Piazza Fontana, la trama ed il sangue

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Foto di AuroraTrentotto anni fa esplodeva una bomba abbandonata in un istituto di credito milanese. Era la Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana e quel giorno l’Italia perse l’innocenza, per parafrasare il sottotitolo di un libro di Giorgio Boatti su quell’attentato, entrando definitivamente negli Anni di Piombo. Altra Catanzaro, sito intitolato alla città calabrese presso si celebrò il primo processo che condannò Freda e gli altri responsabili della strage, ricorda questa ricorrenza con un articolo, Piazza Fontana, la trama ed il sangue, dello stesso Giorgio che, non si dimentichi nemmeno questo, passò non pochi guai per il suo Piazza Fontana – 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta. Infine, prima di passare all’articolo, utile da leggere è Le carte di Piazza Fontana: un appello.

Forse l’unico modo per comprendere davvero la “strage di Piazza Fontana” – comprendere nel senso letterale del prendere con sé, non consentendo la rimozione che l’espelle dalla memoria, dunque dalla storia civile del Paese, oppure la deforma e la riduce a data, a tappa nella cronologia italiana, a lacrimuccia di commozione che non afferra nulla e lascia scivolare tutto – è di considerarla come fosse la trama di una spy story, il plot narrativo elaborato da uno scrittore di genere (noir, political thriller). Oppure una di quelle simulazioni con cui gli Stati Maggiori pensano di dribblare il futuro interrogandolo in tutte le sue possibili concatenazioni e dunque elaborando mosse e contromosse, rigorosamente realistiche, per governare ciò che sarà.

Per procedere in questo modo bisognerà ovviamente pagare scotto, compiere un piccolo acrificio. Occorrerà ridurre ciò che è accaduto – i morti e il sangue, il dolore dei feriti e la pena senza fine delle famiglie colpite – a piccola cosa, a quella decina di righe con cui la strage viene riassunta nei manuali e nelle cronologie della storia recente del Paese. Lì si legge come il 12 dicembre 1969 “Alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, una bomba provoca la morte di 17 persone e il ferimento di 88. A Roma scoppiano bombe alla Banca Nazionale del Lavoro in via Veneto dove rimangono ferite 16 persone e alla tomba del Milite Ignoto”.

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Dalla rete: mazzieri, mazzati e sfide di bilanciamento

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  • Peter Gomez, Il progetto Mastella:

    Oggi il sottosegretario alla Difesa Marco Verzaschi è finito agli arresti domiciliari. La procura di Roma lo accusa di corruzione e concussione. Verzaschi fino al 2005 militava in Forza Italia ed era l’assessore alla Sanità della giunta regionale del Lazio guidata da Francesco Storace. Nel 2006, quando già si sapeva che era sotto inchiesta, Clemente Mastella lo aveva fatto entrare nell’Udeur e gli aveva dato una poltrona di sottosegretario. Seguendo un percorso analogo erano poi confluiti nel mini-partito del ministro della Giustizia, Alessandro Musco, un professore di letteratura medioevale amico del pentito di mafia Francesco Campanella, che pochi mesi dopo sarebbe stato condannato in primo grado per riciclaggio di tangenti, e il diessino Angelo Brancaccio, un consigliere regionale campano, indagato per corruzione e peculato, appena scarcerato dai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

  • The Economist, Cyberlawyer 2.0:

    As he prepares to embark upon his new campaign, Mr Lessig—whose conversation frequently sounds footnoted, so often does he credit the book or person who inspired the point he is making—is already examining the model used by organisations such as MAPLight.org and the Sunlight Foundation, both of which provide databases that enable American voters to see which groups fund particular politicians, what their voting records are, which companies they own shares in, and so on. These are good examples of how technology can promote transparency. “Technology will be a crucial part of solving this problem,” he says, because it “challenges the balance of power”.

9 maggio ’78: il giorno in cui il destino si è compiuto

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9 maggio '78Tre storie che si consumano nelle medesime ventiquattr’ore: l’omicidio di Peppino Impastato, il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani dopo un sequestro durato cinquantacinque giorni e il rientro in servizio di una giovanissima guardia di pubblica sicurezza che dalla Sicilia per la prima volta vola a Roma. Sono i tre cardini di 9 maggio ’78 di Carmelo Pecora (Editrice Zona), un libro che interpreta gli Anni di Piombo attraverso l’ottica privata di personaggi reali il cui destino si compie in modi differenti nello stesso arco temporale.

