Poe, Marie Roget e Mary Cecilia Rogers: i confini tra finzione letteraria e realtà

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Mystery of Marie RogetPer gli appassionati del mistero in chiave letteraria e cinematografica il nome di Marie Roget significa qualcosa: così infatti si chiamava la protagonista di un racconto scritto all’inizio degli anni Quaranta del XIX secolo da Edgar Allan Poe, di cui peraltro ricorrono i duecento anni dalla nascita (venne alla luce a Boston il 19 gennaio 1809). Un secolo più tardi, il testo dello scrittore statunitense si trasformò anche in un film diretto da Phil Rosen e in entrambe le versioni la storia ruotava intorno all’indagine che un antesignano degli investigatori da romanzo, Auguste Dupin, avviava – concludendola con successo – dopo l’insoluto assassinio della giovane protagonista.

Fino a questo punto, è storia risaputa, come è risaputo che Poe si ispirò a un fatto di cronaca nera solo un po’ aggiustato per motivi narrativi. Anticipando il filone del true crime – portato in auge solo molto più avanti da Truman Capote e dal suo A sangue freddo (1967) che ne fece un vero e proprio genere letterario – il testo ricostruisce un delitto che nella realtà avvenne a New York nel 1841. Nella finzione, invece, la vicenda veniva trasportata in Francia e il nome della vittima cambiato da Mary Cecilia Rogers in quello che dà il titolo al racconto. Ciò che invece si sa meno è un altro fatto: a lungo, dopo il ritrovamento del corpo senza vita della ventunenne commessa in un negozio di sigari di Broadway, si pensò che il caso sarebbe rimasto senza colpevole.

Nel libro dello scrittore inglese Colin Wilson World Famous Unsolved Crimes, si cerca di ricostruire la vicenda e si dice che all’inizio venne interrogato il fidanzato di Mary, Daniel Payne, morto suicida qualche anno più tardi, ma non rientrò nella rosa dei sospetti e gli inquirenti, non sapendo che pista seguire, provarono anche a giocarsi la carta di una taglia sulla testa dell’assassino. Intanto la stampa, fiutando lo scandalo innescato da una lettera anonima in parte confermata da un sedicente testimone, pubblicava resoconti scabrosi delle ultime ore di vita della ragazza, vista per moli insieme a uno o più uomini.
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La teoria del complotto: miti e ragioni per credere e non credere

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Cults, conspiracies, and secret societiesMichael Shermer è uno storico della scienza che ha fondato un’organizzazione battezzata con il nome di Skeptic Society, dal cui pay off emerge chiaramente lo scopo che persegue – promuovere la scienza e il pensiero critico –, e a cui è seguita la relativa rivista, Skeptic. Da ex fondamentalista cristiano qual è – come lui stesso si definisce – e convertito in seguito all’agnosticismo e all’umanesimo, ha di recente recensito in termini entusiastici un libro uscito lo scorso mese d’agosto. Il titolo di questo volume all’inizio può lasciar interdetti di fronte all’ardore del recensore: Cults, conspiracies, and secret societies: the straight scoop on freemasons, The Illuminati, Skull and Bones, Black Helicopters, The New World Order, and many, many more. E stupisce anche che proprio un personaggio come Shermer abbia usato termini così incensanti per un libro che, a pelle e per i contenuti che approfondisce, avrebbe dovuto liquidare come complottista.

Vediamo il motivo per cui le parole di Michael Shermer risultano a una prima lettura così disorientanti. Intanto partiamo dall’autore del volume. Si tratta di Arthur Goldwag, da vent’anni ricercatore indipendente e scrittore freelance che in passato si è occupato di ebraismo (ma anche più in generale di religione, in particolare per sfatare l’oltranzismo monoteista: sua è infatti la riflessione sugli effetti politici e sociali dei suffissi “ismo” e “ologia”), oltre ad aver lavorato per la blasonata testata statunitense The New York Review of Books. In seconda battuta vediamo in che termini si presenta il libro. Usando le parole della casa editrice che ha pubblicato il volume (Vintage Books), abbiamo a che fare con questo:

una guida intrigante [che] collega i punti [comuni tra varie organizzazioni] e descrive una moltitudine di avidi guru, assassini messianici e coincidenze sospette. Suddiviso in tre sezioni, contiene centinaia di fatti che separano la realtà dal mito.

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L’arte “viscerale” dell’australiano Mark Powell

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Mark PowellMondi dell’altrove in miniatura dove l’arte si fa (letteralmente) viscerale, per citare un altro appassionato al genere, Andrea Bonazzi. Quelli che si vedono rappresentati per immagini sono micro universi dai dettagli straordinari, accuratissimi e maniacali: li ricostruisce dalla solitudine delle “lunari periferie sud orientali” di Melbourne – o almeno così viene raccontato – l’artista australiano Mark Powell: sono rievocazioni di una vita di prigionia dalle atmosfere medievali scandita da miseria, tortura ed esseri mostruosi, tanto da sembrare vicende e personaggi contenuti in istoriazioni di qualche edificio dell’età di mezzo. Su Flickr Powell ha raccolto altri scatti che ritraggono questi mondi e li ha suddivisi in diversi set.

Fantascienza proveniente dal subcontinente indiano

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La fantascienza indiana: un lungo articolo, Udankhatola Redux, pubblicato da Tehelka.com, traccia due secoli di storia di un genere che nel subcontinente asiatico pare stia prendendo sempre più piede. Descritta come molto più ancorata alla realtà scientifica e tecnologica rispetto a quella occidentale, qui la fantascienza, secondo MH Srinarahari, segretario generale dell’Indian Association for Science Fiction Studies (IASFS), avrebbe principalmente uno scopo:

It should have a social purpose. If a writer is speaking of an imaginary world or change in his environ, how can he cope with it? Reading about it will educate a person. There has to be a mission.

