Infine, in quest’elenco, c’è un personaggio quasi di colore da aggiungere. È Arrigo Molinari. Ex poliziotto, quando concluse la sua carriera in divisa, si congedò con il grado di vicequestore a Genova e di certo negli anni in cui prestò servizio di sé fece parlare. Accadde, in termini clamorosi, quando nel 1981 saltò fuori che il suo nome era incluso nella lista degli iscritti alla P2 con la tessera 767. Sottoposto a provvedimento disciplinare interno, riuscì a cavarsela perché vennero prese per buone le sue motivazioni: lo fece per ragioni di servizio. Per vederci più chiaro nelle attività della loggia, aveva infatti provato – riuscendoci – a infiltrarvisi. Lo stesso raccontò nel maggio 1984 a Carlo Palermo, ai tempi pubblico ministero alla procura di Trento.
L’inchiesta in corso riguardava traffici di droga e armi che avevano finito, attraverso un finanziere di origine svizzera, per coinvolgere anche il partito socialista e fu un’inchiesta che non giunse mai a termine perché Palermo fu deferito al Consiglio superiore della magistratura. A quel punto la sede a cui venne destinato fu Trapani, dove nel 1985 subì un grave attentato: un’autobomba a lui destinata esplose a Pizzolungo uccidendo una donna alla guida di una vettura che lo stava superando, Barbara Asta, e i suoi due figlioletti. Dopo poco il magistrato lasciò la toga e si dedicò alla professione di avvocato, oltre che di politico.
Le informazioni che Molinari fornì a Palermo prima di questi fatti erano per la maggior parte de relato e la prima, riferitagli dal suo ufficiale reclutatore, riguardava gli Stati Uniti. Qui – sostenne – sarebbe stato conservato uno degli archivi della P2, che andava riconsiderata in termini internazionali dato che coinvolgeva, oltre a gerarchi sudamericani, come l’ex capo di Stato maggiore della marina militare argentina, Emilio Eduardo Massera, anche esponenti della finanza e della massoneria a stelle e strisce. Lo spirito atlantico che avrebbe cementato i rapporti tra i piduisti italiani e i loro referenti americani sarebbe stato così forte da imporre una riunione presso l’ambasciata statunitense a Roma per analizzare la vittoria elettorale del PCI alle amministrative del 15 giugno 1975.
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