A volte succede che un libro nasca per caso, senza che nelle intenzioni originarie fosse concepito come l’esito di un percorso. È il caso di Copyleft, uscito nella collana Evasioni di Gaffi Editore. Un titolo, quello di quest’opera curata da Girolamo Grammatico, che è anche una filosofia che sta pervadendo il mondo della cultura e della letteratura. Perché, come si legge nell’introduzione firmata dal curatore del libro, quella che si sta sostenendo è «una lotta per la liberalizzazione dalle opprimenti sovrastrutture come la proprietà d’ingegno che tengono legata una tra le componenti più belle della nostra mente: il coraggio del confronto con l’altro».
Ma torniamo all’origine del volume. Per primi vennero MArteLive e i reading. Insieme all’idea della manifestazione vennero i racconti, firmati da Wu Ming (qui c’è bisogno di spendere ben poche parole), Saverio Fattori (autore di «Alienazioni Padane»), Monica Mazzitelli (iQuindici), Girolamo Di Michele («Tre uomini paradossali» e «Scirocco»), Michele Governatori («Il paese delle cigogne» e «Venere in topless»), Giuseppe Casa («In questo cuore buio») e diversi altri. Parecchio materiale, alcuni brani buoni e altri molto buoni. Per cui perché non utilizzarli per proseguire con l’esperienza di MArteLive? Ed ecco che arriva l’antologia.
Saltando di nuovo invece alle motivazioni filosofiche, poi, oltre al rilascio del libro sotto i termini del copyleft letterario, c’è stata la volontà di compiere un ulteriore passo. Passo che ha visto la scelta di ricorrere a carta ecocompatibile e devolvere una quota a Terre di Mezzo per i senza tetto. Insomma, questo è un libro da leggere al di là del suo valore letterario: le ragioni ci sono tutte perché non ci può essere «Cultura senza Eticità».
Author: Antonella
Niente brevetti sul software. Almeno per ora
StandardLa direttiva che avrebbe dovuto introdurre la brevettabilità sul software è stata rigettata. Per ora, dunque, niente monopoli, niente lucchetti sulle idee, rimane il diritto d’autore a garantire i diritti sulle opere dell’ingegno. Una dettaglia rassegna stampa sulle notizie circolate oggi si trova all’indirizzo http://wiki.ffii.org/SwpatcninoEn.
Crackdown 2005
StandardSembra di essere a undici anni fa, ai tempi dell’Italian Crackdown, quando il giro di vite contro gli hacker non è stato un pezzo di letteratura cyberpunk né un massiccio raid di polizia d’oltreoceano al grido di Law and Disorder on the Electronic Frontier. Qui è più grave perché di procedimenti in corso si viene a sapere un anno dopo, analoga situazione in Gran Bretagna per Indymedia e, nello spostare un server (quello del Firenze Linux User Group), si trovano case, cd-rom e viti un po’ come viene senza che «nessuno di questi fatti [sia] riconducibile ad attività note degli amministratori del sistema» (dal comunicato del FLUG).
Per stare solamente ai fatti, ci sono migliaia di utenti che hanno usato servizi compromessi senza che gli amministratori di sistema ne fossero informati e si vorrebbe sovrapporre un’intercettazione elettronica a quelle telefoniche o ambientali. La ripresa di un discorso già affrontato trova ragione nella gravità della situazione. Una situazione che è disciplinata diversamente rispetto a quella degli Stati Uniti dove il Digital Millennium Copyright Act del 1998 permette comportamenti molto disinvolti negli inquirenti a stelle e strisce.
Almeno fino a quando in Europa non sarà approvata Intellectual Property Enforcement Directive (di cui misteriosamente non si sa più nulla e i cui pericoli sono concreti per tutti i cittadini, non solo per tecnocrati e tecnofili), fatti come questi non dovrebbero accadere. Eppure il vessillo dell’anti-terrorismo, che sia la più esotica minaccia internazionale o la più datata miccia made in Italy, colpisce e colpisce su grandi numeri, fossero solo messaggi di posta elettronica sniffati. Se ve li sniffano, però, perdonate, ma nessuno verrà a divervelo perché, si sa, la sicurezza nazionale è ben più grande di voi. Roba da Monty Python.
Si può brevettare un’idea?
