Watergate: una vita all’ombra di una leggenda

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Woodward and Bernstein: Life in the Shadow of WatergateTutto iniziò con quello che fu ritenuto un tentativo di furto al Watergate Hotel e ne venne fuori uno scandalo politico, una leggenda per il giornalismo e due icone per i cronisti, Bob Woodward e Carl Bernstein. A quasi trentacinque anni di distanza, qualche mese fa la docente di giornalismo all’American University, Alicia C. Shepard, pubblica il libro Woodward and Bernstein: Life in the Shadow of Watergate, frutto di una ricerca durata un triennio e improntata a una rilettura dei fatti non sempre tenera verso la stampa dell’epoca e successiva:

Using a plethora of interviews with all the leading characters, as well as newly-unearthed archives, Shepard picks up where Woodward and Bernstein’s All the President’s Men leaves off, filling in the parts of the story that have been obscured by that title’s massive popularity-“many have misread their fascinating story as being the only story”-and providing welcome context through vivid cultural snapshots.

Già su una linea analoga si mosse Mark Feldstein del Journalism Oral History Project, che presentò tre anni fa una rivistazione del caso e, tra l’altro, scrisse:

So what really happened? In the end, perhaps truth lies somewhere between the self-congratulatory boosterism of journalists and the kiss-off of the academics.

Sul sito dedicato al libro di Alicia Shepard è disponibile in formato pdf il primo capitolo.

Una cittadina fantasma in cerca di nuovi abitanti

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Alturas Hotel, Joe Jaszewski - Idaho StatesmanVendesi nell’Idaho una cittadina fantasma in mezzo al nulla. Annessa alla città, Rocky Bar, ci sono tra l’altro un paio di hotel, una miniera ormai esaurita ma da cui venne estratto nel Diciannovesimo Secolo il corrispondente di sei milioni di dollari in oro e poco meno di una decina di acri di terreno. La notizia, aspetti economici a parte, è suggestiva, almeno per gli amanti del genere, per il carico di storia della zona:

“I’d like to see it become a historic site,” artist Kerry Moosman said. Moosman, who lives part of the year in nearby Atlanta, owns the Masonic Hall, a house and a onetime saloon in Rocky Bar. “There’s enough left with the jail, saloon, hotel, Masonic Hall and the cemeteries that it would make a nice interpretive site where people could learn about the history of Rocky Bar,” he said.

It’s history worth learning. Tranquil Rocky Bar once had stores, bars, fraternal lodges, two hotels, a photography studio, mines, mills, a Chinese district, a tailor, a shoemaker and a newspaper. It was one of the region’s larger cities — population estimates vary from 500 to 1,500 — and was briefly the county seat of now-defunct Alturas County, which became all or parts of more than a dozen Idaho counties.

Rocky Bar had its own wagon road from the Oregon Trail. The steep road over the pass from Rocky Bar to Atlanta claimed the lives of seven mail carriers and was considered the most dangerous in the U.S. Historical icon Peg Leg Annie McInyre lost her legs in a blizzard there. Idaho’s territorial secretary and acting governor, Clinton DeWitt Smith — who helped make Boise the capital by stealing the territorial seal and archives from Lewiston — was said to have keeled over and died during a chess game at Rocky Bar. He’s buried in one of its two cemeteries.

Though the people and most of the buildings that once made Rocky Bar a vibrant community are gone, Moosman said, “Its history still makes it significant.”

Jones agreed.

Guardàti a vista in un caos inestricabile

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Disinformation Company è una casa editrice statunitense che si occupa di politica, attualità, censura e informazione occultata e che trova il proprio corrispettivo italiano in Nuovi Mondi Media tanto che alcuni dei volumi pubblicati oltremare sono andati a nutrire una parte del catalogo dell’editore bolognese. E ora – racconta BoingBoing.net – sono usciti due libri che si preannunciano interessanti: il primo è Who’s Watching You?: The Chilling Truth About The State, Surveillance, and Personal Freedom mentre il secondo si intitola Who Really Runs the World? The War Between Globalization and Democracy.

Who's Watching You?: The Chilling Truth About The State, Surveillance, and Personal FreedomPer quanto riguarda Who’s Watching You?: The Chilling Truth About The State, Surveillance, and Personal Freedom di Mick Farren e John Gibb, l’argomento centrale verte intorno al “pericolo terrorismo” utilizzato per favorire la lenta e costante erosione delle libertà dei cittadini, a cominciare dalla profilerazione di telecamere più o meno nascoste che seguono da terra e dai satelliti i movimenti quotidiani delle persone.

