Petizione per impedire l’oscuramento di siti e blog

Standard

Dopo i problemi di Piero Ricca, che si è visto sequestrare il blog a causa di una querela per diffamazione presentata da Emilio Fede (il blocco al blog è stato rimosso qualche giorno più tardi), viene lanciata una nuova raccolta di firme.

Artefice è AniceWeb e l’iniziativa si muove contro l’oscuramento di siti internet personali e/o blog e a favore della depenalizzazione del reato d’opinione. Indirizzata al presidente del consiglio e ai ministri dei diritti e pari opportunità, della giustizia e delle Comunicazioni, la petizione ha un testo ed esplicito:

La libertà di parola è sacrosanta e sancita dall’articolo 21 della Costituzione Italiana che recita:”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”

Nel caso un qualsiasi cittadino si senta diffamato da un testo (da un’immagine o qualsivoglia forma di pensiero) pubblicato in un sito Internet o un blog e decida di procedere con una querela, il sequestro preventivo non deve attuarsi finchè le indagini o un tribunale non appurino la colpevolezza dell’autore del pensiero stesso.

Segnalata da Punto Informatico, la petizione può essere sottoscritta qui.

Col sangue agli occhi

Standard

No G8, Genoa 2001 - Foto di Han SoeteIl testo che segue è il contenuto di una mail ricevuta il 27 luglio 2001. La scrisse Caparossa al suo rientro dopo i fatti di Genova raccontando ad alcuni amici le esperienze vissute nei quattro giorni trascorsi nel capoluogo ligure: l’iniziale aria festante, l’atmosfera che progressivamente cambia, la tensione che sale, l’omicidio di un manifestante. E poi gli scontri, le cariche, le irruzioni. Tutto ciò accadeva esattamente sei anni fa.

Intanto segnalo anche Venti luglio di Sandrone Dazieri.

Faccio un po’ fatica a tirare fuori il groviglio, faccio fatica a riflettere lucidamente, forse non c’è da riflettere lucidamente, forse c’è solo da sentire, da tirare fuori dolore, rabbia, smarrimento.

Ho passato 4 giorni a Genova, che dovevano essere giorni passati con * mi* compagni acar*, con le persone con cui da oltre un anno faccio alcune delle cose che mi danno più gioia, al di là degli schieramenti, in maniera orizzontale, trasparente, non gerarchica.Mi sono trovato a lavorare alla sede del Genoa Social Foum, dove il GSF non c’era, se non per fare le loro cazzo di conferenze stampa. C’erano * medic*, massimo rispetto; c’erano * avvocat*, massimo rispetto.

Fino a giovedì tutto tranquillo, a parte le perquisizioni, a parte il rischio ad andare in giro da sol*.

Giovedì vado con i compagni di radio ondarossa alla manifestazione dei migranti. Tanta genete, tanti colori, ri/vedo compagn* dopo tanti anni; ri/vedo gente che avrei preferito non vedere, ma tant’è.

Giovedì sera si inizia ad organizzare la giornata di venerdì. Io ho deciso che rimango al media center, non ho voglia di mettermi nella sceneggiata, anche se sento qualche affinità con quelli del Network, con cui ho potuto parlare.

Il venerdì mattina sono sveglio alle 7 e si inizia subito lo sbattimento; la maggiorparte di noi si preparano al corteo, chi col Network chi con le tute. Sembra gente che va alla guerra, e la cosa mi atterrisce. Sembra un rituale, una roba funerea. Gli occhi lucidi, i gesti a scatti, una luce strana negli occhi de* compagn*, che di solito sono di/versi, belli, col sorriso in fondo.

Iniziano ad arrivare le notizie delle perquisizioni, al Pinelli, prima, poi all’Inmensa, poi partono i cortei, dai campeggi, che si dirigono verso le piazze “tematiche”.

Continue reading

La memoria e un fiore per ricordare

Standard

Jasenovac - Foto di yjmsc02Da Il secolo di Bogdanovic, intervista in quattro puntate a Bogdan Bogdanovic, architetto serbo ed ex sindaco di Belgrado:

Alcune cose è meglio dimenticarle?

No, non si deve dimenticare ma nemmeno impaurire… La Jugoslavia si è riempita di monumenti, credo si parli di una decina di migliaia, è troppo. Ogni repubblica aveva 7 musei della rivoluzione, ed erano pressapoco tutti uguali. C’era una “tortura dei monumenti”, lo dicevo continuamente, e credo di aver avuto ragione, pensavo che prima o poi avrebbero provocato nuove “deviazioni” nella gente. Perché se i bambini venivano obbligati a guardare tutti questi orrori, in seguito si poteva anche arrivare ad una perversione di quell’orrore.

Jasenovac di cui parla Bogdanovic fu il principale campo di concentramento del Balcani costruito da Ante Pavelic durante la seconda guerra mondiale. Il monumento a ricordo degli eccidi nazi-fasciti là compiuti è stato sostituito da un memoriale e da un fiore progettato dallo stesso architetto serbo.

