Information Guerrilla: «Noi, guerriglieri dell’informazione»

Standard

Information Guerrilla

Il pezzo che segue lo ha diffuso Roberto Vignoli ed è stato scritto da Roberto Laghi a proposito dei dossieraggi effettuati dalla coppia Pollari-Pompa ai danni di una serie di professionisti e organi d’informazione. Nel caso specifico, si tratta di Information Guerrilla. A latere – ma neanche più di tanto – risultano efficaci anche due articoli scritti da Giuseppe Genna per Carmilla: Le expertise di Luttwak e Luttwak, la voce del padrone. Buona lettura.

Dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano sull’attacco di Luttwak a Informationguerrilla [http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2415191&title=2415191], per chi volesse sapere qualcosa in più sul sito d’informazione alternativa da me curato dal 2002 al 2007, pubblico un articolo inedito (scritto per il numero zero di una rivista poi abortita) dell’amico e braccio destro “infoguerrigliero” Roberto Laghi. Dedicato a tutti i collaboratori e lettori di Information Guerrilla. Che, prima o poi, come la fenice, chissà che non risorga dalle sue ceneri.
rv

Noi, guerriglieri dell’informazione
di Roberto Laghi

Non si inizia mai da zero. Non si dà nessun post- senza alcun pre- (nonostante, come cantavano i CCCP, “qualcuno è post senza essere mai stato niente”). E poiché in questo spazio vogliamo parlare di informazione dal basso in rete, è necessario fare un passo indietro per dare conto dei suoi momenti importanti, fondativi. Raccontare lo scenario di oggi presuppone la conoscenza di ciò che era ieri, con la consapevolezza dell’evoluzione degli strumenti di comunicazione e partecipazione. Implica una riflessione sull’importanza della memoria – conoscenza di contesti e percorsi oltre che di fatti -, tensione personale che va a innestarsi su un tessuto civile collettivo in grado di mantenere il ricordo e di collegarlo al presente. Questo articolo parla di un sito, un importante punto di riferimento per la rete dal 2001 in avanti.
Continue reading

Un incidente provocato da “cause non accertate”

Standard

Foto di Terry MunDi questa vicenda ne parlano l’ex radicale Massimo Teodori e la commissione d’inchiesta sulla P2, di cui Teodori ha fatto parte. Ma ogni tanto viene ripresa anche altrove. Come ha fatto qualche tempo fa Avvenimenti Italiani attraverso il maresciallo di artiglieria Paolo Messina e il giornalista Michele Gambino, o lo scrittore Giuseppe Genna con il suo romanzo Dies Irae, oltre ai giornalisti e agli storici che si sono occupati dei fattacci più recenti della Prima Repubblica. È la storia di Salvatore Florio, un colonnello della guardia di finanza morto con il suo autista il 26 luglio 1978 in un incidente stradale provocato “da cause non accertate”. Così si scrisse sulle relazioni di servizio, ma Miriam Florio, la moglie da cui l’ufficiale ha avuto due figli, ha sempre cercato di dire che, forse, non proprio di fatto accidentale si trattava.

Se capita di non voler accettare la morte improvvisa e fortuita di un congiunto e di voler per forza cercare motivazioni che risiedono altrove, a far riflettere su questa vicenda dovrebbero essere i trascorsi del colonnello. Catanese d’origine, quando muore non ha nemmeno sessant’anni e il suo nome è legato a inchieste di peso tutt’altro che marginale, come quelle sulla loggia P2 di Licio Gelli (i cui dossier però finiranno per inabissarsi e riemergere solo dopo le perquisizioni aretine del 1981), lo scandalo dei petroli e il fascicolo M.Fo.Biali, progetto che prevedeva forti legami tra un faccendiere romano, Mario Foligni, e la Libia di Muammar Gheddafi per la creazione di un fronte politico che si opponesse alla Democrazia cristiana. Ma in tutto questo di non secondario scenario è il lavoro che conduceva l’agenzia OP di Mino Pecorelli.
Continue reading

“Voi scrivete con le parole, loro con tv, stragi e cemento”

Standard

Giorgo Vasta, Giuseppe Genna e Ascanio Celestiniracconta quest’ultimo – partono per il Belgio dove sono invitati a presentare un’antologia che raccoglie racconti sull’Italia del futuro. Ma nel corso dell’evento l’argomento vira e l’Italia del presente o del suo recentissimo passato – tra P2, premier ex piduisti, controllo dell’informazione e dei media – finisce per diventare tema di discussione. Un reportage in forma di breve monologo, di narrazione sorpresa e ironica, come spesso accade quando a parlare o a scrivere è Celestini. Che aggiunge nelle sue righe:

Me lo spiega un signore che in Belgio ci vive dalla fine degli anni ’70, che il futuro del nostro paese di allora se l’è vissuto tutto all’estero. “Gli scrittori scrivono con le parole, mentre loro hanno scritto coi giornali e la televisione, con le stragi e il cemento. Voi immaginate il futuro, loro lo costruiscono”. Prendo il taxi e torno all’aeroporto. “Sei italiano” mi dice il barbuto guidatore. Se n’è accorto e non ho manco aperto bocca. Forse se n’è accorto proprio per quello. Forse anche noi siamo come le compagnie aeree, ce l’abbiamo scritto sulla coda da dove veniamo, a chi apparteniamo.