StandardIl prossimo 6 luglio il parlamento europeo sarà chiamato a votare una direttiva che introduce, di fatto, i brevetti software in Europa. È una scelta che mette in discussione la democraticità delle istituzioni europee perché riproposta nonostante fosse stata già bocciata durante la scorsa legislatura grazie ad un movimento che ha coinvolto due milioni di cittadini, piccole e medie imprese e società civile che si sono opposte alla brevettabilità del software. È una scelta sbagliata perché rischia di mettere in ginocchio quel tessuto di piccole e medie imprese che asicurano innovazione al settore. Ma soprattutto è una scelta inacettabile perché è un ulteriore passo nella direzione di recintare e privatizzare beni comuni come la cultura e i saperi mettendo a rischio i principi di accesso democratico e i diritti ad esso collegati.
Se ne parlerà il prossimo 4 luglio a partire dalle 16 presso la Sala Farnese (Comune di Bologna) con il senatore Fiorello Cortiana, presidente dell’Intergruppo Bicamerale per l’Innovazione Tecnologica, Davide Rossi, Università di Bologna, Mattia Miani, Legacoop Bologna. Interverranno Franco “Bifo” Berardi, scrittore, Gianluca Borghi, consigliere regionale, Roberto Galoppini, Consorzio CIRS, Sergio Logiudice, consigliere comunale, Pamela Meier, assessore attività produttive – provincia di Bologna, Alessandro Rubini, Free Software Foundation Europe.
Promuovono: Bologna Free Software Forum, Associazione software Libero, Emilia Romagna – Linux User Group, Ingegneria Senza Frontiere Bologna, Italian Linux Society. Per il comune di Bologna con i gruppi consigliari dei Democratici di Sinistra, Riformisti per Bologna, Rifondazione Comunista, Verdi e Società Civile – Il Cantiere.
Questa non è più una questione di privacy, anche se è una questione di privacy
StandardLe realtà che ruotano attorno al server di Autistici possono risultare più o meno simpatiche. Le loro opinioni più o meno condivisibili. I loro modi più o meno accettabili. Ma non è questo il punto alla base della storia di un pezzo importante dell’hacking italiano che ha dato fiato, tanto quanto altre associazioni, a quella tendenza libertaria che trasporta dalla vita reale alla Rete istanze che, ancora prima che telematiche, si identificano con le libertà di qualsiasi cittadino: conoscere, condividere, comunicare, informare.
A un anno di distanza, si viene a sapere dal comunicato di Austistici Questa non è più una questione di privacy, anche se è una questione di privacy, che i certificati crittografici del server in oggetto sono stati compromessi nell’ambito di un’inchiesta relativa a un’utenza. Senza entrare nel merito dell’inchiesta, rimangono però altri interrogativi, più rilevanti, a cui dare risposta.
Perché non informare i responsabili del server di ciò che sta accadendo? Perché non consentire a chi risponde in prima persona di ciò che gira sulle sue macchine di accertare se illeciti sono stati commessi? Perché non permettere l’operazione davanti agli avvocati che rappresentano il movimento? Non si tratta di domande che intendono screditare gli accertamenti in corso, ma che vogliono sottolineare un semplice fatto, addirittura banale: anche laddove dovessero essere stati compiuti atti illegali, qualsiasi indagine risulterebbe rafforzata, più credibile, più dalla parte del cittadino – qualsiasi cittadino – se venisse svolta come i codici procedurali spiegano.
Brevetti: l’appello di FFII e April
StandardNell’imminenza del voto dell’europarlamento sulla direttiva che vorrebbe introdurre la brevettabilità del software, FFII (Foundation for a Free Information Infrastructure) e April (Association pour la Promotion et la Recherche en Informatique Libre) stanno sensibilizzando i cittadini europei con la lettera di seguito riportata.
1) Il voto in Seconda Lettura sulla direttiva sui brevetti software ci sarà in 11-13 giorni lavorativi il 5 o 7 Luglio.
2) Le attività di lobby a Bruxelles sono pesanti, attualmente c’è molta pressione sui Parlamentari Europei da parte di aziende a favore del brevetto software. La lobby a favore della brevettazione ha più di 30 lobbisti in più di noi, la maggior parte si spaccia per portavoce delle PMI.
3) È necessario darsi da fare, presso http://noepatents.eu.org/ manteniamo una lista di quello che potete fare come PMI o come individuo. Consigliamo in particolar modo che contattiate in fretta il vostro Parlamentare e, se potete parlare per una PMI, che attendiate alla conferenza Economic Majority il 29 giugno a Bruxelles. Vi preghiamo di decidere presto sulla vostra partecipazione, in modo che si possa ottenere in anticipo un appuntamento col vostro Parlamentare o col suo assistente.
