Fantascienza proveniente dal subcontinente indiano

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La fantascienza indiana: un lungo articolo, Udankhatola Redux, pubblicato da Tehelka.com, traccia due secoli di storia di un genere che nel subcontinente asiatico pare stia prendendo sempre più piede. Descritta come molto più ancorata alla realtà scientifica e tecnologica rispetto a quella occidentale, qui la fantascienza, secondo MH Srinarahari, segretario generale dell’Indian Association for Science Fiction Studies (IASFS), avrebbe principalmente uno scopo:

It should have a social purpose. If a writer is speaking of an imaginary world or change in his environ, how can he cope with it? Reading about it will educate a person. There has to be a mission.

Una voce dalla piazza delle donne

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Una Sorella d’Italia racconta il suo 24 novembre e torna a parlare delle polemiche con le esponenti politiche.

Forse non bisognava accettare l’adesione delle ministre. Non bisognava accettare l’adesione di tutta quella parte politica che aveva spalleggiato e legittimato il family day. E se è stato meraviglioso sentire dal camion dell’organizzazione che la piazza era nostra e non delle ministre non lo è altrettanto sapere che di tutto questo nelle fonti di informazione ufficiale non è passata neppure una riga (o quasi). E’ andata e fa rabbia sentirsi impotenti. Ieri ho letto i giornali. Hanno scritto di antipolitica e di incapacità di dialogo con le istituzioni. Eppure signora Pollastrini sabato noi parlavamo proprio. Non muovevamo soltanto la bocca. Il problema è che non ci ascoltava. Il problema è che non ascoltate mai e che fate esattamente quello che volete voi rispondendo ad esigenze che non somigliano neppure lontanamente a quelle espresse dalle donne. Noi facciamo politica. Voi ministre e onorevoli siete l’antipolitica perché la politica è quella bella cosa che accade anche (ma non solo perché fare rivendicazioni in piazza è già alta politica) quando ministre e onorevoli realizzano le istanze che vengono dai propri elettori e dalle proprie elettrici. Potete in tutta sincerità dire che questo avviene? Io direi proprio di no. Non solo. Non volete lasciarci neppure la piazza.

E inserisce il link ad alcune fotografie della manifestazione. Altre invece sono visibili qui.

“Il triangolo nero” contro la violenza su rom, rumeni e donne

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Monica Mazzitelli, scrittrice e coordinatrice de iQuindici, mi invia un appello da leggere, sottoscrivere e divulgare per sollecitare un “risveglio di coscienza sulla questione rumena“.

Il triangolo nero – Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori e artisti contro la violenza su rom, rumeni e donne

La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.

Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è anche la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l’Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o un rom.

Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all’uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più dato sapere.

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Rolling Stone: online la versione completa

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Rolling StonePer i suoi quarant’anni, Rolling Stone, storica rivista americana dedicata a musica, ma anche a cultura e a politica, lancia la sua digital edition. Lo segnala Bernardo ed è una segnalazione interessante perché si tratta di duecento e rotte pagine che propongono la stessa versione che viene stampata e va in distribuzione negli Stati Uniti.

Oltre che leggerla online in formato flash, la rivista può essere anche scaricata oppure stampata.

Ancora dalla parte delle bambine

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Ancora dalla parte delle bambine di Loredana LipperiniLoredana Lipperini, Le bambine sono tornate:

Come si dice in questi casi? Ci siamo, oppure, questo è il giorno fatidico, o anche ecco, è in libreria.

Tutte le espressioni sopraindicate vanno benissimo, in effetti.
Ancora dalla parte delle bambine esce oggi (insieme al nuovo film di Dario Argento: e per una che ama l’horror come la sottoscritta la coincidenza è assolutamente piacevole).

Scherzi a parte, solo tre cose.

Uno. Spero che sia, soprattutto, un libro utile.

Due. Se avete voglia di inviare contributi (testi, fotografie, disegni, video) qui trovate tutte le istruzioni.

Tre. Grazie, eh. A tutti.

Santa Muerte: ritratti fotografici dal Messico

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Santa Muerte. Mexico's cult of Holy Death

Santa Muerte è una delle numerose celebrazioni a metà tra il culto dei morti, la religione e la credenza popolare che in questo periodo si officiano in tutto il mondo. È una liturgia messicana, ha origini cattoliche e tende a scopi scaramantici per attirare protezione e fortuna. Particolarmente colorata e folkloristica, viene ritratta attraverso una galleria fotografica dal titolo Santa Muerte. Mexico’s cult of Holy Death e pubblicata da Time.

