi, su fonti anche contrastanti, per giungere ad un resoconto verosimile.
Qui è disponibile il booktrailer del libro il cui editore per sette volte in precedenza ha affrontato alcuni dei fatti più bui della storia recente. Tra questi, la strage alla stazione di Bologna, il sequestro Moro, l’abbattimento del DC9 di Ustica, Marcinelle e Porto Marghera.
Aggiornamento del 29 novembre: a proposito di informazione e Somalia, questa mattina PeaceReporter ha pubblicato questa notizia breve, Vietato ai giornalisti di intervistare i ribelli:
Il sindaco di Mogadiscio ha vietato ai media somali di pubblicare interviste con dichiarazioni di oppositori del governo, o di raccontare delle operazioni militari e l’esodo dei rifugiati dalla città. Lo hanno riferito oggi i capi dei principali media somali. Le misure annunciate dal sindaco, ed ex signore della guerra, Mohamed Dheere, hanno messo ulteriore pressione sui giornalisti che durante l’ultimo anno hanno dovuto fronteggiare una serie di attentati, arresti e minaccie dalle parti in conflitto. I reporter locali corrono ogni giorno altissimi rischi per raccontare le violenze quotidiane, soprattutto a Mogadiscio. Sette giornalisti sono morti quest’anno e i colpevoli non sono stati ancora trovati.
Una voce dalla piazza delle donne
StandardUna Sorella d’Italia racconta il suo 24 novembre e torna a parlare delle polemiche con le esponenti politiche.
Forse non bisognava accettare l’adesione delle ministre. Non bisognava accettare l’adesione di tutta quella parte politica che aveva spalleggiato e legittimato il family day. E se è stato meraviglioso sentire dal camion dell’organizzazione che la piazza era nostra e non delle ministre non lo è altrettanto sapere che di tutto questo nelle fonti di informazione ufficiale non è passata neppure una riga (o quasi). E’ andata e fa rabbia sentirsi impotenti. Ieri ho letto i giornali. Hanno scritto di antipolitica e di incapacità di dialogo con le istituzioni. Eppure signora Pollastrini sabato noi parlavamo proprio. Non muovevamo soltanto la bocca. Il problema è che non ci ascoltava. Il problema è che non ascoltate mai e che fate esattamente quello che volete voi rispondendo ad esigenze che non somigliano neppure lontanamente a quelle espresse dalle donne. Noi facciamo politica. Voi ministre e onorevoli siete l’antipolitica perché la politica è quella bella cosa che accade anche (ma non solo perché fare rivendicazioni in piazza è già alta politica) quando ministre e onorevoli realizzano le istanze che vengono dai propri elettori e dalle proprie elettrici. Potete in tutta sincerità dire che questo avviene? Io direi proprio di no. Non solo. Non volete lasciarci neppure la piazza.
E inserisce il link ad alcune fotografie della manifestazione. Altre invece sono visibili qui.
Due racconti per bit e per immagini
StandardUna fiction può condizionare un processo?
StandardChi fosse Graziella Campagna, giustiziata dalla mafia ventidue anni fa, è storia poco nota. La sua vicenda avrebbe potuto essere più conosciuta, dato che era in già pronta una fiction che avrebbe dovuto raccontarla. Però la messa in onda è stata bloccata, come spiega Articolo 21. Perché?
Perché coincideva con l’udienza in Corte d’appello nel processo ai due mafiosi imputati dell’omicidio di Graziella Campagna […]. Paura della televisione, come se i giurati di un processo potessero essere influenzati da una ricostruzione televisiva su l’oggetto del loro giudizio: come se l’orrore di quell’omicidio potesse esser meglio rappresentato in Tv di quanto non si possa fare con dovizia di particolari in un’aula di corte d’Appello. Come se si volesse separare la giustizia dal mondo, dalla realtà.
