The Bill of Wrongs è il titolo che la giornalista Dahlia Lithwick dà al suo pezzo sui dieci peggiori oltraggi alle libertà civili del 2006. Pubblicato su Slate e riportato anche nella sezione Outlook del Washington Post, l’articolo comprende in decima posizione il tentativo di infliggere la pena di morte a Zacarias Moussaoui, accusato di aver preso parte agli attentati dell’11 settembre 2001.
Seguono poi i fatti di Guantanamo, la reintroduzione da parte del governo Bush del segreto di stato su documenti desegretati con le conseguenze che questo ha comportato, attività di controllo e spionaggio di privati cittadini e interventi quanto meno disinvolti nella cattura e nel trattamento di presunti terroristi, come accaduto a cittadini canadesi e tedeschi di origine mediorientale. Nelle prime tre posizioni compaiono gli abusi su José Padilla, altro presunto territorista di nazionalità americana, il Military Commissions Act del 2006 e ciò che l’autrice chiama hubris, dottrina del governo USA secondo cui “tutto è legale, necessario e segreto”.
“Di quale oltraggio mi sono dimenticata?” chiede la giornalista in chiusura. E, se di qualcosa si fosse effettivamente scordata, chiede anche che le sia segnalato via mail all’indirizzo Dahlia.Lithwick[at]hotmail.com.

Quando si cerca di conoscere una storia, ci sono diverse fonti importanti. Una di queste – e forse la più rara – è costituita dalle voci che si avvicendarono in tribunale. Certo, ci sono gli atti processuali, che possono essere consultati e che in diversi casi possono fornire chiavi di interpretazione nuove, diverse o sottovalutate in precedenza. Questo è accaduto per esempio al regista e sceneggiatore 
In poco più di un centinaio di pagine (più una trentina di appendice) difficilmente si arriva a scandagliare un argomento in modo esaustivo. Ma si può fare altro, come gettare il seme della curiosità. O nutrirlo, visto che non si parla di casi sconosciuti ai lettori delle cronache papaline. È ciò che fanno i giornalisti e scrittori 