Se per i primi due si tratta di uno snodo definitivo, per il poliziotto – che è lo stesso Pecora, allora diciannovenne fresco di giuramento – è un giro di boa. Finisce forse quel giorno la sua vita precedente all’ingresso in polizia, scandita da cure materne e dalla sicura ma claustrofobica quotidianità senza percepibile futuro, e quella di chi si rende conto probabilmente per la prima volta (e in prima persona: la sua volante sarà la prima a intervenire in quella strada in cui viene lasciata la Renault 4 che custodisce nel bagagliaio il corpo del presidente del consiglio) di ciò che è stato il terrorismo e di quanto la lotta armata sia stata fallimentare proprio nel suo momento di massima visibilità. Al pari, da siciliano, la morte di Impastato, eroe che si ribella prima alla sua famiglia e poi al sistema criminale in cui vive da sempre, riflette sul significato di tutto il lavoro di quel ragazzo coraggioso e incosciente, su Radio Aut, sulla satira contro Tano Seduto e sulla possibilità (o sulla sua mancanza) di fare antimafia in terra di mafia.
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Internet, la televisione e i conflitti

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Giovedì sera non ho visto la puntata di Annozero (da poter riguardare comunque in rete dato che è stata pubblicata), ma il post La tv dei conflitti di Luca De Biase ne riassume i concetti cardine indicando nello specifico due passaggi interessanti:

Non ho capito. Ad Annozero hanno parlato tutta la sera di tv. Hanno anche tirato fuori un sacco di temi (conflitto di interessi, qualità dei programmi, rai, outsourcing dei programmi, giovani che lasciano la tv per internet…) e qualche notizia (lucia annunziata per esempio ha fatto vedere i fax delle nomine del mega-spoils-system dell’ultimo periodo del precedente governo. In più molta satira. Hanno letto i sunti-dei-sunti delle intercettazioni recentemente pubblicate da Repubblica. Ma hanno mescolato tutto in un pastone senza molto senso. (cfr. Silenzi).

[…]

Ma il piano era quasi perfetto. Hanno parlato anche di internet come un medium dove i giovani cercano e trovano cose molto più interessanti di quelle che offre la tv. Hanno ammesso che se continua così la tv resta il medium delle persone meno informate, meno colte, più sole, più povere… Hanno dichiarato insomma che la tv è in crisi strutturale. E hanno chiaramente dimostrato di non avere la più pallida idea di che cosa fare in merito.

A leggere qualcosa in giro, al pari delle idee, mancano forse anche le intenzioni.

Una voce dalla piazza delle donne

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Una Sorella d’Italia racconta il suo 24 novembre e torna a parlare delle polemiche con le esponenti politiche.

Forse non bisognava accettare l’adesione delle ministre. Non bisognava accettare l’adesione di tutta quella parte politica che aveva spalleggiato e legittimato il family day. E se è stato meraviglioso sentire dal camion dell’organizzazione che la piazza era nostra e non delle ministre non lo è altrettanto sapere che di tutto questo nelle fonti di informazione ufficiale non è passata neppure una riga (o quasi). E’ andata e fa rabbia sentirsi impotenti. Ieri ho letto i giornali. Hanno scritto di antipolitica e di incapacità di dialogo con le istituzioni. Eppure signora Pollastrini sabato noi parlavamo proprio. Non muovevamo soltanto la bocca. Il problema è che non ci ascoltava. Il problema è che non ascoltate mai e che fate esattamente quello che volete voi rispondendo ad esigenze che non somigliano neppure lontanamente a quelle espresse dalle donne. Noi facciamo politica. Voi ministre e onorevoli siete l’antipolitica perché la politica è quella bella cosa che accade anche (ma non solo perché fare rivendicazioni in piazza è già alta politica) quando ministre e onorevoli realizzano le istanze che vengono dai propri elettori e dalle proprie elettrici. Potete in tutta sincerità dire che questo avviene? Io direi proprio di no. Non solo. Non volete lasciarci neppure la piazza.