Cordialmente,
Hartmut Pilch, Gérald Sédrati-Dinet, FFII, Ludovic Pénet, APRIL
Referendum: non te lo mando a dire
StandardEfficace editoriale di Giuseppe Genna pubblicato su Carmilla On Line, «Il Paese di merda», in cui trae una serie di considerazioni (personalmente condivisibili) sull’esito del referendum sulla procreazione assistita.
«L’esito del referendum è un’ulteriore prova che, al di là delle convinzioni delle singole persone, noi viviamo in un Paese di merda. Questa è una nazione che non capisce un cazzo in massa, snobba i minimali della strumentazione democratica, se ne fotte di problemi fondamentali quali ricerca scientifica e statuti della vita. E’ un Paese il cui Sud persiste nel fare da zavorra elettorale di fronte ai momenti politicamente decisivi e il cui Nord è capitanato da idioti sfatti dal benessere crasso e da ragiunatt che chiedono il ritorno alla lira ma sognano la Cermhania. Questo è uno Stivale bucato, la portaerei nel Mediterraneo ormai in secca, una landa in cui si affittano le spiagge e, se non si affittano, è tutto un Riminiriccione identico alle spiagge affittate. E’ una provincia vaticana che pensa che spettrali e ossuti ominidi, con la zucchetta color porpora in testa, ancora abbiano ragioni civili da esprimere. E’ la melma dell’occidente e una disgrazia che l’oriente non si augura, quest’avanguardia del provincialismo e dello scazzo, che si sente invasa dalle scarpe cinesi ed è manipolata da lesbiche roche che nel tivvì spacciano spazzatura per realtà. Mi vergogno profondamente di viverci, in questa merda, a poche ore dall’esito dei referendum.»
Il testo completo dell’editoriale è disponibile all’indirizzo http://www.carmillaonline.com/archives/2005/06/001421.html#001421
Passando poi al tema radio:
- Radiolinux: la trasmissione del 13 giugno dedicata alla causa antitrust dell’Unione Europea contro Microsoft e alla cultura libera
- Radio Inciquid: terza puntata con interventi di Valerio Evangelisti, Vittorio Moroni e Francesco Tupone
Open non è free
StandardCrescono i titoli che arrivano in libreria con una licenza Creative Commons. È il caso questa volta di Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale, pubblicato da Eleuthera e firmato da Ippolita, luogo di incontro virtuale per più individualità.
Dalla scheda del volume: «Gli hackers fanno molto e dicono poco. Ma, nell’era della tecnocultura, hanno molto da insegnarci: la passione per la tecnologia, la curiosità che li spinge a metterci sopra le mani, a smontare per comprendere, a giocare con le macchine, a condividere i codici che creano. Essere pirati informatici significa essere pirati della realtà. Essere protagonisti attivi, agire e non subire il cambiamento; usare la tecnologia per soddisfare i propri bisogni e i propri desideri; porsi in un continuo dialogo con il flusso di informazioni delle reti, informatiche e umane. L’etica hacker, le pratiche di condivisione e cooperazione interessano ora anche il mercato, che ha assunto il metodo di sviluppo delle comunità hacker per risollevarsi dopo la bolla speculativa della net economy. I termini cambiano poco, da software libero (free software) a software aperto (open source), ma in realtà cambia tutto. Il passaggio è doloroso: la curiosità per il nuovo diventa formazione permanente, la fluidità delle reti diventa flessibilità totale, la necessità di connessione per comunicare diventa lavoro 24 ore su 24: semplici ed efficaci slogan del mercato globale. La cultura hacker cerca allora di elaborare nuove vie di fuga, insistendo sulla forza delle comunità e sulla responsabilità delle scelte individuali.»
Che dire? La tendenza a rilasciare i contenuti editoriali in questo periodo è decisamente interessante e l’augurio è che, esaurito un periodo di diffuso utilizzo di determinate licenze d’uso, diventi una prassi.
Il testo completo del volume è disponibile all’indirizzo http://www.eleuthera.it/files/materiali/ippolita_open_non_e_free.pdf.
