9 maggio ’78: il giorno in cui il destino si è compiuto

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9 maggio '78Tre storie che si consumano nelle medesime ventiquattr’ore: l’omicidio di Peppino Impastato, il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani dopo un sequestro durato cinquantacinque giorni e il rientro in servizio di una giovanissima guardia di pubblica sicurezza che dalla Sicilia per la prima volta vola a Roma. Sono i tre cardini di 9 maggio ’78 di Carmelo Pecora (Editrice Zona), un libro che interpreta gli Anni di Piombo attraverso l’ottica privata di personaggi reali il cui destino si compie in modi differenti nello stesso arco temporale.

Se per i primi due si tratta di uno snodo definitivo, per il poliziotto – che è lo stesso Pecora, allora diciannovenne fresco di giuramento – è un giro di boa. Finisce forse quel giorno la sua vita precedente all’ingresso in polizia, scandita da cure materne e dalla sicura ma claustrofobica quotidianità senza percepibile futuro, e quella di chi si rende conto probabilmente per la prima volta (e in prima persona: la sua volante sarà la prima a intervenire in quella strada in cui viene lasciata la Renault 4 che custodisce nel bagagliaio il corpo del presidente del consiglio) di ciò che è stato il terrorismo e di quanto la lotta armata sia stata fallimentare proprio nel suo momento di massima visibilità. Al pari, da siciliano, la morte di Impastato, eroe che si ribella prima alla sua famiglia e poi al sistema criminale in cui vive da sempre, riflette sul significato di tutto il lavoro di quel ragazzo coraggioso e incosciente, su Radio Aut, sulla satira contro Tano Seduto e sulla possibilità (o sulla sua mancanza) di fare antimafia in terra di mafia.

Di Impastato scrive Pecora:

Peppino, fino all’ultimo, continuò a guardare negli occhi quelle persone. E fu eletto, al consiglio comunale, da morto. Questa è una favola strana. Non tutti vissero felici e contenti. Ma molti impararono che non bisogna abbassare il capo davanti ai prepotenti.

Mentre della vicenda di Moro:

Da tutto il mondo si levarono appelli per la sua liberazione. Intanto lui scriveva. Scriveva tanto. Scrivera a tutti. A tutti quelli che avrebbero potuto salvarlo. Ma lo Stato doveva mostrarsi forte. Non cedeva, e continuò a cercarlo.

E del se stesso di quegli anni, un ragazzino con la divisa addosso, invece dice:

Che curioso destino, Peppino Impastato e Aldo moro. Tutti e due col sogno di cambiare. Morti lo stesso giorno. Che curioso destino il mio, che in ventiqurtt’ore mi ritrovo vicino a tutti e due, ho volato dall’uno all’altro, e lo posso pure raccontare.

A proposito di Peppino Impastato, qui si possono trovare gli atti della commissione antimafia e qui le registrazioni delle trasmissioni radiofoniche di Radio Aut.

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