De Vuono, “l’Anello”, il caso Moro e il sequestro Saronio

Standard

Giustino De VuonoÈ un caso che questo post venga scritto oggi, nell’anniversario dell’uccisione di Aldo Moro (e di Peppino Impastato, assassinati entrambi nel 1978). Ma è un caso azzeccato che prende spunto da un aggiornamento su un personaggio di cui si parla in Pentiti di niente, trovato nel libro di Stefania Limiti, L’anello della repubblica (Chiarelettere, 2009). L’aggiornamento riguarda Giustino De Vuono, coinvolto come appartenente all'”ala” della criminalità comune nel sequestro e nell’omicidio di Carlo Saronio, avvenuti tra il 14 e il 15 aprile 1975 a Milano.

In questa vicenda si inizia a parlare di De Vuono, ex legionario che si dà alla malavita al rientro in Italia, come dello “scotennato”: coinvolto in traffici vari, si aggrega alla banda che rapirà l’ingegnere lombardo e sarà colui che terrà i collegamenti con la famiglia. Nel libro di Stefania Limiti lo si ritrova invece quando si parla del ruolo nella ‘ndrangheta nel sequestro Moro. Scrive l’autrice partendo da un articolo del Corriere della Sera del 1978 (pagina 188 e seguenti):

L'anello della repubblica

«Delinquente di prima grandezza […] evaso dal carcere poco prima dell’operazione Moro […], De Vuono viene riconosciuto da due testimoni [presenti in via Fani, N.d.B.] tra le venti foto pubblicate dall’Ucigos», ma i pur numerosi elementi che indicano la sua presenza non sono valsi a far scattare indagini più accurate. Di De Vuono parlò anche Ernesto Viglione, giornalista che abita in via Fani e che per questa vicenda sarà condannato a tre anni e sei mesi in primo grado e poi assolto in appello: Viglione disse «di essere entrato in contatto con il terrorista dissidente “Francesco”, che gli aveva proposto un’intervista con Moro nel “carcere del popolo”. Era maggio. Moro fu ucciso prima che Viglione potesse verificare le proposte di “Francesco”, un uomo dal forte accento lucano o calabrese, che Viglione riteneva fosse Giustino De Vuono.

Continue reading