L’osso di Dio: storia di ‘ndrangheta e di madri

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L'osso di DioLa criminalità organizzata e i suoi uomini, le sue regole, sono una realtà di cui si legge sui giornali, per chi non vive in quelle zone, quando si consuma una faida, viene compiuto un omicidio o si arresta un pezzo da novanta. Ciò che invece si vive ogni giorno, dentro le case, nei rapporti di famiglia, tra gli amici che la sera si ritrovano al bar, più difficilmente viene raccontato. Cristina Zagaria, giornalista in forza alla redazione napoletana di Repubblica, invece decide di andare a sondare proprio quella realtà. Quella quotidiana, che si respira ogni giorno, che si teme la notte quando i figli non rientrano, quando brucia un capannone o si consuma una vendetta. È L’osso di Dio, vicenda realmente accaduta e raccontata con la metrica del romanzo. Di questo libro, ho scritto altrove:

Quando si decide di infrangere le regole della criminalità organizzata, e nello specifico di questo romanzo della ‘ndrangheta, si può pagare in un solo modo. Questa è la storia di Santo Panzarella, vittima della lupara bianca nel luglio del 2002, e soprattutto di sua madre, Angela Donato, che decide di rompere il muro di omertà che la circonda e reclamare giustizia per quel figlio inghiottito da nulla. I suoi sforzi verranno ricompensati solo con un frammento, un osso di quattordici centimetri che era la clavicola del ragazzo, ma nasce qualcosa di più: un movimento di madri calabresi che, proprio quando le Madri di Plaza de Mayo decidono di lasciare le piazze, escono nelle strade per reclamare giustizia per chi non c’è più.

Umanità innanzitutto, prima della violenza, “legame carnale” – per usare le parole di Cristina durante una presentazione – contrapposto alle regole del clan. Le quali, allo stato attuale, sono ben riassunte in questa frase:

Per sconfiggere la ‘ndrangheta, a volte, bisogna sconfiggere se stessi. La propria disillusione, la stanchezza, la rassegnazione. E il coraggio, invece di esplodere, ti scoppia dentro.

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