“Breve storia dello Stato d’Israele” di Claudio Vercelli

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Breve storia dello Stato d'Israele di Claudio VercelliClaudio Vercelli, oltre a essere un amico, è anche uno di quegli storici che analizzano con attenzione ciò che accade in un determinato periodo e sanno andare molto oltre la semplice compilazione cronologica dei fatti e la consultazione della documentazione ufficiale. Dopo aver pubblicato da queste parti le sue considerazioni sul libro L’accusa del sangue – La macchina mitologica antisemita, segnalo volentieri che è in uscita per Carocci Editore Breve storia dello Stato d’Israele – 1948-2008:

La comprensione delle dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali che sono parte attiva nell’evoluzione del Medio Oriente contemporaneo richiede lo studio della storia di quanti ne sono protagonisti. Fin dalla sua nascita lo Stato d’Israele ha costituito un soggetto di primaria rilevanza nella definizione dei mutevoli equilibri del quadro regionale. Tuttavia, scarsa è la conoscenza che si ha delle vicende che sono alla sua origine, nel 1948, e dei successivi sviluppi, fino ai giorni nostri. La fisionomia culturale propria del paese, la sua mutevole composizione sociale, la storia politica ma anche l’evoluzione dell’economia nazionale sono frequentemente omesse nella formulazione di un giudizio sul suo ruolo, soprattutto in rapporto al perdurante confronto con i palestinesi. Intenzione di queste pagine è quindi quella di focalizzare l’attenzione dei lettori sulle peculiarità dello Stato e sulle specificità della società israeliana, offrendo alcune sintetiche chiavi di lettura a beneficio di quanti vogliano meglio cogliere il suo ruolo partendo dalla definizione della sua natura storica.

Per chi volesse leggere qualcosa in rete di Claudio, è disponibile Tanti olocausti (Editrice La Giuntina, 2005).

Voglio scendere: “Camicia nera, fedina pure”

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Los Siete - Foto di sweet lil' bunnySembra incredibile doverlo dire, ma è comprensibile l’imbarazzo di AN per la candidatura di Giuseppe Ciarrapico voluta dall’aspirante premier della coalizione di centro-destra. Marco Travaglio, sul blog Voglio Scendere, scrive Camicia nera, fedina pure e ricostruisce efficacemente un passato impresentabile per il magnate delle acque minerali che possiede anche quei quotidiani che fanno tanta gola al leader del Pdl. E prima di passare alla lettura del pezzo di Travaglio, qualche informazione a proposito dei rimborsi elettorali e del sistema per ottenerli.

Che sia fascista, lo dice pure lui. E sarebbe pure una cosa grave, se non fosse per la fedina penale, che è molto più nera della camicia nera. Giuseppe Ciarrapico in arte Ciarra, stando al casellario giudiziario, vanta una collezione di condanne, arresti, rinvii a giudizio, prescrizioni e processi in corso da non temere rivali. Le condanne definitive, confermate dalla Cassazione, sono quattro, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione fallimentare, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla truffa pluriaggravata, ma potrebbero presto aumentare: in primo grado, il camerata pregiudicato è stato di recente condannato per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni in una delle sue cliniche. Insomma il Cavaliere è stato di parola. Aveva promesso di non candidare “supposti autori di reati”: infatti candida quelli sicuri.
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Guadagnucci: “Bolzaneto, luglio 2001: un caso di tortura”

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(Aggiornamento del 18 marzo: Le violenze impunite del lager Bolzaneto e “Io, l’infame della caserma che ha denunciato quelle torture” di Giuseppe D’Avanzo.)

Carta ha pubblicato ieri l’articolo che riporto sotto firmato dal giornalista Lorenzo Guadagnucci, autore del libro Noi della Diaz, sei anni dopo (a cui è collegato l’omonimo blog), di recente uscito in versione aggiornata per i tipi di Altreconomia – Terre di mezzo, che ha dato alle stampe anche Distratti dalla libertà. Napoli, Genova, Cosenza, Milano. E se accadesse di nuovo? Senza troppi spazi ai malintesi, il pezzo si intitola Bolzaneto, luglio 2001: un caso di tortura e fa riferimento alla richiesta di condanna contro chi inflisse violenze ai manifestanti fermati.