Oggi, durante il dibattito Vedo, sento, parlo, si diceva che è un tribunale che si potrebbe far influenzare da immagini televisive – anche laddove si ricostruisse una storia non fedele alla realtà dei fatti (ma non si può sapere se sia così oppure il contrario) – non farebbe in ogni caso un lavoro corretto. Per sentire il resto degli interventi (su questo e su altri argomenti), la registrazione è disponibile qui.
Si veda anche il post di Peter Gomez Una farsa pericolosa.
La città che uccide le donne: inchiesta a Ciudad Juarez
StandardDomani ci sarà la manifestazione contro la violenza sulle donne e in argomento una segnalazione per un libro, dopo quella a Ginocidio di Daniela Danna (Eleuthera): il libro, questa volta, è La città che uccide le donne di Marc Fernandez e Jean-Christophe Rampal (Fandango Libri), autori di un’inchiesta sui fatti di Ciudad Juarez. Del volume se ne parla anche su Aprile Online:
Data la portata del fenomeno criminale, sono molte le ipotesi sull’identità degli assassini, nonché sulle coperture a livelli istituzionali. Si è parlato di narcotraffico, di riti satanisti, di commercio di organi, di ‘gite turistiche domenicali’ di cittadini statunitensi mandati a El Paso in regime di semilibertà. Ci sono stati degli arresti, in tutto 18, e 10 condanne. Ma non sono mancate le scarcerazioni, e non si è certi della colpevolezza degli arrestati, che non hanno avuto processi equi. La parola d’ordine è ‘impunità’ (secondo le Nazioni Unite il tasso di impunità in Messico è di quasi il 100%), seguita da ‘discriminazione’ e ‘indifferenza’. In Messico la violenza sulle donne è considerata un fatto normale, e i 400 omicidi di giovani ragazze hanno più o meno la rilevanza che in Italia potrebbe avere l’avvelenamento di 400 cani randagi.
“Vicini da morire”: il movente dell’identità
StandardVicini da morire, il libro che Pino Corrias ha scritto sul delitto di Erba, va molto oltre il fatto in sé. È uno spaccato della profonda provincia settentrionale, di quella benestante e chiusa, cattolica e caritatevole ma non solidale, bestiale senza essere descritta in termini gratuiti, protagonista di precedenti fatti di sangue dimenticati e sorvegliata da tutori dell’ordine un po’ maneschi ma bonari. È la provincia sbigottita davanti a una strage, una provincia che cerca testardamente il male al di fuori da sé perché non ammette il contrario, che non si accorge quando invece quel male attecchisce e cresce al suo interno e che, lusingata o indifferente, si concede sotto i fari delle discoteche perché il passo verso i riflettori del piccolo schermo, forse, è prossimo. Una provincia che rifiuta i diversi e ne condanna la strumentalizzazione del lutto, ma di fronte a un piccolo imprensario sfila sorridente. È implacabile, Corrias, almeno con un pezzo di quella provincia, che indaga, interroga, setaccia, percorre a piedi. E a un certo punto scrive:
Ho i taccuini pieni della storia di un enorme delitto e la sua coda di cometa: di appunti sulle reazioni alla malvagità degli uomini, sullo spavento che si propaga come un’onda del lago, sul bisogno di darci a vicenda almeno una spiegazione. La cattiveria degli uomini non è una rivelazione, è un peso. Per questo avevo bisogno dei cani di Velasco, che poi non sono cani per davvero, sono l’idea del cane erratico, la leggerezza che non morde, cani hegeliani.
Hegel diceva che gli animali uccidono per nutrirsi, gli uomini per riconoscersi. L’identità è sempre il movente, quando si carica d’odio. Unico, declinato in un numero illimitato di modi: il gruppo, la razza, la religione, l’ideologia. Si uccide per il (proprio) potere e per la (altrui) ricchezza. Si uccide per risarcire un tradimento subito. Per vendicarsi di un’umiliazione. Per un amore non corrisposto. Per disamore, conflitti sentimentali, e anche «rivendicazioni passionali», come la chiama lo psichiatra Vincenzo Mastronardi. Io sono, tu sei. Si uccide per vendetta. Si uccide per il rumore.