Saluti e baci dal Cile
StandardNel 1973, Claudio aveva nove anni. Era sul bus che lo portava a scuola, una mattina come tante. I disordini, in Cile, erano già iniziati. Non erano i disordini di Santiago, ma anche a Vigna de Mar, cittadina a sud della capitale, gli studenti erano scesi in piazza e gli scontri con la polizia erano nel pieno. Un ragazzino non ne ha piena coscienza, li ascolta al telegiornale e sente un padre fascista parlarne senza cogliere il significato di quello che sta accadendo. Il significato, invece, inizia a coglierlo quando quel pulmino, invece di portarlo a scuola, fa scendere lui e gli altri bambini a metà strada. Di lì non si passa più. La polizia ha allestito posti di blocco in tutta la città e ai mezzi, anche a quelli pubblici, non è più consentito circolare. Per il gruppo di scolaretti che riprende a piedi la strada di casa è solo un giorno di vacanza inaspettato.
Calci ai sassi, passo rilassato. Nessuno comprende che si tratta della dittatura che si sta radicando, della guerra civile tra un governo dispotico e militare e gruppi di resistenti che si stanno organizzando contro un manipolo di militari che sta facendo assassinare un presidente socialista appena eletto. E appare strano a quei bambini quando, in una piazzetta che stanno attraversando, irrompongo mezzi blindati, ne scendono agenti in assetto antisommossa e trascinano fuori casa alcuni ragazzi, poco più che ventenni, fucilandoli sul posti. Claudio racconta che li hanno uccisi di fronte ai rarissimi passanti, davanti alla gente che osserva dalle finestre, davanti ad alcuni bambini in un giorno di vacanza inaspettato.
Nel 1982, Claudio è iscritto alla facoltà di ingegneria mineraria. Si è trasferito a Santiago per studiare e fa parte del partito comunista clandestino pur non essendo un comunista. È un democratico, ma la dittatura non dà scelta: da una parte o dall’altra. Si occupa degli approvvigionamenti alimentari per i compagni che combattono, ogni tanto ne sostituisce altri prendendosi carico dell’inventario dell’arsenale dei guerriglieri senza mai avere parte in operazioni militari vere e proprie. Fa quello che, grosso modo, facevano le staffette partigiane in Italia tra il 1943 e il 1945.
Lui e i suoi compagni aspettano tutti i giorni la polizia segreta di Pinochet. Ma non è preparato quando, una mattina di nove dopo l’assassinio dei ragazzi per strada, la polizia segreta aspetta lui davanti all’università. Lo prendono, lo bendano, lo picchiano e lui pensa che sia la fine, che verrà inghiottito dal nulla come altri compagni scomparsi senza che di loro si sapesse più niente. Qualcuno ha parlato, ha fatto anche il suo nome. E per otto giorni resta in una prigione dove non lo interrogano mai ma dove le prende sempre. Al buio, all’umidità, alla fame. Non può chiamare i suoi genitori, che non sanno dove si trova. L’ottavo giorno, sempre con una benda sugli occhi, lo prelevano e lo fanno salire su una camionetta. Lui crede che sia arrivata la resa dei conti con la dittatura, che lo uccideranno e faranno in modo che il suo corpo non sia mai trovato.
Non parla di quello che sente durante il viaggio. Il veicolo militare si ferma, lo fanno scendere e gli tolgono la benda. In quel momento si accorge che non lo fucileranno. Lo hanno portato al confine con l’Argentina, all’imbocco di un tunnel che divide i due paesi. Un soldato gli dice di attraversarlo e di non farsi più vedere in Cile, altrimenti gli accadrà quello che gli hanno risparmiato. Diventa un esule. Un esule che non ha il passaporto, a cui non è stato consegnato un foglio di via come ai personaggi non desiderati dei primi anni della dittatura. Sono troppi gli ostracizzati sbattuti fuori dal Cile, le brutture del regime di Pinochet hanno ormai fatto il giro del mondo e le Nazioni Unite iniziano a prestare troppa attenzione all’esodo dalla nazione sudamericana.