Il processo di Bolzaneto offre un eccellente spaccato sullo stato di salute della democrazia italiana. Stamani in tribunale a Genova i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno chiesto pene per 76 anni a carico di 44 imputati [su 45] accusati di vari reati per i cosidetti fatti di Bolzaneto, avvenuti durante il G8 del 2001, ma hanno soprattutto spiegato che in quei giorni, in una caserma della polizia repubblicana, si praticò la tortura. I pm hanno riscontrato «almeno quattro» delle cinque tecniche di interrogatorio che la Corte Europea definì «trattamenti inumani e degradanti» quando si pronunciò sulla repressione, da parte delle autorità britanniche, di tumulti e proteste nell’Irlanda del Nord negli anni settanta.

Ma poiché l’Italia è un paese molto speciale e non ha una legge ad hoc sulla tortura–unico fra i 15 paesi che formano il «nucleo centrale» dell’Unione europea–i pm non hanno potuto trattare il caso Bolzaneto come sarebbe stato necessario, appunto come un caso di tortura. Perciò l’imputato con la richiesta di pena più alta, l’ispettore Antonio Gugliotta, rischia 5 anni, 8 mesi e 5 giorni per abuso di ufficio e abuso di autorità sui detenuti. Perciò Alessandro Perugini, all’epoca vice capo della Digos genovese, rischia 3 anni e 6 mesi per gli stessi reati. Perugini–fra parentesi–è lo stesso funzionario imputato in un altro «famoso» processo, relativo all’arresto e al pestaggio di un minorenne: un notissimo video ritrae il funzionario–vestito con un’indimenticabile maglietta color giallo canarino–mentre sferra un calcio in faccia al ragazzo, inginocchiato, circondato dagli agenti e col volto già tumefatto. Comunque sia Gugliotta, Perugini e tutti gli altri non rischiano niente. Anche se venissero condannati dal tribunale, nel gennaio 2009 scatterà la prescrizione e la giustizia–se vogliamo ancora chiamarla così–avrà fatto il suo corso con un nulla di fatto.
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Autobiografia di un picchiatore fascista: percorso di vita dalla strada al carcere

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Autobiografia di un picchiatore fascista di Giulio SaliernoPresi il fagotto e lo rimisi in cella. La guardia mi fissava sorpresa.
– Che fai?
– Resto.

Giulio Salierno è un pezzo del pensiero sociologico e delle teorie marxiste italiane. Scomparso nel febbraio 2006 a settantun anni, non deve però la sua formazione (solo) agli studi. Quelli vennero dopo insieme alla consapevolezza che libri, cultura e conoscenza erano strumenti indispensabili per evolversi e dare forma, forse, alle proprie idee di rivoluzione o, quanto meno, di riforma. Il suo banco di scuola, il primo, deriva da esperienze di vita: quelle vissute all’inizio nelle formazioni giovani del Movimento sociale italiano e poi in carcere. Autobiografia di un picchiatore fascista, libro uscito per la prima volta nel 1976, racconta proprio di quel banco di scuola. Ed è il documento autentico di un percorso giovanile scandito da un entusiasmo fatto di rabbia, violenza, ribellione, giocato per le strade di una Roma che poco aveva da invidiare alle sommosse che dalla fine degli Anni Sessanta e soprattutto nel decennio successivo hanno scandito quotidianità e ordine pubblico. Il giovane Giulio, fascitello di borgata cresciuto in una famiglia di caduti al fronte e nostalgiche memorie del Ventennio, inizia a frequentare la sezione di Colle Oppio e lì si distingue subito per la determinazione con cui organizza le fila giovanili del partito e per l’ardimento con cui, in piazza, affronta la celere e i rossi.

