A conclusione della settimana di udienze in cui si discuteva davanti alla Corte di Giustizia della Comunità Europee dell’appello di Microsoft contro la decisione della Commissione, le impressioni sono due. La prima è che non si trattasse di un argomento che avesse a che fare con la concorrenza. Sembrava piuttosto un duello giocato tutto sulla “proprietà intellettuale”, alchemica formula che – ora è chiaro – privilegia i brevetti rispetto agli altri istituti giuridici che comprende (tra cui il diritto d’autore).
La seconda impressione è collegata alla prima: se con il caso SCO, battaglia inizialmente nata come diatriba su questioni contrattuali con IBM ma presto trasformatasi nel primo attacco legale al software libero, qualcuno ha scherzato vista l’inconsistenza delle accuse di SCO, nel caso di verdetto negativo per Microsoft allora si iniziererebbe a fare sul serio. E la vittima sacrificale, attraverso cui educare tutti, sembra esserci già ed è Samba, rea – a sentire Microsoft – di avere violato i brevetti dell’azienda cercando di perseguire lo scopo dell’interoperabilità e di essere ricorsa al reverse engineering senza che sussistessero i motivi contemplati dalla legislazione europea.
Il testo completo: Dossier UE-Microsoft: la chimera dell’interoperabilità