Si dice che sia il “governo” ad averle volute a scopo di protezione, ma la domanda a cui cerca di rispondere è il libro è la seguente:

Exactly who are “they” and why do they want to know so much about us?

Who Really Runs the World: The War Between Globalization and DemocracyWho Really Runs the World? The War Between Globalization and Democracy di Thom Burnett e Alex Games parte dall’indomabile caos politico e militare in relazione al quale non si riescono mai a chiarire esattamente origine e obiettivi di conflitti e tensioni. Così, passando dalla storia all’attualità, fa un bilancio delle manovre cospirative occulte e palesi:

it examines actual people, businesses, social networks, corporate alliances and the dark forces of conspiracy and secret history that hold them together. Writing soberly and with authority, the authors address myriad conspiracy theories with open minds. The conclusions they reach may shock and scandalize some people–especially those who fervently believe in democracy–but will fascinate everyone.

C’è chi sostiene che di libri del genere occorre diffidare, funzionali – affermano i loro detrattori – a scopi assimilabili a quelli su cui vogliono far luce. Sta di fatto che la serietà dei volumi finora pubblicati dalla Disinformation Company (e per trasposta traduzione da Nuovi Mondi Media) depongono a favore della loro affidabilità. Basti ricordare titoli come “Tutto quello che sai è falso” 1 e 2, le varie edizioni sulla censura o 50 cose che forse non sai.

Il manuale Cencelli dell’assessore Sgarbi

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Against Banned Books - Florian.bA Milano apre tra pochi giorni la nona edizione della rassegna La biblioteca in giardino per portare manifestazioni culturali anche in periferia, nei rioni, laddove – ci si lamenta – non c’è mai nulla per i cittadini. Tuttavia Vittorio Sgarbi, dopo che Palazzo Marino ha negato il patrocinio al Festival internazionale del cinema gay e lesbico, si esibisce in una delle sue e, in una crociata da far invidia al Ventennio, se ne esce dicendo ciccia a chi va a chiedere i finanziamenti comunali. A meno che – il margine di trattativa concesso – non si prendano alcuni accorgimenti. E dice in proposito il rissoso assessore alla cultura:

Non si capisce per quale motivo dobbiamo spendere una cifra di quell’entità per presentare solo autori di un certo schieramento, quindi ho deciso di integrare la lista delle personalità invitate. Nessuna censura, ma solo la volontà di bilanciare la proposta con autori di altra area politica”.

Lo scrittore Gianni Biondillo pubblica su Nazione Indiana una lettera aperta rivolta a Sgarbi. Lettera che sottoscrive tra gli altri il critico Gian Paolo Serino e che, molto concretamente, al di là di polemiche politiche più o meno pretestuose, scrive:

Le chiedo, da folle, da sognatore, di attivarsi per quel patrocinio, le chiedo quella solidarietà, attiva, sul campo, che le biblioteche rionali di tutta la città chiedono a chi li amministra. E con loro anche tutta la popolazione che per disgrazia o per fortuna, in centro non vive e non vivrà mai.

Entra in gioco la redazione di OneMoreBlog che bolla le uscite di Sgarbi così:

un numero d’avanspettacolo tratto dal Nuovo Manuale Cencelli della (si fa per dire) Cultura.

E Sandrone Dazieri, dopo lunghe – e condivisibili – considerazioni sul G8 di Genova e la macelleria messicana, conclude scrivendo:

Professor Sgarbi, e che cazzo! Ma da quando le iniziative culturali si fanno con il manuale Cencelli? Non vi siete stufati, voi e quelli come voi, di lottizzare tutto? E poi, non e’ colpa degli organizzatori di Big se gli scrittori fascisti scrivono di merda. A parte questo, come fa a dire che siamo tutti di sinistra? Ci ha letto?

Dalla rete: giornalismo, conflitti e terapie

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  • Press Gazette, Journalist’s film to lift lid on Sudan conflict

    The first western journalist to report from the war-torn Sudanese region of Darfur is to produce a feature film based on his experiences in the region, after he became increasingly frustrated with the limits on news reporting which prevented him telling his story.

  • BoingBoing, Jasmina Tešanović: Milan Martic sentenced in Hague

    Milan Martic, the leader of Serbs in Croatia, got 35 years although he pleaded not guilty. Yesterday too, Mira Markovic, the fugitive wife of the late president Slobodan Milosevic, was formally accused of organized crime.

