“La politica della paura” di Serge Quadruppani: un libro per raccontare un’industria florida e che si alimenta sempre

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La politica della pauraDalla prefazione di Wu Ming al libro di Quadruppani:

È una vera e propria folla. I peggiori sono quelli che appartengono a più insiemi: il migrante clandestino terrorista, lo zingaro che rapisce i bambini e li vende ai pedofili, l’utente di Internet che incita i marginali riottosi…

Sull’apparire di questi soggetti si fonda un’industria della paura, prospera un mercato mondiale della paura.

Qui la scheda completa del volume.

Vaudeville e i suoi ventriloqui: una galleria di foto d’epoca “creepy”

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Vaudeville ventriloquists

Go to public school pubblica una galleria fotografica di ventriloqui d’epoca e stile vaudeville. Nel post sia i ventriloqui che le immagini che li ritraggono vengono definiti “creepy”, che fanno paura, che inquietano. E in effetti è una definizione azzeccata.

(Via Neatorama)

Un racconto che racconti la paura del buio

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Un racconto per paura del buio1) È un’iniziativa editoriale che porta avanti la battaglia a favore delle licenze Creative Commons (e ciò che uscirà sarà rilasciato con una Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate).

2) Affronta una tematica che è più che attuale.

Si intitola Un racconto per “paura del buio?” ed è una coproduzione tra Collane di ruggine e paura.anche.no per creare un cofanetto che contenga trenta cartoline illustrate e su cui stampare racconti in argomento. Questa la presentazione dell’iniziativa:

Il Babau è l’ultima frontiera nella politica dell’ansia. Semplice e primordiale paura. Diverso dal terrore, più simile alla goccia che ti cade in testa e pian piano ti porta incosapevolmente alla pazzia. Il nostro buffo mondo sta prendendo coscienza dell’esistenza del Babau. L’ansia di sicurezza, la paura del proprio simile, il rancore confuso e convulso che trasudano da ogni dove in questi anni difficili trovano la propria naturale conclusione nell’avvento del Babau. Non ci sarà più bisogno di invocare/creare/inventare emergenze e pericoli, tutti avranno paura del buio e basterà invocare il Babau perché ogni complessa manovra di ingegneria sociale trovi una giustificazione.

Il Babau è meglio del terrore, perchè il Babau non ti uccide subito, ti logora e ti porta a modificare il tuo sguardo sulla realtà in un’ottica schizoide, che alimenta se stessa. Nel paese del Babau può essere vero tutto e il contrario di tutto, il Babau non ti vuole sempre tristo e mogio. Il Babau porta anche allegria, folli risate che si alzano fino al cielo. Se non hai un soldo in tasca e la crisi ti divora, devi ridere, perché ci vuole ottimismo, altrimenti il Babau arriva e ti mangia. Ma non devi sollazzarti troppo, perchè il Babau è in agguato e non ci vuole nulla perché ti rubi il bambino dalla culla, usurpi il tuo posto di lavoro, rubi la/il tua/o donna/uomo.

Prendendo in prestito brandelli di saggezza in pillole da Kurt Vonnegut, potremmo dire che in questo mondo delle mille e una oppurtunità di essere divorati dall’ansia, dalla paura e dall’angoscia, tutto quello che può accadere probabilmente accadrà. Scansatevi in tempo.

Per partecipare si scrive un racconto di circa 1500 battute e lo si spedisce all’indirizzo collanediruggine-at-inventati.org entro la fine di agosto. Se i racconti dovessero superare il numero delle cartoline, si imporrà gioco forza una selezione, ma online ci andranno tutti.

Indagine sulle paure e sulle paranoie del XXI secolo

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Paranoia: the 21st Century FearSi intitola Paranoia: the 21st Century Fear ed è il libro di Daniel Freeman e Jason Freeman, uno psicologio e uno scrittore, che partono scavando nelle notizie dei giornali per capire se e quanto fondate siano le paure che quotidianamente accompagnano la vita contemporanea. Pubblicato dalla casa editrice Oxford University Press a fine 2008 (e acquistabile su Amazon), del libro è possibile leggere un estratto (in formato pdf) che parte analizzando i motivi per cui i cittadini statunitensi e britannici (e i loro figli) hanno iniziato a uscire meno di casa. Il fatto che l’intrattenimento all’interno delle pareti domestiche oggi offra maggiori possibilità determinando (o contribuendo) a problemi fisici legati a un aumento del peso corporeo e patologie correlate, dicono i ricercatori, non è una spiegazione esauriente o, meglio, è un sintomo: un altro pezzo di spiegazione risiederebbe nei rischi che si pensa di correre uscendo fuori, rischi che non vengono percepiti come meno concreti dalla presenza di telecamere di sorveglianza o di altri sistemi di controllo del territorio. Si legge infatti nella presentazione del volume che:

The world can be a dangerous place, for sure. But have we lost the knack of judging risk? Are we letting paranoia get the better of us? In this entertaining and thought-provoking book, based on the most up-to-date scientific research, Daniel and Jason Freeman highlight just how prominent paranoia is today. One in four of us have regular paranoid thoughts. The authors analyse the causes of paranoia, identifying the social and cultural factors that seem to be skewing the way we think and feel about the world around us. And they explain why paranoia may be on the rise and, crucially, what we can do to tackle it.

Sul sito Paranoid thoughts che presenta in libro si vuole andare oltre offrendo ulteriori spunti di indagine e di dialogo con i lettori (via BoingBoing).

Ferrajoli: il populismo penale e l’uso strumentale della paura

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Il blog La poesia e lo spirito pubblica un post intitolato In nome della paura. Riprende un’intervista a Luigi Ferrajoli, docente di filosofia del diritto e di teoria generale del diritto all’università di Roma 3, sull’uso strumentale e propagandistico di temi come la (in)sicurezza, il crimine e l’aumento dei reati. E chiama il fenomeno “populismo penale”. Di particolare interesse questo passaggio:

Lei ha definito questo uso demagogico della paura nei termini di «populismo penale». In cosa consiste?
Con questa espressione il giurista francese Denis Salas e quello domenicano Eduardo Jorge Prats definivano una strategia diretta ad ottenere demagogicamente il consenso popolare rispondendo alla paura generata nella popolazione dalla criminalità di strada. Si afferma così un uso congiunturale del diritto penale in senso repressivo ed antigarantista che è totalmente inefficace rispetto alle intenzioni di prevenire i crimini.

Per quale ragione?
Prenda, ad esempio, la proposta di introdurre il reato di immigrazione clandestina. Questo nuovo reato assegnerà a chiunque entra nel territorio nazionale, o vi si intrattiene illegalmente, la condizione di delinquente. Questo significa che in un colpo solo 700 mila immigrati clandestini residenti dovranno essere incarcerati. Senza contare che è impossibile incarcerare centinaia di migliaia di persone. Oppure il reato di prostituzione e adescamento in strada, come proposto dal ministro Mara Carfagna: decine di migliaia di prostitute dovrebbero essere arrestate e processate insieme ai loro clienti. Ovviamente è impensabile che queste norme possano essere seriamente applicate. Ma proprio questo ne conferma il carattere demagogico. Quello che è importante è la valenza simbolica di questi annunci, non la loro applicabilità.