Riccardo Lenzi mi segnala un articolo uscito ieri sul quotidiano Brescia Oggi. Si intitola «Dall’archivio svaniti i documenti delle stragi» e racconta ciò che Giovanni Flamini ha dichiarato in qualità di consulente un paio di giorni fa alla Corte d’Assise di Brescia dove è in corso il processo per la strage di piazza della Loggia (su Radio Radicale è disponibile la registrazione dell’intera udienza mentre sopra si può ascoltare il singolo intervento di Flamini). Il testo dell’articolo segnalato da Riccardo merita di essere riportato per estero.
Nessun riferimento alla strage di piazza Loggia o alla questura di Milano, consumata un anno prima, il 17 maggio ’73. Nelle veline della Divisione Affari Riservati non compare alcuna nota informativa sull’attentato bresciano. E non è l’unica pagina terroristica a mancare dall’archivio. «Erano proprio i documenti che cercavo con più curiosità, conoscevo bene le carte su piazza Fontana. Ma non c’era nulla, a volte, solo le intestazioni». A ricordare con dovizia di dettagli il materiale custodito nel deposito di Circonvallazione Appia è Giovanni Flamini, consulente, chiamato a deporre dai pm nel terzo processo sulla strage bresciana. Era stato incaricato dalla Procura di Milano di esaminare parte degli archivi della Dar, nell’inchiesta su piazza Fontana: 36 anni dopo. a Brescia, l’accusa punta a ricostruire luci e ombre dell’attività della Dar per dimostrare che la strage di piazza Loggia maturò in un contesto che vedeva legati a doppio filo estremisti neri e apparati statali deviati.
«Dovevamo trovare elementi che riconducessero agli attentati di Roma e Milano nel ’69: la documentazione, che andava dal ’61 al ’94, era riposta in 40 scatole di cartone ‑ ricorda Flamini ‑, ma il materiale era incomprensibile». Ma nel marasma dei documenti c’era anche un brogliaccio quotidiano con la cronologia degli eventi giorno per giorno. « Sono andato all’agosto ’69, quando, tra il l’8 e il 9, si consumarono 10 attentati ai treni ‑ spiega Flamini ‑, ma al 7 le veline si fermavano, per riprendere solo 3 giorni dopo». Stessa cosa per piazza Fontana: « Il materiale arrivava fino a dicembre, poi niente. L’ipotesi più probabile era che qualcuno lo avesse fatto sparire». Molti i fascicoli sui gruppi di estrema sinistra, ma anche buste intestate al gruppo padovano ordinovista di Freda. Ventura e Fachini: «ma vuote».
È proprio su Freda che emerge uno scambio di informazioni tra il giudice istruttore di Treviso Giancarlo Stiz e il Ministero: «A casa di Freda avevano trovato un biglietto rosso con l’appunto di un esplosivo di fattura yugoslava, centinaia di quintali importati da un napoletano ‑ riferisce Flamini ‑. Ma nel viaggio una parte si era persa. Processarono un bracciante del porto di Trieste. Ma non solo».
«Il 14 dicembre ’69 arrivò una segnalazione su Ventura da Guido Lorenzon, segretario della Dc, ma il questore non gli diede peso: la Dar si muoveva con distacco nei confronti delle segnalazioni che arrivavano su Freda e Ventura. Le piste alternative rispetto a quella anarchica sfumavano nel nulla».