Inoltre su Flickr si trovano numerose altre immagini in proposito. Sul tema, particolarmente suggestivo il lavoro di Saul Ruiz.

Cultura Convergente: popolo, massa e altre sfumature

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Cultura Convergente di Henry JenkinsUn estratto della prefazione di Wu Ming al libro Cultura Convergente di Henry Jenkins:

La sfumatura di significato, invece, consiste in questo: cultura di massa indica come viene trasmessa questa cultura, vale a dire attraverso i mass media; cultura popolare pone l’accento su chi la recepisce e se ne appropria. Di solito, quando si parla del posto che la tale canzone o il tale film ha nella vita delle persone (“La senti? E’ la nostra canzone!”), o di come il tale libro o il tale fumetto ha influenzato la sua epoca, si usa l’espressione “popular culture”.

Il problema è che il dibattito italiano sulla cultura pop novanta volte su cento riguarda la spazzatura che ci propina la televisione, come se il “popular” fosse per forza quello, mentre esistono distinzioni qualitative ed evoluzioni storiche, altrimenti dovremmo pensare che Sandokan, Star Trek, Lost, il TG4 e La pupa e il secchione sono tutti allo stesso livello, o che Springsteen, i REM, Frank Zappa e Shakira vanno tutti nello stesso calderone, o che non esistono distinzioni tra i libri di Stephen King e quelli delle barzellette su Totti, dato che entrambi li ritrovi in classifica.

Ci sono due schieramenti l’un contro l’altro armati – e dalle cui schermaglie dovremmo tenerci distanti: da un lato, quelli che usano il “popolare” come giustificazione per produrre e spacciare fetenzie; dall’altra, quelli che disprezzano qualunque cosa non venga consumata da un’élite.

Sono due posizioni speculari, l’una sopravvive grazie all’altra. Le accomuna l’idea che a fruire della cultura pop siano le masse mute dell’Auditel, dei sondaggi di mercato, del botteghino.

La memoria e un fiore per ricordare

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Jasenovac - Foto di yjmsc02Da Il secolo di Bogdanovic, intervista in quattro puntate a Bogdan Bogdanovic, architetto serbo ed ex sindaco di Belgrado:

Alcune cose è meglio dimenticarle?

No, non si deve dimenticare ma nemmeno impaurire… La Jugoslavia si è riempita di monumenti, credo si parli di una decina di migliaia, è troppo. Ogni repubblica aveva 7 musei della rivoluzione, ed erano pressapoco tutti uguali. C’era una “tortura dei monumenti”, lo dicevo continuamente, e credo di aver avuto ragione, pensavo che prima o poi avrebbero provocato nuove “deviazioni” nella gente. Perché se i bambini venivano obbligati a guardare tutti questi orrori, in seguito si poteva anche arrivare ad una perversione di quell’orrore.

Jasenovac di cui parla Bogdanovic fu il principale campo di concentramento del Balcani costruito da Ante Pavelic durante la seconda guerra mondiale. Il monumento a ricordo degli eccidi nazi-fasciti là compiuti è stato sostituito da un memoriale e da un fiore progettato dallo stesso architetto serbo.

Conversazioni sulla creatività

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Scopo di Conversations about Creativity – Working artists share what works è quello di dialogare con un ampio parterre di personaggio per indagare il loro approccio al lavoro e le modalità con cui coltivano professione e passione. Scrive in proposito l’autore, Cecil Vortex:

I’d always thought art was about sitting around, waiting for inspiration to strike. As a result, I did a lot of waiting and not that much creating. But it turns out, art and inspiration don’t have to (entirely) work that way. You don’t have to just wait. There are actual techniques you can use — habits that help drive inspiration, ways to tackle a blank page and to catch ideas as they spark through the day. Why didn’t anyone tell me that before? Like, when I was 140?

Anyways, hoping not to lose any more time, I began to gather up a personalized set of these techniques — what seemed to work for me. And then I started to wonder, what techniques have other artists come up with?

The result of that question is this here brand-new cv.com feature: “Conversations about Creativity.” Over the next several weeks, you’ll be hearing from dancers, poets, computer graphic effects artists, illustrators, stand up comics, musicians, and a host of other creative professionals about how their creative process works, how they deal with dry periods, and what they do to stay productive, keep their work fresh, and generally tap their personal woosh.