In uscita a giorni “Il programma di Licio Gelli – Una profezia avverata?”

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Il programma di Licio GelliNei prossimi giorni uscirà il nuovo libro, Il programma di Licio Gelli – Una profezia avverata?, per la casa editrice Socialmente, un testo che, a cavallo tra il prima e il dopo P2, va a vedere cosa è cambiato dopo la fine dell’era gelliana. E in che termini questo cambiamento c’è stato. I termini sono quelli del consolidamento di potentati già in fieri tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo in una scalata in cui, anche laddove i nomi fossero diversi (e non sempre lo sono), pratiche e modalità di gestione di cosa pubblica e privata rimangono identici. Le righe che seguono sono la prefazione del libro, scritte da Oscar Marchisio, mentre nei prossimi giorni verrà pubblicato il pdf del volume, rilasciato con licenza Creative Commons.

Visionario e pragmatico, il “maestro” ha trovato nel “fratello” 1816 della P2 il suo allievo prediletto, il suo continuatore. Padre, figlio e fratello: nel paradigma trinitario il “venerabile” ha incardinato e benedetto il suo rapporto con il “figlio prediletto”, “l’unico che può andare avanti”, dopo di lui, come ha precisato nell’ottobre del 2008.

Tutti gli obiettivi e i metodi del “Piano di rinascita democratica”, dal club bipartisan come forma dei partiti, ovvero “un rotary allargato”, alla “creazione dell’agenzia centralizzata” per il comando sui media, dalla separazione delle carriere in magistratura fra “requirente e giudicante”, alla rottura del fronte sindacale, usando pezzi della Cisl e tutta la Uil contro la CGIL, sono pienamente recepiti e in via di realizzazione nei vari governi Berlusconi, come drammaticamente ci fa vivere l’analisi dell’autrice.

Ma ancor di più la puntigliosa e pungente indagine da cronista dell’autrice racconta una mappa di uomini e di potere, assolutamente attiva e dispiegata sul territorio dagli anni ottanta ad oggi. Da Florio Fiorini a Tassan Din, da Publio Fiori a Gianni Letta, dall’ammiraglio Geraci a Giuseppe Santovito, da Federico D’Amato, consigliere di Cossiga, a Walter Pelosi, da Ferdinando Guccione a Fabrizio Cicchitto, si articola pienamente l’occupazione dell’Italia e l’instaurazione della “dittatura morbida” come nuova “Costituzione”, materialmente già realizzata, così che il ‘fratello’ 1816 ogni tanto vorrebbe anche adeguarla formalmente. Come dire un atto dovuto, visti i cambiamenti concreti già realizzati.
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L’eversore e l’erede della loggia P2. Un testo di Dino Greco

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Questo articolo, L’erede della loggia P2 – argomento su cui si è tornati alcune volte in questo periodo (e a breve ci saranno ulteriori novità sempre in tema) – è stato pubblicato oggi sul quotidiano Liberazione a firma di Dino Greco. Direi che interpreta correttamente alcune analogie tra passato e presente e che rende in termini altrettanto corretti gli adattamenti del precedente piano allo stato attuale.