Siamo ancora ai “messaggi subdolamente negativi”

Standard

Se a Milano con l’assessore alla cultura Vittorio Sgarbi e il suo manuale Cencelli non se la passano bene, a Bologna non è che si respiri aria poi così salubre. Venerdì scorso, Bo-Noir, rassegna di letteratura e cronaca alla sua seconda edizione, ha ospitato una serata incentrata sulla vicenda giudiziaria dei Bambini di Satana, accusati una decina d’anni fa di una serie di reati dai quali non sono solo stati assolti con sentenza passata in giudicato, ma sono anche stati risarciti per un periodo di carcerazione preventiva di 400 giorni.

Però meglio non parlarne. Altrimenti la vicenda finisce in consiglio comunale con un ordine del giorno presentato da Maria Cristina Marri, consigliera dell’UDC che siede nelle fila della lista La tua Bologna. Perché? Perché, come scrive il Resto del Carlino di oggi (articolo non online):

il Comune e i quartieri devono smettere di promuovere iniziative piene di messaggi subdolamente negativi […] in contrasto con i basilari criteri di etica e responsabilità.

Ci si metta poi che (ancora dal quotidiano di oggi):

contro la serata […] è insorta pure l’Associazione nazionale familiari delle vittime delle sette [… i cui ] responsabili scriveranno [oggi] una lunga lettera, “di protesta”, all’assessore alla Cultura Angelo Guglielmi e al sindaco Sergio Cofferati.

Tutto questo polverone per cosa? Per aver spiegato, in un incontro pubblico inserito all’interno delle manifestazioni di Bè Bologna Estate, i motivi per cui si arriva a una sentenza di assoluzione (fatto ribadito ieri in consiglio comunale anche da Valerio Monteventi), quali sono le ragioni per cui le accuse contro l’associazione bolognese non hanno retto al vaglio del tribunale e che tipo di campagna stampa è stata montata ai tempi sul caso. Niente di più.

Dunque, da quando in qua non si possono raccontare certe vicende? E perché, se lo si fa, la scrittrice Grazia Verasani e il registra Riccardo Marchesini, ideatori dell’intera rassegna quest’anno come l’anno scorso, si vedono fatti oggetto di polemiche pretestuose che si riallacciano in modo altrettanto pretestuoso a censure precedenti?

Scrive Grazia a commento della vicenda:

In merito alla polemica sollevata dall’esponente dell’Udc Maria Cristina Marri sulla serata che la rassegna Bo-noir ha dedicato al caso di Marco Dimitri e dei Bambini di Satana, ci preme sottolineare che, responsabilmente e eticamente, abbiamo trattato l’argomento occupandoci esclusivamente della vicenda giudiziaria e basandoci integralmente su atti processuali che, molto prima di noi, hanno “riabilitato” Dimitri da ogni accusa di pedofilia e stupro e risarcendolo dall’ingiusta detenzione di più di un anno di carcere, a dimostrazione della sua innocenza stabilita non da noi ma dalla Legge. Siamo sgomenti per l’evidente disinformazione di chi ci accusa di avere difeso e celebrato le sette sataniche, dal momento che abbiamo solo ripercorso fedelmente la mera vicenda giudiziaria. E ci nasce il legittimo sospetto che la signora Marri non sia stata presente alla serata, se no saprebbe anche che la lettera del ‘nonno di Federico’ (il bambino coinvolto in un’inchiesta il cui dibattimento processuale ha stabilito non esserci stato da parte di Dimitri alcun abuso su minore), è stata pubblicamente e volutamente letta durante la serata di Bo noir. La invitiamo per tanto a leggersi – come noi abbiamo fatto – le migliaia di atti giudiziari che riguardano il caso. Rimarchiamo che non è stato fatto alcun elogio del satanismo e che solo un certo senso dell’umorismo ci salva dal prendere sul serio questi assurdi attacchi. Se abbiamo deciso, dolorosamente e obiettivamente, di riparlare di questa vicenda, è perché abbiamo notato la disinformazione di chi crede o ha creduto che Marco Dimitri non fosse stato assolto da tutte le accuse.

Dalla rete: libri, realtà e soccorsi continentali

Standard
  • Giuseppe Genna, De Cataldo: Nelle Mani Giuste

    Avendo voluto narrare trasvolante quel segmento iniziale dei Novanta, so quanto deve essere stato difficile per De Cataldo comporre un disegno, recuperare informazioni che non fossero superficiali e cronachistici articoli di giornale, carte giudiziarie che non possono mai coincidere con la verità.

  • Viviana Vivarelli, Criminalità finanziaria, criminalità mafiosa

    In queste condizioni è proprio impensabile votare ancora per uno come B che ha già dato abbondante appoggio alla mafia ma è anche impensabile che altri schieramenti non diano garanzie a proposito.

  • Uzodinma Iweala, Stop Trying To ‘Save’ Africa

    This is the West’s new image of itself: a sexy, politically active generation whose preferred means of spreading the word are magazine spreads with celebrities pictured in the foreground, forlorn Africans in the back. Never mind that the stars sent to bring succor to the natives often are, willingly, as emaciated as those they want to help.

