Messico: “Ecco che succede a chi pubblica roba strana su Internet. State attenti, vi pigliamo”

Standard
Spread the love

Non solo carta stampata, ma anche l’informazione in rete sui narcos sembra piacere così poco in Messico da arrivare a conseguenze drammatiche. Scrive in proposito il giornalista Mario Tedeschini Lalli su Giornalismo d’altri:

I cadaveri di due persone sono stati trovati martedì appesi sotto un cavalcavia della città messicana Nuevo Laredo, accanto ai corpi sventrati e orrendamente mutilati c’era un cartello: “Ecco che succede a chi pubblica roba strana su Internet. State attenti, vi pigliamo”. Sono stati uccisi dalla mafia locale, dai narcos, perché cercavano di superare l’autocensura dei media locali, segnalando via Twitter e altri social network scontri a fuoco o altri atti violenti nella regione al confine con gli Stati Uniti.

La stampa locale – come le autorità pubbliche – è da tempo sotto schiaffo, almeno cinque giornalisti sono stati uccisi solo quest’anno, senza contare gli innumerevoli casi di violenza e minaccia. Per questo i cittadini cercano di utilizzare gli strumenti di internet e, specialmente, i social network. Un altro caso, drammatico, di come l’universo digitale, cioè l’universo disintermediato sia elemento di libertà dove la libertà è conculcata. Vale in Messico quello che vale altrove: se la mafia è contro, i bravi cittadini sanno da che parte stare – e in questo caso, non c’è dubbio, la mafia è contro Twitter, è contro la rete. E per questo uccide.

E cita, tra gli articoli che raccontano la vicenda, Knight Center for Journalism in the Americas, Christian Science Monitor e Cnn.

Inoltre, sull’argomento minacce ai giornalisti nel Paese dell’America Centrale, si può leggere anche l’intervista che Peacereporter ha pubblicato lo scorso 21 giugno a Homero Aridjis, ex presidente del Pen Club International.