Politicamente Scorretto: la metà oscura di realtà e storia
Standard
Di Politicamente Scorretto (23-25 novembre, Casa della Conoscenza, Casalecchio di Reno), Carlo Lucarelli dice:
Di festival del giallo e del noir ce ne sono tanti, e alcuni sono anche molto belli e importanti. Politicamente Scorretto, però, è particolare, perché si occupa di un tema specifico, quello di quanto il giallo – o il noir, o come si voglia chiamare questo genere che parla di mistero, inquietudine e metà oscura delle cose – si rapporta alle tematiche sociali e politiche, ai cambiamenti e alle contraddizioni della società e della storia. E soprattutto di come lo faccia, di quanto riesca ad essere critico e investigativo, e quindi scorretto, o quanto invece sia allineato o semplicemente indifferente.
Qui il programma che contiene anche la presentazione del libro L’osso di Dio di Cristina Zagaria di cui si parlava poco tempo fa.
Uno bianca: i fili di una vicenda durata oltre sette anni
Standard
Aggiornamento del 28 novembre: l’articolo uscito ieri su Repubblica Bologna. Qui la prima parte e qui la seconda.
Da oggi è il libreria Uno bianca e trame nere. Cronaca di un periodo di terrore, pubblicato da Stampa Alternativa. D’accordo con il mio editore, è stato rilasciato con una licenza Creative Commons e dunque la sua versione elettronica è disponibile per il download qui (da qui invece si può scaricare la copertina e a breve verrà messo online anche su Libera Cultura, il sito che riunisce le pubblicazioni di Stampa Alternativa rilasciate sotto Creative Commons). Di seguito, invece, riporto la prefazione che Andrea Purgatori ha scritto in apertura libro:
Un Paese che s’accontenta della verità giudiziaria è un Paese che ha scelto di convivere con le ombre, i fantasmi, gli scheletri negli armadi. Che rifiuta di specchiarsi nella propria memoria e dunque si adatta a subire il costante ricatto di quelle forze oscure che, attraverso l’uso “istituzionalizzato” della violenza, ne hanno determinato le svolte più traumatiche.
La vicenda della Uno bianca – 103 azioni criminali, 24 vittime, 102 feriti – comincia nel 1987 e si conclude nel 1994 con l’arresto dei sei componenti della banda, cinque dei quali sono poliziotti in servizio. Processualmente, viene definita e archiviata come una storia di rapinatori assassini. Ma anche in questo caso la verità giudiziaria non è sufficiente a risolvere l’enigma di fondo che tuttora avvolge l’esistenza e le feroci imprese compiute dai tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi e dai loro complici.
Moby Prince: spariscono i documenti attesi dall’avvocato Palermo
StandardPino Scaccia segnala sul suo blog questo lancio dell’Ansa, Giallo Moby Prince: aggredito un consulente tecnico:
Un consulente tecnico che si occupa della tragedia del traghetto Moby Prince (140 morti il 9 aprile del 1991 dopo una collisione con la petroliera Agip Abruzzo) è stato aggredito e drogato nella notte tra venerdì e sabato a Marina di Pisa, in una zona isolata nei pressi della foce dell’Arno, da quattro persone. Gli aggressori hanno anche dato fuoco all’auto, dopo aver chiuso al suo interno il consulente. L’uomo, 39 anni, livornese, ex paracadutista, era atteso dall’avvocato Carlo Palermo in una stanza di un albergo di Pisa. A Boccadarno avrebbe dovuto incontrare un importante testimone relativo alla vicenda della Moby Prince, la cui inchiesta è stata riaperta alcune settimane fa proprio in seguito ad alcuni elementi portati dall’avvocato Palermo.