Alla ricerca di una leggenda

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Massimo Polidoro, una delle anime del Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), da un annetto ha un blog sul quale dà conto di notizie riguardanti misteri vari su cui lavora o ha lavorato. Ora, tralasciando le polemiche che ogni tanto infuocano qualche newsgroup sull’eccesso di scetticismo e scientismo verso tutto ciò che viene ascritto all’ambito dell’esoterico (e per fortuna che diverse indagini hanno portato a smascherare qualche trucco), Polidoro lancia un appello alla Rete: Cercasi leggenda tutta italiana chiedendo:

Riusciamo a trovare una bella leggenda italiana da indagare? Mi spiego. Altri paesi hanno personaggi o storie leggendarie davvero molto intriganti, che spesso si basano su fatti storici verificabili per poi, magari, ingigantirsi in vicende solo immaginarie. Ma, di fondo, c’è comunque qualcosa su cui si possono fare verifiche e indagini. Per esempio, Dracula in Romania o Robin Hood e Re Artù in Inghilterra. Che leggenda o personaggio leggendario italiano potrebbe dare vita a un’inchiesta storica (può essere anche un personaggio realmente esistito su cui, poi, si sono costruite leggende)? Casanova? Cagliostro?

I primi commenti qualche suggerimento lo hanno fornito: Raimondo di Sangro principe di San Severo, gli sbilfs e i misteri di Collemaggio.

Chiude il laboratorio ESP di Princeton

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Princeton Engineering Anomalies Research“In 28 anni abbiamo raccolto tutti i dati di cui avevamo bisogno. Ora non c’è ragione per continuare e duplicare il lavoro già fatto”. Lo dice al New York Times il settantaseienne Robert G. Jahn dall’inizio a capo del Princeton Engineering Anomalies Research (Pear), laboratorio definito come “imbarazzante” da diversi ambienti scientifici. Perché qui si sono studiati i fenomeni etichettati con l’acronimo ESP (Extra Sensorial Perception).

Quando si è diffusa la notizia, si è pensato che entro la fine di febbraio il centro avrebbe chiuso i battenti perché finalmente qualcuno aveva deciso di porre fine – e tagliare i viveri – a esperimenti che troppo spesso sono stati attribuiti all’ambito della fantascienza e del paranormale. E invece no. Nell’articolo A Princeton Lab on ESP Plans to Close Its Doors, si legge invece che Jahn e la sua equipe avrebbero deciso in autonomia, dopo aver raccolto per anni attorno a sé personaggi noti (e generosi) come Keith Jarrett e Laurance Rockefeller. E per il futuro? Dice l’ex capo del Pear:

It’s time for a new era, for someone to figure out what the implications of our results are for human culture, for future study, and — if the findings are correct — what they say about our basic scientific attitude.

Un gattino ciclopico

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Cyclops kittenSpulciando tra i post di BoingBoing più visti nel 2006, al secondo posto ne compare uno piuttosto particolare pubblicato poco meno di un anno fa: quello che riporta la nascita di un gattino con un occhio solo, una specie di ciclope felino. La bestiola, secondo quanto riportava una news di Yahoo non più online, era anche senza naso a causa di una malformazione congenita ed è sopravvissuta solo un giorno. Il suo nome era Cy, diminutivo di cyclops, e inizialmente si era pensato a una bufala, possibilità smentita da LiveScience.com e da Publisher and Reporter.

Ancora echi di gotica piemontesità

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le cronache di bassavillaLe otto del mattino sono un’ora maledetta, ma anche le cinque non scherzano: entrambe segnano un limite tra due momenti, uno dei quali è il lato oscuto del giorno che finisce e strappa l’immaginazione alla realtà. Delle cinque (e venti minuti, per la precisione), poi, si è già parlato più volte e un’altra ci sta tutta. Perché le Cronache di Bassavilla non si fermano (siamo all’infuocato file 77) e gli elementi si moltiplicano in un mosaico di gotica piemontesità con tentacoli per ogni dove.

Il lupo mannaro del Maine investito ad agosto

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Maine Mystery BeastAggiornamento del 7 giugno 2007: su Cryptomundo compare l’articolo Maine Mystery Beast Back? con recenti notizie che fanno pensare a nuovi animali del genere in giro per Wiscasset.

Un lupo mannaro si è recentemente aggirato per il Maine. Certo che lo staterello americano, location preferita da Stephen King e più estemporaneamente anche da altri scrittori piuttosto cupi come Dean Koontz, qualcosa di strano lo deve pur avere se determinate storie vengono ambientate tutte lì. E l’agosto scorso, gli abitanti della cittadina di Turner, provando qualche autentico brivido, avranno pensato che non erano pazzi quando sostenevano che un licantropo si aggirava da anni per le loro campagne.Corre il giorno 16, infatti, quando arriva la prova con una notizia riportata da FoxNews: Maine Mystery Beast Possibly Killed by Car. Un banale incidente stradale sulla Route 4 e il mostro che aveva sbranato nelle settimane precedenti un paio di cani di grossa taglia è passato a miglior vita. C’è poi chi è particolarmente ottimista e pensa che con quell’arrotamento sia stata levata di mezzo la strana bestia, «un ibrido di qualcosa», che nei precedenti quindici anni aveva terrorrizzato gli abitanti della contea di Androscoggin. Sul posto arriva anche il criptozoologo Loren Coleman per capire meglio il tipo di animale con cui si ha a che fare e viene pubblicato sul blog di CryptoMundo un reportage dello stesso Coleman (peraltro anche il Sun si mette a seguire l’argomento). Continue reading