Uno bianca. I pm: atto dovuto, ma restano dentro

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In questo articolo, invece, dopo le reazioni dei familiari delle vittime, il giornalista Alessandro Mantonavi ricostruisce dal punto di vista giudiziario ciò che sta accadendo in merito a indulto, ergastolo e Uno bianca.

La richiesta di applicazione dell’indulto per Roberto e Fabio Savi? «Un atto automatico, dovuto», spiega il Procuratore capo Enrico De Nicola. «In ossequio alla legge», aggiunge il sostituto Antonello Gustapane, che ha firmato gli atti per l’ufficio esecuzione penale della Procura.

I due fratelli della Uno bianca, il gelido poliziotto capobanda e il camionista fanatico delle armi che hanno confessato i 24 omicidi commessi tra l’87 e il ’94, entrambi condannati più volte all’ergastolo, sono finiti nel mare magnum dei circa tremila detenuti per i quali, «in automatico», la Procura ha chiesto e per lo più ottenuto l’applicazione del condono triennale approvato nel 2006.

Non sono gli unici ergastolani beneficiati a Bologna, il pm ha chiesto l’indulto almeno per altri due condannati alla pena perpetua: uno l’ha avuto e l’altro no. Stessa sorte per i Savi: la Corte d’assise di Bologna l’8 marzo 2007 ha detto «sì» a Fabio; meno di due mesi dopo lo stesso collegio, sempre presieduto dal giudice Sergio Cornia, ma con un altro magistrato estensore, ha detto «no» a Roberto.

Di conseguenza, il pm Gustapane si è rivolto alla Cassazione, «anche per una questione di parità di trattamento» per i due fratelli pluriomicidi. E la Cassazione ha deciso il 1° aprile che il ricorso del pm va qualificato come «opposizione» e quindi il procedimento proseguirà davanti alla Corte d’assise di Bologna. Roberto Savi nel frattempo ha fatto sapere che «rinuncia» al condono.

La giurisprudenza prevalente sull’indulto del 2006 nega l’applicazione dello sconto triennale agli egastolani. I due registrati a Bologna non sono però gli unici casi di decisione in senso opposto. E ancora, i giudici si dividono tra chi sostiene che l’indulto non avrebbe comunque effetto sull’ergastolo (così la vede anche la Procura) e chi invece riconosce al condannato, dopo il condono, di aver scontato tre anni in più, avvicinandolo alla possibilità dei permessi, della semilibertà e in futuro della liberazione condizionata.

Corriere di Bologna – Articolo di Alessandro Mantonavi
5 aprile 2008 – Pagina 5

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