Uno bianca: “Non si può rinascere su segreti di Stato duri a morire”

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Il cippo a memoria dei carabinieri uccisi al Pilastro il 4 gennaio 1991 dalla banda della Uno biancaVenerdì scorso ricorreva il diciassettesimo anniversario dell’eccidio del Pilastro, avvenuto il 4 gennaio 1991: tre giovanissimi carabinieri uccisi dalla banda della Uno bianca in un agguato che ha sì dei responsabili condannati all’ergastolo ma sui cui motivi permangono lati oscuti. La morte di Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini sembra un’esecuzione, anche se i Savi dissero di aver reagito a un tentativo di identificazione mentre erano su un’auto rubata per poi correggere e non rendere mai chiare le ragioni del triplice omicidio.

Oggi il quotidiano Il Bologna pubblica una lettera di Ludovico Mitilini, fratello di una delle vittime, in cui invoca chiarezza e verità su quell’agguato, chiede che si riprenda la ricerca di eventuali complici e fiancheggiatori dei banditi che, più che rapinatori – come hanno sempre sostenuto di essere – hanno agito come terroristi. La lettera peraltro arriva a commento della prossima scarcerazione dell’unico componente del commando non condannato al carcere a vita, Pietro Gugliotta, che tornerà libero nell’agosto 2008 riaccendendo le polemiche sugli interrogativi (e sono molti) che accompagnano ancora questa vicenda. Ecco il testo della lettera inviata al giornale emiliano:

Sette anni di inferno per l’Emilia Romagna, decine di omicidi senza un apparente motivo. Rapine con bottini insignificanti e raid di fuoco per terrorizzare benzinai, zingari, extracomunitari, carabinieri, impiegati di banca e semplici testimoni. Ma quello della strage del Pilastro resta un eccidio pianificato nei minimi dettagli. Organi inquirenti che, inizialmente, si spingono su piste sbagliate e devianti, ben 55 innocenti condannati per reati commessi da altri. Ci sarebbe molto da dire sulla banda della Uno bianca… Quest’anno, però, la famiglia Mitilini avrà una persona in meno a soffrire nel ricordo di quell’atroce 4 gennaio 1991, purtroppo la mamma di Mauro Militini si è spenta il 16 aprile scorso dopo una lunga ed incurabile malattia, un male che l’ha accompagnata già dopo i primi anni, comparso a poca distanza dalla perdita del figlio.

Carmela De Stefano, così si chiamava la mamma di Mauro, era una donna forte ma ormai fragile nel ricordo del proprio figlio trucidato senza un perché quel 4 gennaio 1991. Lei, come ogni mamma, non aveva mai accettato l’idea che suo figlio sia stato ucciso da folli, peraltro appartenenti alle forze dell’ordine, ed è per questo che non ha mai smesso di lottare per la ricerca della verità, una verità che doveva identificare i mandanti e quanti hanno coperto questi killer per troppi anni. Mia madre diceva sempre che per lei la cosa più atroce è stata quella di aver dovuto seppellire il figlio, un dolore reso più straziante dalle ombre e misteri che si sono celati intorno a questa vicenda. Si parla tanto di rinascita del paese e delle sue forze politiche, non si può rinascere sulle ombre e sulla menzogna, di arbitrari e duri a morire segreti di Stato.

Con tutte queste ombre nascerebbe sì un nuovo paese ma sarebbe come una pianta già malata di quella tremenda malattia che è la menzogna. C’è bisogno di una verità scevra da compromessi e da coperture, credo che per chi ha sbagliato sia arrivato il momento di pagare il suo conto, della Uno bianca conosciamo soltanto gli esecutori materiali. Mandanti e fiancheggiatori, non meno responsabili di tanti crimini, non hanno ancora un volto. Uno dei motivi per cui la Famiglia Mitilini si dissocia dal Presidente Zecchi nell’accettare Gugliotta libero. Prima di parlare di perdono sarebbe bene che Gugliotta dicesse tutta la verità sulla banda della Uno bianca, chiarendo i tanti lati oscuri della vicenda ed i rapporti con la “Falange Armata”, e almeno cerchi di pentirsi restituendo alle vittime la verità negataci.