E inserisce il link ad alcune fotografie della manifestazione. Altre invece sono visibili qui.

Una fiction può condizionare un processo?

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Chi fosse Graziella Campagna, giustiziata dalla mafia ventidue anni fa, è storia poco nota. La sua vicenda avrebbe potuto essere più conosciuta, dato che era in già pronta una fiction che avrebbe dovuto raccontarla. Però la messa in onda è stata bloccata, come spiega Articolo 21. Perché?

Perché coincideva con l’udienza in Corte d’appello nel processo ai due mafiosi imputati dell’omicidio di Graziella Campagna […]. Paura della televisione, come se i giurati di un processo potessero essere influenzati da una ricostruzione televisiva su l’oggetto del loro giudizio: come se l’orrore di quell’omicidio potesse esser meglio rappresentato in Tv di quanto non si possa fare con dovizia di particolari in un’aula di corte d’Appello. Come se si volesse separare la giustizia dal mondo, dalla realtà.

Oggi, durante il dibattito Vedo, sento, parlo, si diceva che è un tribunale che si potrebbe far influenzare da immagini televisive – anche laddove si ricostruisse una storia non fedele alla realtà dei fatti (ma non si può sapere se sia così oppure il contrario) – non farebbe in ogni caso un lavoro corretto. Per sentire il resto degli interventi (su questo e su altri argomenti), la registrazione è disponibile qui.

Si veda anche il post di Peter Gomez Una farsa pericolosa.

Genova: storia di Arnaldo che per un fiore finisce in un mattatoio

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La legge dei figli - Antologia noir per i sessant'anni della costituzioneLa casa editrice padovana Meridiano Zero sta per pubblicare La legge dei figli – Antologia noir per i sessant’anni della costituzione. Particolarità del libro è che i testi sono stati scritti da magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine che raccontano il loro Paese. E anche i fatti di Genova fanno parte di quel Paese e vengono descritti da una cara amica, un’assistente capo della polizia di Stato, Simona Mammano, ideatrice (e colonna portante) del Premio Franco Fedeli. Di seguito ecco il racconto di Simona, una limpida narrazione su ciò che accadde all’interno della scuola Diaz, parole schiette che non indulgono sulle colpe e sui comportamenti illegali che gravano su chi indossa la stessa divisa che veste anche lei.

Un racconto che merita di essere letto proprio adesso, a poche ore dalla fine della manifestazione in cui si chiede giustizia contro le violenze subite nel luglio 2001, dalle dichiarazioni di Claudio Scajola, allora ministro dell’interno e ora presidente del Copaco, che si compiace della bocciatura della commissione d’inchiesta e in attesa che venga mantenuta la promessa e si giunga per una volta a una risposta trasparente in merito ai fatti di Arezzo.

Ecco il racconto di Simona, del quale prendo la nota dell’autrice in coda e la porto all’inizio:

Arnaldo Cestaro nonostante le operazioni subite, non ha riacquistato la completa funzionalità del braccio. Dedico a lui questo racconto.


“Voi andate, io torno domani, devo portare un fiore sulla tomba della figlia della vicina di casa, che è morta dieci anni fa. Dormo in stazione poi vado al cimitero e parto subito dopo. Non preoccupatevi per me”. Continue reading

Evangelisti su Carmilla: Romania fa rima con etnia?

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Per determinate segnalazioni, ormai passo quasi del tutto da Tumblr, ma merita un’evidenza a parte l’articolo comparso oggi su Carmilla, Romania fa rima con etnia?, di Valerio Evangelisti sulla presunta emergenza di cittadini romeni presenti in Italia. E considera giustamente Evangelisti:

Non si possono applicare loro, insomma, i consueti alibi che giustificano il razzismo dilagante in questa porcheria di paese: lo “scontro di civiltà”, la “lotta al terrorismo”, la differenza di culture, e via delirando. I rumeni si chiamano così proprio per l’impronta lasciata loro dall’annessione a Roma – ammesso che simili argomenti abbiano un senso. Anzi, quando l’impero romano era ormai scomparso, là se ne teneva vivo un brandello. Dico questo per prevenire le obiezioni delle canaglie fasciste, sempre pronte ad asservire la storia per giustificare i propri delitti. Non vi serve cercare Dna particolari. La Romania era ed è più latina di quanto non lo sia l’ipotetica “Padania”. Se siete fascisti, siatelo fino in fondo. Se siete “padani”, andate affanculo. Da bravi barbari, vi bevete l’acqua del dio fiume, con larve annesse.

