“Vicini da morire”: il movente dell’identità

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Vicini da morireVicini da morire, il libro che Pino Corrias ha scritto sul delitto di Erba, va molto oltre il fatto in sé. È uno spaccato della profonda provincia settentrionale, di quella benestante e chiusa, cattolica e caritatevole ma non solidale, bestiale senza essere descritta in termini gratuiti, protagonista di precedenti fatti di sangue dimenticati e sorvegliata da tutori dell’ordine un po’ maneschi ma bonari. È la provincia sbigottita davanti a una strage, una provincia che cerca testardamente il male al di fuori da sé perché non ammette il contrario, che non si accorge quando invece quel male attecchisce e cresce al suo interno e che, lusingata o indifferente, si concede sotto i fari delle discoteche perché il passo verso i riflettori del piccolo schermo, forse, è prossimo. Una provincia che rifiuta i diversi e ne condanna la strumentalizzazione del lutto, ma di fronte a un piccolo imprensario sfila sorridente. È implacabile, Corrias, almeno con un pezzo di quella provincia, che indaga, interroga, setaccia, percorre a piedi. E a un certo punto scrive:

Ho i taccuini pieni della storia di un enorme delitto e la sua coda di cometa: di appunti sulle reazioni alla malvagità degli uomini, sullo spavento che si propaga come un’onda del lago, sul bisogno di darci a vicenda almeno una spiegazione. La cattiveria degli uomini non è una rivelazione, è un peso. Per questo avevo bisogno dei cani di Velasco, che poi non sono cani per davvero, sono l’idea del cane erratico, la leggerezza che non morde, cani hegeliani.

Hegel diceva che gli animali uccidono per nutrirsi, gli uomini per riconoscersi. L’identità è sempre il movente, quando si carica d’odio. Unico, declinato in un numero illimitato di modi: il gruppo, la razza, la religione, l’ideologia. Si uccide per il (proprio) potere e per la (altrui) ricchezza. Si uccide per risarcire un tradimento subito. Per vendicarsi di un’umiliazione. Per un amore non corrisposto. Per disamore, conflitti sentimentali, e anche «rivendicazioni passionali», come la chiama lo psichiatra Vincenzo Mastronardi. Io sono, tu sei. Si uccide per vendetta. Si uccide per il rumore.

One thought on ““Vicini da morire”: il movente dell’identità

  1. Credo che queste storie ci facciano così orrore perchè ci dimostrano che la follia non è oltre, non è lontana, ma è nel nostro quotidiano e possiamo incontrarla anche nel nostro vicino di casa, la follia è una possibilità per ognuno di noi.

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