(Qui la prima parte) “Non sono stato io”. Maurizio Minghella, nemmeno dopo l’ergastolo per i primi quattro delitti, quelli del 1978, ammise di aver ucciso. Continuò a proclamare la sua innocenza dal carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro, all’Isola d’Elba, e nel 1995 la sua condizione cambiò in meglio quando venne trasferito alle Vallette di Torino ottenendo la semilibertà. Sembrava rigare dritto e andò a lavorare come falegname per la cooperativa “Piero e Gianni” del Gruppo Abele.
A chi lo seguiva, il passato infarcito da difficoltà scolastiche, piccoli furti e pose da playboy appariva un capitolo chiuso. Addirittura aveva conosciuto una donna e nel 1997 era arrivato un bambino. Due anni dopo aveva una nuova compagna, ma i guai erano dietro l’angolo.
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