Prosegue sottolineando come la sinistra al governo e il leader del partito democratico non è che si differenzino molto dai loro oppositori in parlamento. O che differenzino molto tra nazionalità e crimine:

A mia conoscenza, mai il governo degli Stati Uniti ha convocato diplomatici italiani per rinfacciare loro ciò che stavano facendo, in territorio americano, gli affiliati alla Mano Nera o a Cosa Nostra. Pescava i colpevoli, se ci riusciva, e li sbatteva in galera. Solo da noi si fa ricadere un crimine su un popolo intero, e si prende a pretesto un delitto per criminalizzare una nazionalità nel suo complesso.

E WuMing aggiunge sul numero di oggi di Giap:

Atmosfera da pogrom. Nel 1997 accadde qualcosa di molto simile con gli Albanesi – se non peggio, perché in quel caso non c’era nemmeno un omicidio con stupro a fare da detonatore, soltanto disperati che fuggivano in massa da un futuro di merda. Siamo andati a ripescare gli articoli di allora: governo Prodi, Veltroni vicepremier, fiumi di inchiostro sul popolo di sinistra che si scopre razzista e tutto sommato non diverso dall’elettorato della Lega Nord, un decreto xenofobo varato su pressione del centrodestra e condannato dalla comunità internazionale (in quel caso la possibilità, per la nostra Marina, di bloccare navi albanesi anche fuori dalle acque territoriali italiane), infine una strage (terribile, più di cento albanesi morti annegati nel canale d’Otranto, quasi certamente speronati da una nave italiana, caso immediatamente insabbiato e rimosso dalla coscienza collettiva).

Wikipedia in Francia non perseguibile per i suoi contenuti

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Ne parlano tanto male che sporgono querele, ma poi se le devono rimangiare. E magari pagare pure le spese processuali. Peccato che al momento tutto questo sia diventato giurisprudenza solo in Francia, ma è pur sempre un esempio a cui guardare con interesse. Perché qui, infatti, Wikipedia ha sfangato un’accusa di diffamazione e violazione della privacy rimbalzando al mittente anche le richieste di danni (69 mila euro). Ne parlano due articoli, di questo fatto: l’edizione britannica della Reuters con Wikipedia cleared in French defamation case e l’Inquirer.net con Wikipedia wins landmark privacy lawsuit in France.

In pratica, alcuni contenuti pubblicati sulla versione francese della più nota enciclopedia collaborativa e ritenuti offensivi non possono essere penalmente o civilmente addibitabili ai responsabili del server perché questi non hanno un ruolo di editor. Inoltre le politiche editoriali esistono, sono chiare e dunque – ancora – la loro violazione non è in carico a Wikipedia stessa. Esplicitamente ha dichiarato infatti Emmanuel Binoche. il giudice chiamato a pronunciarsi su questa vicenda:

Web site hosts cannot be liable under civil law because of information stored on them if they do not in fact know of their illicit nature.

Per chi volesse leggere altro in merito, trova diversi articoli sull’argomento.

E, seppur non direttamente, in qualche modo è collegato anche questo testo di Cory Doctorow, How Big Media’s Copyright Campaigns Threaten Internet Free Expression:

But the Internet is not cable television. Net-based hosting outfits — including YouTube, Flickr, Blogger, Scribd, and the Internet Archive — offer free publication venues to all comers, enabling anyone to publish anything. In 1998’s Digital Millennium Copyright Act, Congress considered the question of liability for these companies and decided to offer them a mixed deal: Hosting companies don’t need to hire a million lawyers to review every blog post before it goes live, but rights holders can order them to remove any infringing material from the Net just by sending them a notice that the material infringes.