  • Editor’s Blog, Innocent Ore guilty? Don’t stigmatise the accused

    In some of these mistaken prosecutions, the accused were subject to widespread publicity in the press and will have forever-tarnished reputations.

  • Neatorama, 10 Mind-Boggling Psychiatric Treatments

    Think of it this way. After finding out what’s not going to happen to you, that couch is going to start looking a lot more comfortable.

Sistemi diversi per la scrittura collaborativa

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È ottimista Josh Catone quando titola Six New Ways To Write The Next Great Novel riferendosi ad altrettante piattaforme per la scrittura collaborativa perché la piattaforma è solo un mezzo. Ma su un elemento ha ragione: scrivere a più mani può essere un sistema divertente e aiuta a non perdersi dietro i ritardi ai propri piani di lavoro. Dunque passa in rassegna Novlet, Ficlets, A Million Penguins (di queste tre si era già parlato qui e qui), Potrayl, NaNoWriMo e Unblokt. E conclude:

You probably won’t see the next Dario Fo or Seamus Heaney emerge from any of these writing experiments. But they all offer a fun outlet for creativity and an interesting take on writing fiction. And something started on any one of these sites could easily become the basis for a more refined and polished piece of prose.

Ne aggiungerei un’altra, più recente e in lingua italiana, che ha solo una brutta falla: avere un’interfaccia totalmente in Flash che non rende agevole navigazione né utilizzo dei form. Stante questa premessa, il progetto è interessante e si chiama Tigri di Carta. Non è un progetto collaborativo in senso stretto, ma è finalizzato alla creazione di una fiction per il web chiamando a raccolta potenziali sceneggiatori e attori che, da un incipit, procedano con la costruzione della storia e/o si “arruolino” per interpretare una parte insieme ad Alessandro Haber e Rocco Papaleo.

In ultimo, da citare il Livello 2 di Manituana. E i fincipit di eio, progetto molto sui generis e molto divertente.

Un blog dedicato solo alle rettifiche

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Sui giornali, a ragione, si dice spesso che non viene dedicato spazio – o ne viene destinato limitatamente – agli errata corrige che di solito finiscono tra le lettere dei lettori o in qualche box a pie’ di pagina. Così un giornalista freelance canadese, Craig Silverman, ha creato il blog Regret the Error:

Regret the Error reports on corrections, retractions, clarifications and trends regarding accuracy and honesty in the media.

Inoltre pubblica una lista dei principali organi di informazione nordamericani che non hanno uno spazio ad hoc per le correzioni e chiede ai chiede ai lettori di inviare segnalazioni di errori con i suggerimenti per la loro rettifica. Qualche esempio? Dalla notizia della volontaria che avrebbe detto che “criminali non si diventa, si nasce” quando invece aveva affermato che “criminali non si nasce, la società rende tali” alle fotografie che attribuiscono identità alle persone sbagliate.

OurSpace: la valenza dell’approccio partecipativo

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OurSpaceOurSpace – Resisting the Corporate Control of Culture di Christine Lynn Harold analizza il fenomeno del culture jamming concentrandosi in particolare sugli aspetti – e sugli effetti – della politica e dell’attivismo soprattutto nell’ambito digitale. Se non è disponibile la versione elettronica del libro (è stato pubblicato solo il quinto capitolo, Inventing Publics: Kairos and Intellectual Property Law), è stato però creato un wiki al quale si chiede di contribuire con “idee, link, contrapposizioni e provocazioni” in merito alle tematiche attorno alle quali si articola il libro:

It is a different type of opposition that offers a genuine alternative to corporate consumerism. Exploring the revolutionary Creative Commons movement, copyleft, and open source technology, Harold advocates a more inclusive approach to intellectual property that invites innovation and wider participation in the creative process.

Dibattiti politici USA: la CNN verso Creative Commons

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Barack Obama lo aveva chiesto e Lawrence Lessig aveva ripreso la posizione espressa dal candidato alle presidenziali americane: dibattiti politici rilasciati con licenze libere. Un’emittente-colosso ci ha sentito e così CNN plans to release upcoming debate footage under Creative Commons (qui l’annuncio ufficiale). La notizia non è freschissima (risale a un mese fa), ma è stata più recentemente aggiornata aggiungendo nuove adesioni alla proposta e mettendo d’accordo per una volta repubblicani e democratici che proprio in questi giorni stanno avviando una serie di confronti pubblici.