Ordine Nuovo e la sua riorganizzazione: come si arrivò alla strage di Piazza della Loggia

Standard
Spread the love

Strage di piazza della Loggia

Parliamo ancora di stragi perché da ieri, martedì 19 dicembre, Maurizio Tramonte è in carcere a Rebibbia. Da Lisbona è giunto a Roma poco dopo le 13 e si è conclusa così la parentesi portoghese dell’ordinovista e fonte dei servizi segreti condannato definitivamente all’ergastolo alla fine del giugno scorso per la strage di Piazza della Loggia. È quella provocata a Brescia il 28 maggio 1974 da un ordigno collocato in un cestino per i rifiuti sotto un porticato e deflagrato durante la manifestazione indetta dal Comitato Permanente Antifascista e dalle Segreterie Provinciali della Cgil, Cisl e Uil.

Ma perché Tramonte, fuggito all’estero e arrestato a Fatima qualche giorno dopo il pronunciamento della prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Domenico Carcano, è stato giudicato colpevole della strage che provocò otto morti e 102 feriti? Se Carlo Maria Maggi, il medico il 82 anni che fu l’ispettore veneto di Ordine nuovo, è stato riconosciuto come l’ideatore della strage, anche a carico della ex fonte Tritone sono emersi elementi che, in primo luogo, lo hanno fatto ritenere organico al gruppo eversivo che a Maggi faceva capo.

Ordine Nuovo, a fine del 1973, era stato sciolto per decreto e i dirigenti che non erano finiti a processo entrarono in clandestinità. L’obiettivo era quello di riorganizzare il gruppo attraverso la creazione di una struttura clandestina capace di realizzare un programma eversivo elaborato da Maggi e che doveva avvalersi delle stragi come strumento sul campo. La riorganizzazione coinvolgeva varie città del Nord Italia ed era precedente alla strage di Piazza della Loggia.

Tramonte era al corrente di questo progetto perché aveva partecipato, all’inizio del 1974 a una riunione nel Padovano in cui si parlò di creare una realtà che differisse dalla libreria Ezzelino, che, a fine anni Sessanta, era stata il fulcro dell’attività eversiva di Franco Freda e di Giovanni Ventura confluita poi nella strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. E nel corso dell’incontro padovano, Maggi aveva parlato agli astanti di una serie di attentati indiscriminati da compiere in tutto il Paese.

Poi, pochi giorni dopo la strage di Brescia, Tramonte aveva incontrato elementi della cellula eversiva ed era stato presente alla consegna ad esponenti del gruppo mestrino di Maggi di alcune casse scaricate da autocarri stranieri, casse che verosimilmente contenevano armi ed esplosivi. Sempre lui, la fonte Tritone, era stato designato a partecipare, nell’agosto del 1974, a una riunione a Roma, presente Pino Rauti, il missino che nel 1956 fondò il Movimento Politico Ordine Nuovo, per programmare l’attività extraparlamentare dell’autunno successivo.

E ancora, nel corso di incontri del genere, si parlò anche di attività terroristiche che coinvolgessero non più solo le grandi città, come Milano, Roma o Brescia, ma anche i centri minori. Per farlo, andavano potenziate le strutture di copertura, tra cui i centri sportivi Fiamma, e poco dopo, a Bellinzona, vennero definite anche le linee per la rivendicazione degli attentati di Ordine Nuovo. Anche stavolta Tramonte era presente.

Ma più di tutte c’è la riunione che si tenne ad Abano Terme, a casa di Gian Gastone Romani, un esponente dell’estrema destra veneta, durante la quale si parlò della concreta attuazione delle azioni eversive. Tanto che qui il 25 maggio 1974, tre giorni prima della strage di Piazza della Loggia, Tramonte disse che erano stati messi a punto particolari di quanto sarebbe avvenuto a Brescia. “Quelli sono tutti pazzi”, avrebbe commentato la fonte Tritone dopo la riunione di Abano, ma non se ne distaccò.

Non lo fece al punto che il 28 maggio 1974 – hanno ritenuto i giudici – Tramonte era in Piazza della Loggia. Ad incastrarlo una perizia antropometrica condotta, su incarico della procura di Brescia, da Luigi Capasso che lo accertò, confrontando la figura del neofascista con quelle ritratte in una foto del giorno della strage. Tramonte, prima e dopo la bomba, lo aveva taciuto al maresciallo Luigi Felli del Sid (il Servizio informazioni difesa) e, quando venne adombrata la sua responsabilità, fornì anche un alibi.

Quel giorno stava lavorando alla Acrilgraph di Limena, nel padovano, dov’era impiegato in nero. Tuttavia nessun collega né nessun superiore lo confermò e, anzi, in sede di giudizio venne accertato che al lavoro Tramonte non c’era andato per tutto il mese di maggio del 1974. Dunque anche per questo l’alibi fu ritenuto “falso” e non semplicemente “indimostrato”.

L’ordinovista, nel corso del tempo, ha reso numerose dichiarazioni sugli ambienti dello stragismo nero, dichiarazioni confermate poi nei processi. Ma il 24 maggio 2002 consegnò un memoriale in cui ritrattava tutto. Il ruolo che Tramonte intendeva ritagliare per sé era quello di un informatore che trasmetteva ai servizi segreti informazioni di cui era venuto in possesso da “spettatore” della realtà eversiva che frequentava. Provò anche a presentarsi come infiltrato nel gruppo di Maggi, come gli chiese e pretese un fantomatico agente dell’intelligence, tale Alberto, dimostratosi alla prova dei fatti inesistente.

Dunque riassumendo, Maurizio Tramonte è stato condannato all’ergastolo perché sapeva in anticipo cosa stava per compiersi, partecipò alle riunioni organizzative, proseguì nel frequentare gli ambienti in cui si organizzavano nuovi attentati, fornì notizie lacunose per evitare di autoaccusarsi e il giorno della strage era in Piazza della Loggia. Quando, in seguito, collaborò – hanno stabilito i magistrati – lo fece per perseguire “obiettivi utilitaristici, modulati sulla base delle sue contingenti esigenze”. Insomma, agiva per tornaconto personale e processuale.

A Brescia è ancora aperta un’inchiesta sull’attentato del 28 maggio 1974, il cosiddetto filone quater, che punta anche verso giovani e giovanissimi estremisti del Veronese. Ora che Tramonte è tornato in Italia e che soggiorna in una cella di Rebibbia, gli inquirenti sperano che possa raccontare quello che finora ha taciuto sulla strage e sulla strategia della tensione. Nei prossimi mesi si potrà verificare se così sarà.