E ancora la palestra, il pugilato, le scorribande notturne, i campi di addestramento fatti con gli anziani che avevano vissuto la guerra. Ma anche l’incontro con un giovane Pino Rauti, ancora lontano dalle manovre nere successive ma già chiaramente indirizzato verso un futuro di fascismo e terrore, con Julius Evola e il suo rifiuto del fascismo sociale, e con Giorgio Almirante, che pur moderato sapeva riscuotere le simpatie degli estremisti in erba. Poi il ritorno sempre lì, alla violenza, come unica valvola per cambiare un mondo che non piaceva. Salierno, in quegli anni, pensa che sparare – o ancor meglio collocare ordigni esplosivi – sia la strada per affrancarsi da un sistema nato da pochi anni ma già malato. E allora non si dà limiti, non si dà regole, se non quella di picchiare più forte degli altri, incutere timore e raccogliere consensi.
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Jasmina Tesanovic e il processo agli scorpioni

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Processo agli Scorpioni di Jasmina TesanovicFinora Jasmina Tesanovic, già citata più volte, era stata tradotta solo una volta in italiano. Era il 2000 e il libro si intitolava Normalità. Operetta morale di un’idiota politica (Fandango Libri). Forse, per leggere qualcos’altro di tradotto dell’attivista politica serba, occorreva una piccola e nuova casa editrice, le Edizioni XII, che a giorni inizierà a distribuire Processo agli Scorpioni:

cronaca del processo alla banda degli “Skorpion”, gruppo paramilitare serbo macchiatosi di terribili crimini di guerra durante la guerra del Kosovo, tristemente famosi per essere i protagonisti di un video – che ha fatto il giro di Internet – in cui sei prigionieri civili e quasi tutti minorenni vengono giustiziati a sangue freddo dopo essere stati malmenati e insultati.

Qui è possibile vedere un recente intervento dell’autrice balcanica alla LIFT08 di Ginevra mentre la prefazione del libro è stata scritta dal giornalista Luca Rastello, che di quell’area geografica e delle sue traversie già si era occupato. In ultimo, per chi fosse in zona, la presentazione del volume è in programma per il prossimo 20 marzo a Torino, presso la Scuola Holden. Il 12 marzo, invece, si parlerà del libro a Tempi Dispari su Rainews24.

Santanta: “Pavoni e poveracci che stanno morendo di paura”

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Santanta di Danilo AronaCome Danilo Arona faccia a trovare il tempo di scrivere tutto quello che scrive me lo chiedo spesso. Fatto sta che, perfetta organizzazione del tempo o diabolici patti che racconta nei suoi libri, da Perdisa Editore mi è arrivato Santanta, più recente fatica dello scrittore alessandrino (o bassavillese):

È impossibile stare a letto in una notte del genere. Apro la porta ed esco. La sabbia scagliata a tutta velocità provoca dolore, soprattutto sotto le ascelle. Ed è una sabbia che sa di cenere. Nel vento si sentono urla stridule che provengono da un oliveto in alto, oltre la litoranea: pavoni, poveracci, che stanno morendo di paura. E un luccicchio sinistro mi saluta dalla casa vicina. Anche lei, tanto per cambiare, non dorme. E, tanto per cambiare, sta brandendo quella sua maledetta lama con la quale un giorno o l’altro provocherà un casino.

Insomma, quanto prima si passerà alla lettura. E, in ultimo (ma non ultimo), il libro sta dentro la collana Perdisa Pop diretta da Luigi Bernardi.

Misteri d’Italia: Genova, le impunità e le promozioni

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Dalla newsletter del 7 marzo di Misteri d’Italia:

  • Carriere di stato / 1 – Gli uomini del G8? Tutti promossi:

    È questo tema delle promozioni ciò che nel dopo Genova 2001 più solleva indignazione. Innanzitutto perché ribadisce che il nostro è il Paese dell’impunità: a sette anni da quei fatti l’unica condanna riguarda i no global. In secondo luogo perché quelle promozioni sanciscono il diritto alla violenza e al sopruso di quelle che dovrebbero essere le forze dell’ordine. Grazie al prezioso lavoro di Enrica Bartesaghi, del Comitato Verità e Giustizia per Genova, ora abbiamo la ricostruzione completa delle brillanti carriere dei poliziotti inquisiti per Genova. La semplice lettura dell’elenco è un colpo allo stomaco.

