Libri futuribili

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Immagine di Pensiero rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.0Da Fronte della Comunicazione di Stampa Alternativa.

Testi digitalizzati: sembra la tendenza del momento. Nelle ultime settimane, infatti, sono state molteplici le iniziative in questo senso. La più celebre è probabilmente il Progetto Biblioteche, noto a livello internazionale come Google Books Library Project, che ha avviato da qualche giorno il servizio di scaricamento dei classici in formato pdf, dopo aver stretto accordi con università straniere (soprattutto americane come Harvard, Michighan, Oxford, Stanford) e italiane (la Cattolica). Ma non è l’unica. La Jamia Millia Islamia University di New Delhi, per esempio, sta digitalizzando e rendendo liberamente consultabili volumi e manoscritti per un totale di oltre quattromila file che vanno dal XVI al XIX secolo.


E mentre prosegue la discussione (che a volte si trasforma in polemica) sugli standard per i libri elettronici (si veda il recente articolo di Gianluigi Salluzzi, Ebook: tra standard, utenza e collaborazione), a volte in barba alle disposizioni dell’International Digital Publishing Forum, c’è un’altra tendenza che si va assestando. È quella legata al tipo di carta: riciclata e/o non trattata chimicamente. Fin qui, grosso modo, nulla di particolarmente nuovo, dato che ormai ha preso un certo piede la campagna di Greenpeace Scrittori per le foreste. Più originale, invece, la proposta di William McDonough, Michael Braungart, rispettivamente un architetto statunitense e un chimico tedesco, che propongono libri su plastica. Partendo da un assunto reso dal termine «ecoefficienza»: riemmettere nel sistema materiali presenti in abbondanza e potenzialmente dannosi. A proposito di ecologia ed editoria, risulta interessante il progetto A Framework for the Epublishing Ecology.

3 thoughts on “Libri futuribili

  1. Il progetto di Google mi sembra inquietante.
    Il sogno americano di pubblicare tutto ciò che è contenuto in una biblioteca per il solo fatto che ci sia contenuto mi pare una scelta acritica e per certi versi pericolosa.
    Si rischia di mettere in linea edizioni di scarso pregio a discapito di opere di valore soprattutto dal punto di vista ecdotico.
    Tra l’altro i PDF di Google con quell’effetto “fotocopia” sono pesanti e poco utilizzabili (non si riescono a visualizzare con versioni di Acrobat Reader pari o inferiori alla 5.0, tanto per fare un esempio).
    E magari gli e-book fossero futuribili. Penso che gli utenti italiani siano ben lontani dall’aver recepito gli innumerevoli vantaggi di avere un testo digitalizzato (primo fra tutti quello di leggerlo in forma “trasversale” attraverso un data base testuale).

  2. Antonella

    Ma chi dovrebbe giudicare quali titoli digitalizzare? In base a quali parametri un volume viene ritenuto più importante o più “adatto” a essere distribuito in rete? Non si rischia che “interessi” differenti da quelli del lettore determinino la diffusione di determinate pubblicazioni a scapito di altre? Credo che comunque il lettore debba essere ciò che cerca e sceglie e che questo lavoro non vada fatto al suo posto. Altro discorso – lungo e complesso – sulla scarsa fruibilità dei libri elettronici.

  3. Assolutamente d’accordo sulla seconda parte del tuo intervento.
    Quello di cui stiamo discutendo per Google accade anche in Italia, da anni. Per cui se Google sta male, le biblioteche digitali italiane stanno molto, ma molto peggio.
    Il fatto che un certo “volontario” si ritrovi in casa una edizione vetusta della “Divina Commedia” e che si metta a copiarla diligentemente, o passarla all’OCR non significa che quell’edizione sia necessariamente buona. E il rischio è che una volta digitalizzato e immesso in rete, quel testo sia e resti il testo di riferimento per l’opera di Dante in saecula saeculorum (magari con qualche errore di trascrizione o scansione).
    Secondo me chi dirige o coordina queste iniziative dovrebbe avere delle conoscenze di base tali da permettere almeno una scrematura motivata dell’offerta proposta.
    Si può decidere di digitalizzare il “Canzoniere” di Petrarca, ma un conto è offrire un’edizione con il commento di Giacomo Leopardi e il saggio introduttivo di Ugo Foscolo (esiste!) altro conto è “fotocopiare” in PDF un volume dell’ottocento che propone il testo di Petrarca nudo e crudo solo perché l’Università Cattolica ce l’ha in biblioteca e, guarda caso, ha anche un accordo con Google in tal senso.
    In Italia alcune risorse di e-book sono condotte da persone che non hanno nemmeno una laurea e che dicono “Siamo solo dei volontari, facciamo quello che possiamo”. Questo va bene quando si tratta di andare a fare la spesa alla signora anziana del piano di sopra che non può muoversi, ma quando c’è in ballo la cultura il discorso si fa più delicato. E’ un problema di responsabilità.
    E comunque il discrimine sulla fruibilità dei testi elettronici, a mio giudizio, lo fanno i formati editabili (proprietari o no che siano).

    Mi scuserete, tu e i tuoi lettori, per questa “lungagnata”?

    PS: Insisto che su questi temi bisognerebbe scrivere qualcosa a quattro mani :-)

    PS2: Per oggi basta e-book, vado a fare una escursione sul Gran Sasso. :-) :-)

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