5 maggio 1972, il disastro di Montagna Longa: una strage negli anni della strategia della tensione

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Il disastro di Montagna Longa

Sono trascorsi 46 anni da quando, alle 22.24 del 5 maggio 1972, un aereo, un Dc8 Alitalia AZ 112 partito da Roma con 30 minuti di ritardo, in fase di atterraggio all’aeroporto palermitano di Punta Raisi, si schiantò su un costone di roccia tra Cinisi e Carini. Questo evento viene ricordato come il disastro di Montagna Longa, dal nome delle alture a ridosso dello scalo siciliano, e 115 furono le vittime, tra passeggeri e membri dell’equipaggio.

Per la giustizia – che ci mise dodici anni per pronunciarsi – si tratta del bilancio di un errore umano commesso dal comandante Roberto Bartoli, che a Palermo era atterrato 57 volte, e dal primo ufficiale Bruno Dini. Secondo la versione della magistratura, scambiarono il radiofaro dell’aeroporto con quello posto dieci miglia più a sud, su Monte Gradara.

Non dissimile l’esito dell’inchiesta ministeriale, che arrivò a conclusione in tempi da record, dodici giorni: sciagura, in una serata mite e serena, e nessun evento esterno – come un ordigno esplosivo o una collisione in volo – a determinare il disastro, il più grave dell’aviazione civile nell’Italia del dopoguerra fino a quello di Linate, avvenuto l’8 ottobre 2001 e che costò la vita a 118 persone. Detto ciò, sulla strage di Montagna Longa i dubbi non si sono mai dissolti. Non è accaduto per i familiari delle vittime che, di recente, si sono rivolti alla procura generale di Catania perché avochi l’indagine. Rappresentati dall’avvocato Giovanni Di Benedetto, i parenti lo hanno fatto dopo l’ennesimo no alla riapertura con annessa richiesta di riesumazione dei corpi delle vittime.
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