  • Articolo scritto da Anubi D’Avossa Lussurgiu su Liberazione del 28 febbraio 2008, Carriere di stato / 2 – Guidò il massacro a Napoli e adesso è numero 2 della polizia:

    Ci sono notizie che, in Italia, non sono notizie. Il 22 scorso è stato il giorno di una di queste: la nomina del nuovo vice direttore generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie. Il nuovo numero 2 della polizia di Stato. Una nomina decisa e firmata dal ministro competente, il titolare del dicastero dell’Interno del governo Prodi dimissionario, Giuliano Amato. La nomina è avvenuta, come di prammatica, su indicazione del capo della Polizia in carica, Antonio Manganelli. Ed è avvenuta giocoforza, perché sino a quel giorno l’incarico di vicecapo vicario era stato svolto dal prefetto Luigi De Sena: nel frattempo pensionatosi, per candidarsi capolista in Calabria per il Pd alle prossime elezioni politiche. Il successore così nominato è Nicola Izzo.

Megachip: appello per una informazione libera

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MegachipSul sito di Megachip, associazione fondata da Giulietto Chiesa nel 2002 per la difesa della democrazia nella comunicazione, viene pubblicato Canale Zero – Appello per una informazione libera per creare e promuovere “strumenti di comunicazione di massa” con cui arrivare a una nuova voce nel panorama italiano. Ecco di seguito il testo completo dell’appello:

Cari amici e amiche, compagne e compagni di un’Italia che non si arrende. Lo sfacelo della situazione e della classe politica e una vera e propria emergenza democratica impongono di rompere indugi e timidezze, divisioni e recriminazioni.

Dobbiamo, in primo luogo, difenderci. E possiamo contr’attaccare.
Per farlo è ormai indispensabile dotarci di strumenti di comunicazione di massa che realizzino un’informazione democratica e che ingaggino una battaglia per la difesa della democrazia e del Bene Comune.

Noi riteniamo che milioni di persone, in Italia, aspettino questa proposta e siano pronti a sostenerla.
Ma farla richiede un impegno finanziario non indifferente. Non vi sono partiti, sindacati, imprenditori disposti a finanziarla. Se vi fossero vorrebbero controllarla. Cioè non servirebbe allo scopo. Quindi dobbiamo fare per conto nostro. Ciascuno di noi, di voi, diventi editore e protagonista.
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I crimini di guerra dimenticati e la loro eredità

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Su Information Guerrilla (che in questi giorni sta pubblicando materiale parecchio interessante), viene segnalato il documentario Fascist Legacy – L’eredità del fascismo, girato da Ken Kirby e presentato con queste parole:

Fascist Legacy è un documentario della BBC mandato in onda, in Inghilterra, nel 1989. Racconta la storia dei crimini commessi dagli italiani all’estero durante il fascismo e nel corso della seconda guerra mondiale. Il nostro paese è tra quelli meno abituati a fare i conti con il suo passato coloniale e bellico, nonostante questo sia segnato da ogni genere di atrocità. Guarda il documentario in italiano su Google Video.

Qui una recensione uscita nel 2003 sul Guardian, “Italy’s bloody secret”, mentre qui una scheda curata dallo spazio di documentazione Nexus di Milano.

Infine, sempre in tema di video, ma questa volta si parla di FBI, maccartismo, mafia e spionaggio, ieri Mario La Ferla è stato a presentare il suo Compagna Marilyn (di cui si era parlato poco tempo fa) da Corrado Augias durane Le storie delle 12.45. Per vedere cosa si è detto, qui è disponibile la registrazione.

Lagostena Bassi: “Io accusatore di un certo modo di processare”

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[youtube ojaACZr3yD8]

Via Sorelle d’Italia, Tina Lagostena Bassi:

Se la donna viene trasformata in un’imputata, si ottiene che non si facciano denunce per violenza carnale. Una donna ha diritto di essere quello che vuole, senza bisogno di difensore, e io non sono difensore della donna, io sono l’accusatore di un certo modo di fare i processi per violenza, ed è una cosa diversa… Tutto si cerca di sporcare.

Qui qualche precedente considerazione a proposito della legge contro la violenza sulle donne.