‘Ndrangheta, pentito: “I De Stefano e i rapporti con l’eversione nera”

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(ANSA) – REGGIO CALABRIA, 15 LUG – L’inchiesta “mammasantissima” che ha portato alla luce la struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta, fa tornare di nuovo alla ribalta quella che puo’ definirsi la “genesi” politico-mafiosa dei De Stefano e i loro collegamenti consolidati con l’eversione nera, con la banda della Magliana, il forte interesse perche’ il capoluogo di Regione rimanga a Reggio Calabria e non si sposti a Catanzaro.

“Sapevano tutto con largo anticipo – hanno detto all’unisono i pentiti Giacomo Lauro e Stefano Serpa – tant’e’ che da loro parte l’idea di convocare il summit di Montalto, nel cuore dell’Aspromonte nell’ottobre del 1969, per spiegare ai rappresentanti delle cosche della provincia di Reggio i motivi per cui aderire con ‘uomini, mezzi, armi e risorse finanziarie’ alla prevedibile ribellione popolare al momento della nomina di Catanzaro a capoluogo della Regione”.

“Con Vincenzo Saraceno, Natino Valle ed altri giovanissimi picciotti in funzione di vedetta – ha raccontato Stefano Serpa – ascoltammo le parole del ‘presidente’ dell’assemblea, il boss di San Martino di Taurianova Giuseppe Zappia, che comunico’ che da li’ a poco avremmo incontrato personaggi della politica accompagnati dai De Stefano. E cosi’ avvenne: da un bosco vicino alla radura in cui si svolgeva il summit si avvicinarono questi personaggi che riconobbi per il marchese Fefe’ Zerbi, uno dei fondatori di Avanguardia Nazionale, Stefano Saccucci, Stefano Delle Chiaie, Borghese junior, Pierluigi Concutelli, quest’ultimo legatissimo ai Santapaola di Catania. Qualcuno protesto’ per queste presenze ma fu zittito in malo modo da Zappia (‘ma tu cu cazzu si chi parli?’), un incontro che fu interrotto immediatamente dall’avvicinarsi della polizia guidata dall’allora capo della squadra mobile Alberto Sabatino, avvertita da chissa’ chi, a cui segui’ un fuggi fuggi generale”.

Serpa ha raccontato anche di una festa nel carcere di San Pietro a Reggio Calabria negli anni ’80, in onore del boss Domenico Libri che festeggiava l’onomastico. “Eravamo tutti con la giacca nonostante il caldo – dice Serpa – e c’erano tutti i capi in testa della ‘ndrangheta in quel momento. A conclusione della festa, Paolo De Stefano, davanti a tutti, apostrofo’ Domenico Libri come infame per avere detto a Sica (Giandomenico Sica, ex capo dei servizi segreti civili) che l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio era stato organizzato da loro, dai De Stefano. Seguirono momenti di imbarazzante silenzio ed alla fine ognuno torno’ nella propria cella”.(ANSA).