Il Paese, la democrazia repubblicana sono sotto scacco. Al rifiuto del Capo dello Stato di controfirmare il decreto che ordina di riprendere l’alimentazione forzata di Eluana Englaro, Berlusconi risponde con la convocazione delle Camere (anche se non rientra nei suoi poteri farlo) per approvare, a tamburo battente, attraverso il voto di fiducia, una legge che risolva in radice l’oggetto del contenzioso. Sembra che, nelle ultime ore, questa tracotante intenzione abbia incontrato, nella stessa maggioranza e specialmente nel Presidente della Camera, qualche significativo contrasto. E che, “in articulo mortis”, l’uomo di Arcore sia stato costretto a scegliere una strada formalmente meno dirompente: un disegno di legge affidato ad un percorso parlamentare accelerato. Ma resta, tutta intera, l’intenzione eversiva, l’insofferenza sempre più marcata verso ogni e qualsiasi regola o potere che si frappongano all’esercizio del suo potere assoluto. Si guardi alla successione di eventi di questa convulsa giornata. Prima Berlusconi si scaglia contro il presidente della Repubblica, accusato di avallare con il suo diniego niente meno che il reato di «omissione di soccorso di una persona in pericolo di vita». Poi, in un crescendo rossiniano, dichiara che la decretazione d’urgenza, il ricorso al voto di fiducia, rappresentano il modo ordinario, necessario, di governare. E se ciò non bastasse – ma i nessi logici si fanno qui assai laschi – si rammenti che è sempre possibile tornare dal popolo sovrano per ottenerne un mandato plebiscitario a cambiare la Costituzione. In un sol colpo, il caudillo italiano squaderna l’intero suo repertorio, ereditato – come è sempre più evidente – dal «programma di rinascita democratica» del «venerabile maestro» Licio Gelli: minaccia il capo dello Stato e ne usurpa le prerogative, ignora la sentenza della Corte di Cassazione, si sbarazza del Parlamento, attacca con ossessione compulsiva la Costituzione, travolge ogni senso di laicità dello Stato per conformarsi alle pulsioni più reazionarie della gerarchia vaticana, esercita un’inaudita violenza sul corpo di una donna costringendola a protrarre un’esistenza puramente vegetativa, compie un gesto di crudele sopraffazione sulla sua famiglia. Ve n’è più che abbastanza per comprendere che – forse come non mai in questa pessima stagione politica – si sia superata la soglia di guardia, oltre la quale sono davvero messe a repentaglio la democrazia e le libertà fondamentali. Non è bene attendere che la corsa si fermi in fondo al piano inclinato. Perché allora potrebbe essere troppo tardi. Occorre mobilitarsi, da subito, in tutto il Paese, costruendo la massima unità.

Gelli, la P2 e alcuni input sui rapporti con l’America Latina

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Perché – è stato chiesto in un commento – la P2 aveva rapporti così buoni con i caudillos dell’America Latina? Ecco alcune rapidissime informazioni in merito. È stato acclarato che Licio Gelli coltivava buoni rapporti con personaggi di alcuni paesi dell’America Latina fin dal secondo dopoguerra attraverso ex appartenenti alla repubblica sociale italiani emigrati oltre oceano. Oltre a quanto contenuto negli atti prodotti dalla commissione parlamentare sulla P2 (http://www.strano.net/stragi/tstragi/relmp2/index.html e http://web.archive.org/web/20051219204642/http://apolis.com/moro/commissioni/p2/min/indicef.htm), ne parlano anche diversi giornalisti e autori (Leo Sisti, Gianfranco Modolo, Sergio Flamigni, Walter Settimelli). Leggendo quanto disponibile, Calvi, iniziando ad aprire sedi anche in quell’area, agevola il consolidamento delle attività di Gelli e del suo sodale, Umberto Ortolani. I buoni rapporti non si limitano all’Argentina, ma comprendono anche l’Uruguay, e tanto fa attraverso appoggi locali che nel 1973 si qualifica come “ambasciatore” della fratellanza italiana.

Inoltre l’ex maestro della P2 avrebbe all’inizio degli anni Settanta aiutato Peron a vendere l’oro che si era portato da casa, ai tempi dell’esilio, contribuendo cosi’ a sostenere economicamente il suo ritorno a Buenos Aires. Intanto in Argentina prosegue – come racconta Flamigni – a tessere una rete di relazioni che comprendono vari ministri (benessero sociale, esteri) e militari (capo di stato maggiore della marina, alti ufficiali e appartenenti agli apparati di sicurezza). Inutile dire che quando Peron rientrerà in patria, Gelli sarà ben accolto e a questo punto inizia a estendere ulteriormente i suoi rapporti con l’ente petrolifero e circuiti bancari. Riceverà pure un passaporto diplomatico diventando ambasciatore dell’Argentina nella città di Firenze. Quando arriveranno i tempi di Massera e Videla, esploderà anche uno scandalo legato a un traffico d’armi, cosa sempre smentita da Gelli ma citata in commissione.
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