Muore a 96 anni Licio Gelli, il capo della P2 e l’uomo dei segreti d’Italia

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Muore a 96 anni Licio Gelli, il capo della P2 e l'uomo dei segreti d'Italia

Aveva 96 anni, Licio Gelli, il maestro venerabile della famigerata loggia P2. Nato a Pistoia il 21 aprile 1919 e arruolatosi a 17 anni per combattere nella guerra di Spagna e poi gerarca fascista che collaborò con i nazisti salvandosi per aver fatto il doppio gioco con formazioni partigiane, era stato ricoverato nella clinica di San Rossore a Pisa e poi all’ospedale di Arezzo, ma alla fine era stato dimesso per tornare a Villa Wanda, la residenza di tre piani costruita nel Seicento e ristrutturata alla fine dell’Ottocento che aveva comprato alle porte di Arezzo e a cui aveva dato il nome della moglie. Qui si era trasferito nel 1970, quando ormai la sua ascesa era inarrestabile.

Di sé diceva: “Sono nato fascista e morirò fascista”. Il suo nome, per decenni, si è legato ai fatti più oscuri della storia italiana, dal dossieraggio del Sifar degli anni Sessanta al golpe Borghese della notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 alla vicenda Sindona, dalla strage dell’Italicus (4 agosto 1974) a quella della stazione di Bologna (2 agosto 1980), per la quale venne condannato in via definitiva a 10 anni per calunnia aggravata, fino al crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e ai movimenti del leghismo meridionale con relativi rapporti con Cosa nostra (attraverso nomi come quelli di Totò Riina e Bernardo Provenzano) per il quale fu indagato e poi prosciolto. E quando nel 1978 Aldo Moro andò incontro al suo destino, a Gelli venne attribuita la frase “il più è fatto”. Senza considerare che tutti gli esponenti dei comitati di crisi costituiti dopo il rapimento del presidente della Dc, a parte l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga, erano iscritti alla P2.

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