Esce in questi giorni per Stampa Alternativa un libro che ho editato un po’ di tempo fa e che m’è piaciuto davvero molto. Si intitola Nefertiti – L’amore di una regina eretica nell’antico Egitto, è stato scritto da Jasmina Tesanovic, di cui s’è parlato varie volte da queste parti, e si rivela un testo che non ci si aspetterebbe (almeno se non si è mai letto niente dell’autrice, della quale lo scorso gennaio era uscito Processo agli scorpioni con una postfazione pubblicata qui qualche mese fa). Nefertiti non è un solo libro storico e non è neppure un romanzo d’amore. È questo, ma è anche un tessuto di rivendicazioni sociali e femministe (Jasmina fa parte delle Donne in nero), è una lode all’arte, una rivendicazione di libertà e un inno alla bellezza vissuta fuori dagli schemi. Credo che ulteriori parole per descrivere meglio questo libro possano essere quelle di Bruce Sterling, che ne ha scritto la prefazione e che è anche il marito della scrittrice serba. Il booktrailer invece è stato realizzato dall’infaticabile Luigi Milani, autore anche di quelli per Pentiti di niente e per Il programma di Licio Gelli.
Jasmina Tesanovic è una ben nota femminista e dissidente politica dell’Europa del Est. È naturale domandarsi perché una donna del genere abbia scritto un romanzo su Nefertiti. Specialmente un libro strano come questo, un libro che è chiaramente una litania intesa a risvegliare i morti. Avendo io sposato Jasmina, l’ho vista scrivere questo libro. Mi sono accorto che è stata costretta a farlo, forse perfino segretamente ossessionata da un bisogno irresistibile.
Potrei fornire tante spiegazioni sul perché l’abbia scritto quest’opera, ma ne esiste una, credo, che ha molto senso per il pubblico italiano. Jasmina è nata nella ex Yugoslavia: in uno stato comunista eretico, un’utopia fallita. Mentre il comunismo italiano è tuttora molto vivo – a Torino, la mia città preferita, lo constato tutti i giorni – la Yugoslavia scomparsa è uguale all’antico Egitto. La Yugoslavia di Tito una volta mandò una bambina, Jasmina Tesanovic, a vivere nell’antica terra d’Egitto. La Yugoslavia e l’Egitto una volta erano amici per la pelle.
Oggi qui, nel Ventunesimo secolo, abbiamo dimenticato che una volta lì c’era il secondo Terzo Mondo. Il Primo Mondo era la Nato coi suoi satelliti. Il Secondo Mondo era il Comintern, il Patto di Varsavia. Il Terzo Mondo era la povertà del Sud, “le nazioni in via di sviluppo”, ma una volta c’era un Terzo Mondo diverso. Questo mondo era il Movimento dei Non Allineati, che comprendeva Egitto, Yugoslavia, India, Ghana e Indonesia. Questo gruppo di nazioni non accettava la bipolarità bianco-nero della Guerra Fredda. Erano testimoni infelici della corsa all’armamento nucleare, dei gulag, della “Coca-Colonizzazione” e rifiutavano apertamente tutto ciò.
Il movimento non allineato esiste ancora, come nome, come gesto politico, ma come progetto destinato a cambiare il mondo ha fallito. Le nazioni non allineate avevano ragione a dubitare della Guerra Fredda, ma fallirono ugualmente perché erano eretici. La maggior parte degli Stati non allineati erano governati da tiranni carismatici. La Yugoslavia non allineata di Tito sembrava prospera e solida, garantita com’era dalla carne e dal sangue del capo supremo chiamato “Tito”. Quando il culto della personalità di quest’uomo svanì assieme al suo corpo, in quel momento crollò la Yugoslavia.
La narrazione resuscita Nefertiti, una regina faraonica d’Egitto, nelle vesti di un’eretica, dedita al culto della personalità. Rievoca inoltre Akhenaton, suo marito, e il regime eretico di Amarna, quella bizzarra capitale in puro stile Brasilia, edificata in pieno deserto dagli adoratori del Sole.
Questa coppia di artisti, sorprendendo e allarmando la loro società, tratta l’apparato dello Stato come un personale progetto d’arte. Liberati dall’ipocrisia, completamente indifferenti alla proprietà, questi spiriti creativi trasformano se stessi e tutto ciò che li circonda. Rifiutano di diventare appartchik1 dello Stato; e naturalmente, da grandi artisti, disprezzano anche la gente comune. Incarnano il culto tenero, carismatico, sorprendentemente bello di una doppia personalità: Josephine e Napoleone, Eva e Adolf.
Questo racconto reinventa l’epica, misteriosa eresia dall’interno. Non descrive Nefertiti: diventa Nefertiti. Lega la sua esperienza di mistico potere all’esperienza vissuta da tutte le donne. Le rigide strutture del potere politico non si sono mai accordate bene con il potere vitale creativo della donna. Le belle donne dominate dal potere assoluto vedono la loro bellezza rapita dal simbolismo. La mascolinità di uomini coraggiosi che sono in realtà sacri autocrati è pervertita in omicidio e distruzione.
Nefertiti e Akhenaton – artisti, poeti, mistici e architetti – s’impadroniscono audacemente dei segni dell’identità nazionale. Il loro antico Stato diviene un’utopia, la vita quotidiana si trasforma in un’innaturale parata. I cortigiani che trattavano da amici la Dea-Regina vengono degradati nella loro umanità. Tremende energie creative provocano tremende ombre di repressione. Come avrebbe detto Lord Acton2, se fosse stato egiziano: “Tutto il potere corrompe, e il potere divino corrompe divinamente”.
Dei tanti sovrani dell’antico Egitto che conosciamo, Akhenaton e Nefertiti sembrano i più naturali, individuali e umani. Non sono rigidi personaggi egiziani da fumetti, contenuti o inquadrabili in una definizione. Ci appaiono come due persone vere, con volti unici e riconoscibili, con le loro corone, i loro vestiti, la loro città-capitale e perfino il loro Dio personale.
Quando la loro eresia fallì alla fine del loro regno, tutto quello che avevano costruito fu dimenticato, con una velocità allarmante e con tutto l’impegno che i conservatori poterono mettervi. È per questo che noi moderni sappiamo ciò che sappiamo. Amarna venne abbandonata per non essere più ricostruita; lo strambo culto di Aten non perse la sua mistica purezza, perché, violentemente rigettato, è rimasto sepolto per mille anni.
Dal 1913, anno in cui il busto di Nefertiti, così a lungo nascosto, ci è stato restituito, Berlino, la capitale dove la sua immagine dimora, ha visto ripetuti olocausti. Così Nefertiti è ancora qui davvero: e ha provocato, oltre ad altre reazioni, questo strano, piccolo libro. È un poema, una formula magica e un inno pagano alla bellezza, alla verità e all’eresia.
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