Genna: il racconto della storia e chi la racconta

Standard

Un altro modo di raccontare l’Italia e la sua storia, quella che propone Giuseppe Genna con questo video collegato a Italia de profundis di cui si parlava poco tempo fa. Se na sta discutendo sul blog dell’autore che presenta questo “collage” come una videomeditazione. E in effetti così è, con un’avvertenza:

qui nulla è ironico, neppure quando appaiono cose o battute o sospensioni che farebbero sorridere. In calce al filmato, specifico provenienza e natura delle immagini e delle parole di questo video. La cui natura è essenzialmente interrogativa. Alcune domande: come si può raccontare la storia italiana? Raccontandola, persona e personaggio che rapporti hanno? Fondamentalmente, se si vuole narrare la storia d’Italia, si vuole proprio raccontarla? Chi sarebbe quello lì che la racconta? Nessuna risposta, se non un azzardo, che metà filosofia ha formulato: la storia non siamo noi, noi siamo i sogni, che si avverino o meno.

Genna e Salierno: due libri a breve in libreria

Standard

Italia De Profundis di Giuseppe GennaEdito da Minimux Fax, sta per uscire il nuovo libro di Giuseppe Genna, Italia De Profundis, con relativo sito:

È il Paese che non c’è più. È il Paese più all’avanguardia del mondo occidentale, la sua punta di zircone, poiché si sta sporgendo per primo in una selva di istanze antiumane che preludono a un rovesciamento totale e impensabile dello stato del regno umano sul pianeta. È la propaggine del Drive In, la nazione che non risolve i propri nodi che riguardano il passato o il presente. È lo Stivale che ha pestato la cacca e ne ha subìto il contagio. È la congerie qualunquista, giacobina, teleschermizzata, priva di empatia. È una non-comunità che andrebbe sottoposta a una terapia: di umanismo, non dello hitlerismo sotto false spoglie che continua ad autopropinarsi senza rendersene conto. È lo Stato privo di politica perché si è fottuta l’idea stessa della pietà, dell’amore, dell’alterità. È il carcere geriatrico dove si sono cristallizzate le generazioni, dove i padri non hanno passato la staffetta ai figli e dove i figli non hanno potuto contare su figure generosamente magistrali. Paradossalmente, questo stato di cose induce una generazione (la mia) a uno sviluppo apparentemente tardivo ma violentissimo, che, quanto alla letteratura, opera nella “lingua morta” – la più letteraria e antica di quelle moderne. Il Boomerang lanciato dal Boom dei Sessanta sta tornando indietro. Credo che l’Italia esprima la letteratura più all’avanguardia dei Paesi industrializzati. Il suo contesto incivile implica una resistenza attiva, inventiva, una guerriglia umanistica che sta facendo vedere sintomi esaltanti per me, deprimenti e pericolosi per molti altri

Inoltre, visitando il sito di Minimux Fax, vedo che sta uscendo, in una nuova edizione a trent’anni di distanza dalla prima, un altro – grandissimo – libro, Autobiografia di un picchiatore fascista scritto da Giulio Salierno e di cui si era parlato qualche mese fa.

Gli anni del disonore che non sono ancora finiti

Standard

Gli anni del disonore di Mariano Guarino e Fedora RaugeiPer una strana coincidenza, mi trovo ad aver concluso Gli anni del disonore di Mariano Guarino e Fedora Raugei proprio mentre sta circolando una notizia che definire curiosa è usare un tenue eufemismo: Licio Gelli, il venerabile maestro della loggia massonica P2, va in televisione a raccontare la storia d’Italia, a iniziare dal periodo fascista. Il primo accenno che trovo della novità è sul blog di Giuseppe Genna: ha pubblicato qualche giorno fa un post su un lolitesco telefilm prodotto dalla Disney con relative considerazioni su un certo tipo di società. Dato appunto però che tra la pubblicazione e la mia lettura è trascorso qualche giorno, c’è anche qualche decina di commenti da spulciare, non di rado sagaci anche questi. Fino a quando arrivo in fondo e, sempre dalla tastiera del Miserabile Scrittore, esce un’informazione di cui riporto solo uno stralcio:

Licio Gelli debutta in tv. Avrà un programma tutto suo […]. Un approdo singolare se si pensa che uno degli obiettivi principali della P2, almeno in base a quanto è stato accertato dalla magistratura, era il controllo o una presenza significativa nel mondo dei media. Così, se personalmente Licio Gelli, non è riuscito, se non in una fase breve della sua storia, in cui la P2 indirettamente controllava l’azionariato del Corriere, ora la tv prova a farla in prima persona.

All’inizio penso a uno scherzo, a un divertissement di Giuseppe per gettare zizzania o per stimolare qualche surreale dibattito. Ma è verosimile sparare in modo così blissettiano? Anche sì, ma già bastavano le sue salaci righe sulla fiction americana per sbizzarrire l’ironia dei suoi lettori. No, il debutto sul piccolo schermo di Gelli non è una battuta. E allora ripenso alle pagine di Gli anni del disonore, le metto mentalmente a confronto con gli atti della commissione sulla P2 presieduta da Tina Anselmi, recupero memoria dei fatti in cui il leader massonico è rimasto coinvolto e mi chiedo come sia possibile. Scrive in proposito Maso Notarianni, direttore di Peace Reporter, nel suo Ma questo è un paese normale?:
Continue reading