Perkins e la storia segreta dell’impero americano

Standard

The Secret History of the American EmpireJohn Perkins, autore del libro Confessioni di un sicario dell’economia, autobiografia di un analista finanziario che racconta come controllare paesi e aree strategiche attraverso il debito con l’estero e previsioni tendenzialmente falsate, ha da poco pubblicato The Secret History of the American Empire:

Perkins zeroes in on hot spots around the world, and drawing on interviews with other Hit Men, Jackals, reporters, government officials, and activists, examines the current geopolitical crisis. Instability is the norm—it’s clear that the world we’ve created is dangerous and no longer sustainable. How did we get here? Who’s responsible? What good have we done and at what cost? And what can we do to change things for the next generations? Addressing these questions and more, Perkins reveals the secret history behind the events that have defined our world, including:

  • The current Latin American Revolution and its lessons for democracy
  • How the “Defeats” in Vietnam and Iraq benefited big business
  • The role of Israel as Fortress America in the Middle East
  • Tragic repercussions of the IMF’s “Asian Economic Collapse”
  • US blunders in Tibet, Congo, Lebanon, and Venezuela
  • Jackal (CIA operatives) forays to assassinate democratic presidents

From the U.S. military in Iraq to infrastructure development in Indonesia, from Peace Corps volunteers in Africa to Jackals in the Indian Ocean, Perkins exposes a conspiracy of corruption that has fueled instability and anti-Americanism around the globe. Alarming yet hopeful, this book provides a compassionate plan to re-imagine our world.

La notizia della pubblicazione in lingua originale la dà Information Guerrilla e sarebbe interessante sapere se Minimum Fax, l’editore del precendente volume in italiano, o qualcun altro ha già acquisito i diritti per la traduzione.

Diritto d’autore: la durata ottimale non va oltre i 14 anni

Standard

La durata ottimale del diritto d’autore non deve andare oltre i quattordici anni, secondo Forever Minus a Day? Some Theory and Empirics of Optimal Copyright, uno studio presentato nei giorni scorsi a Berlino. L’analisi, scandita da teoremi, equazioni e concetti econometrici, è stata condotta da Rufus Pollock dell’università di Cambridge e nell’abstract si legge:

In the first, a parsimonious theoretical model is used to prove several novel propositions about the optimal level of protection. Specifically, we demonstrate that (a) optimal copyright falls as the costs of production go down (for example as a result of digitization) and that (b) the optimal level of copyright will, in general, fall over time. The second part of the paper focuses on the specific case of copyright term. Using a simple model we characterise optimal term as a function of a few key parameters. We estimate this function using a combination of new and existing data on recordings and books and find an optimal term of around fourteen years. This is substantially shorter than any current copyright term and implies that existing copyright terms are too long.

Si archivi la “piccola Ustica”

Standard

Ilaria Alpi e Miran HrovatinIlaria Alpi e Miran Hrovatin morirono insieme il 20 marzo 1994. Erano a Mogadiscio e il giorno successivo i contingenti inviati in Somalia per l’operazione Restore Hope avrebbero levato le tende da un paese in cui non avevano risolto niente, i signori della guerra continuavano a spararsi addosso e a sparare in giro e l’unico risultato raggiunto era stato quello di aver fatto registrare situazioni peggiori di quelle di partenza. Il futuro non sarebbe stato meglio e di recente si è parlato di un ritorno dei caschi blu da quelle parti.

I due giornalisti, però, non morirono semplicemente. Vennero raggiunti da una raffica di colpi d’arma da fuoco sparata contro l’auto su cui viaggiavano. Erano appena rientrati da Bosaso, erano passati in hotel giusto il tempo per una rapida sosta e una telefonata in Italia promettendo un servizio importante per l’edizione del Tg3 delle 19 ed erano ripartiti. Poche centinaia di metri dopo l’agguato. Si diedero molte versioni, per lo più infondate e successivamente smontate.

Si disse per esempio che era stato un tentativo di rapina senza che fossero rubati nemmeno gli orologi. Che era stata una ritorsione verso i militari italiani per le violenze che avrebbe denunciato qualche anno dopo un ex paracadutista. Oppure una ritorsione più generica verso i contingenti che presidiavano il paese. Si disse che erano state le forze armate italiane a recuperare i corpi quando le riprese della televisione svizzera facevano vedere che sul posto era giunto solo un faccenderie italiano trapiantato nel Corno d’Africa e in odor di affari spionistici. Si disse che era meglio portare le salme al porto di Mogadiscio piuttosto che in zone sicure più vicine e che meglio era anche guidare attraversando una terra di nessuno in cui poteva accadere di tutto. Si disse che gli elicotteri italiani arrivarono in ritardo perché impegnati in missione mentre il giorno prima quegli stessi elicotteri erano stati usati per trasportare i partecipanti a un torneo di tennis interforze. Si disse che le celle frigorifere di un’azienda privata americana erano più indicate rispetto a quelle (del tutto vuote) dell’incrociatore italiano su cui vennero trasportate le spoglie.

Continue reading