Sulla questione V-Day ne lo letto parecchio in questi giorni e ripropongo qui un commento a un post di Lele sull’argomento. Qualche riflessione partendo comunque dal fatto che Lele, così come altri, ha ragione nel sostenere che Grillo non vive la rete, ma la usa (il che di per sé non è una grave accusa, a mio avviso). Ad ogni modo, a Bologna non c’ero sabato scorso, ho visto alcuni video che sono circolati in rete. E una cosa mi ha colpito: sentire termini come “Creative Commons, copyleft, software libero e open source” usati correttamente (mica frequente) e contestualizzati altrettanto correttamente all’interno di discorsi su propulsione della creatività, sostegno alla crescita dell’economia dell’immateriale e risparmio sulle licenze sul software a titolo di reinvestimento in loco. Ecco, questo non è un discorso qualunque (né qualunquista). E non lo è nemmeno citare nome per nome per esempio i parlamentari con sentenze passate in giudicato: lo sarebbe dire “sono tutti ladri” senza distinzione (cosa che peraltro, se non ricordo male, Grillo faceva appena prima di iniziare a fare la lista della spesa a Craxi alla fine degli Anni Ottanta).
Di certo, questi punti non renderebbero minore il biasimo per eventuali notizie distorte – se così sono state davvero – dal comico genovese a proposito dei residui di metalli pesanti su alimenti a causa delle emissioni degli inceneritori. O eventuali altri usi strumentali di informazioni specifiche che possono essere stati fatti [1]. Probabilmente chi la rete la vive, può avere qualche strumento in più per raccapezzarsi meglio. Detto questo, mi fanno specie poi prese di posizione come “non devono esistere i partiti”, che ricorda molto il Ventennio. O come il latrato contro il blog di Mastella che sarà pure un blog poverino e gestito male e senza troppa cognizione di causa, ma mi sembra gratuito come attacco. O ancora lo turpiloquio infiammante e la scontata parodia di Prodi e di Sircana quando Grillo racconta del loro incontro a Palazzo Chigi.
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