Claudio attraversa il tunnel, in Argentina trova il modo di chiamare sua madre per dirle che è vivo ma che non può rientrare nel paese. E inizia a camminare o a spostarsi con mezzi di fortuna verso nord. Senza il foglio di via non può dimostrare di essere un esule, non può chiedere lo status di rifugiato politico, è solo un clandestino a spasso per un continente. È questa la ragione per cui trascorre due mesi in un carcere di Panama che descrive come una delle esperienze più terribili che gli siano capitate, dopo il rapimento. È sempre per questo motivo che Cuba gli rifiuta l’ingresso sull’isola. Allora decide di imbarcarsi alla volta dell’Europa. I suoi nonni sono genovesi, verrà in Italia. E per pagarsi il viaggio fa il mozzo su una petroliera che, nei fatti, equivale a calarsi nelle cisterne vuote per pulirle mentre fa tappa sulle coste dell’Africa atlatica e Mediterranea.
Nel 1998, Claudio ritorna per la prima volta in Cile. La dittatura non c’è più. Si parla di processare l’ex dittatore. Si raccolgono le testimonianze delle violenze. Lui trascorre i primi trenta giorni tra Santiago e Vigna de Mar, tra la casa del fratello (i genitori lo hanno raggiunto in Italia alla fine degli anni Ottanta), un’amica dei tempi dell’università che sposa l’anno successivo e la ricerca dei compagni di clandestinità. Alcuni li ritrova, in molti hanno subito la stessa “condanna” all’esilio, qualcuno ora vive all’estero, per lo più negli Stati Uniti, e non ha nessuna intenzione di tornare nel paese. Di altri, invece non si sa più nulla. Si sono semplicemente volatilizzati.
Quando torna in Italia, Claudio è amareggiato. «Là ora si respira l’atmosfera che si doveva respirare qui con la Democrazia Cristiana degli anni Cinquanta. Non si parla più di noi che abbiamo combattuto, sui compagni morti o scomparsi non c’è una verità ufficiale. Per quale motivo ci siamo fatti perseguitare e massacrare a vent’anni? E’ servito a qualcosa quel sacrificio?»
Noi, che durante i suoi racconti avevamo appena qualche anno più di quando lui è stato catturato dalla polizia, pieni delle nostre idee di sinistra, delle nostre battaglie studentesche contro baronati e tasse all’improvviso schizzate verso l’alto, del nostro pacifismo, non accettiamo le sue parole. Cerchiamo di spiegargli che le ragioni si trovano nelle pagine di un libro che mi è stato regalato da un amico, un ex settantasettino che lo teneva nascosto durante gli anni di piombo, «Lettere dalla clandestinità del partito comunista cileno». Claudio risponde che non capiamo, che non abbiamo mai rischiato la vita per poter dire «non sono d’accordo». Ha ragione.
Lui ha deciso, nel 1999, che la sua esperienza italiana era finita. Nemmeno qui c’è stata quella rivoluzione, stavolta giudiziaria, che sette anni prima un gruppo di magistrati aveva iniziato contro la corruzione di stato. La destra, quella che trent’anni fa sprangava per strada ed era connivente con i servizi italiani, è stata “sdoganata” dopo essere stata relegata ai margini del parlamento all’inizio degli anni Sessanta durante il famigerato governo Tambroni. Al governo, anche se solo per sei mesi, c’è stato il più potente imprenditore italiano, un popolista che ora siede di nuovo a Palazzo Chigi e che ha usato il suo strapotere economico, mediatico, clientelare per convincere quasi due elettori su tre a votare per lui.
È lo stesso populista che durante i fatti di Genova stava dentro la zona rossa. Lo stesso che ora decanta le doti di chiarezza e determinazione del capo di stato americano malgrado la morte di un uomo dell’intelligence italiana non sia ancora proprio limpida. Lo stesso che ha sostenuto di non essere stato informato dell’irruzione in una scuola dove un mandato di perquisizione è stato la scusa per una ritorsione cieca ed efferata contro altri ragazzi poco più che ventenni. Lo stesso che comunque è così certo che in mezzo a quelle persone si nascondessero armi, teppisti, terroristi, eversori.
Claudio ora vive in Cile con sua moglie e una bambina. Non ho sue notizie da sei anni, da quando è partito tornando dove tutto è iniziato.
Freakonomics: libro, blog e mercato editoriale
StandardSegnalano i blog Blogs4Biz e Marsilio Black Blog un fenomeno che sembra andare affermarsi: Freakonomics, sistema per cui la promozione di un libro passa dalla Rete e, in particolare, da segnalazioni e recensioni dei blogger che ricevono direttamente il volume. Il fenomeno viene descritto in omonimi libro e blog, oltre ad essere analizzato in diversi articoli. Per approfondire: