Usa:cane chiama 118 e salva padrona
Il rottweiler ha saputo schiacciare i tasti telefonici
(ANSA) – WASHINGTON, 30 OTT – Chiamando il 911, cioe’ il 118 d’America, Faith, un rottweiler di quattro anni, ha salvato la vita alla propria padrona. La donna infatti si era sentita male ed aveva perso conoscenza.E’ accaduto a Richland nello Stato di Washington, dove Leana Beasley, 45 anni, aveva addestrato Faith a chiedere aiuto sollevando il ricevitore e schiacciando col naso un tasto per la chiamata d’emergenza.
Author: Antonella
Net to be (or not?)
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Leone divora uomini per male denti
StandardPer un ascesso preferiva la carne umana, ne ha uccisi 35
(ANSA)-NAIROBI, 20 OTT – Forse è il leone che ha divorato il maggior numero di uomini: almeno 35 in 20 mesi, ghermendoli in 8 villaggi nella Tanzania meridionale. Abbattuto, infine, si è scoperto che quasi certamente mangiava gli uomini per il mal di denti. Secondo la Bbc on line, è stato accertato che il felino aveva un grosso ascesso sotto un molare rotto in vari pezzi. E invece di ghermire le prede, in particolare i bufali, preferiva gli uomini, la cui carne doveva apparirgli molto meno dura da masticare.
Monsieur Cesare Battisti
StandardDa ViaLibre5, “Je n’ai pas tué”.
Trouvant insupportables la plupart des commentaires de presse ayant fait suite à l’arrêt d’extradition prononcé par la Cour d’Appel de Paris le 30 juin 2004, Cesare Battisti réaffirme formellement qu’il n’a jamais tué et qu’il est innocent des crimes qui lui ont été attribués. C. Battisti rappelle qu’il est protégé par deux arrêts de non-extradition rendus par la Cour d’Appel de Paris en 1991 et par la parole de F. Mitterrand, respectée depuis dix-neuf ans par neuf gouvernements successifs, de droite comme de gauche. Révolté par la décision injuste du 30 juin qui envoie un innocent en prisonà vie sans aucun recours possible, il demande à bénéficier d’un procès équitable en Italie, en présence d’observateurs internationaux.
Par ailleurs a été remis à l’AFP un argumentaire détaillé qui démontre :
1. Que le procès contre C. Battisti en Italie, au cours duquel la torture fut pratiquée, ne fut pas régulier, et que Cesare Battisti fut condamné sans aucune preuve et sans témoin, sur la seule parole de ” repentis ” et de ” dissociés ” ;
2. Que ce procès n’a jamais été approuvé par la Cour Européenne des Droits de l’Homme, contrairement à ce qui est souvent publié ;
3. Que l’arrêt de non-extradition prononcé par la Cour d¹Appel de Paris en 1991 était définitif et revêtu de l’autorité de la chose jugée;
4. Que la Cour a agi sur ordre du Ministre de la Justice, D. Perben; rien ne permettait légalement à la Cour de réexaminer cet arrêt en 2004, sauf artifices de procédure;
5. Que la loi sur la contumace italienne, qui ne prévoit pas de nouveau procès pour un accusé jugé en son absence, a été acceptée par la Cour d’Appel de Paris alors qu’elle est expressément contraire à la loi française et au droit de tous les pays d’Europe;
6. Que la réforme de la contumace italienne (1989 et 1999) ne l’a pas rendue ” parfaitement respectueuse des exigences des droits de l’homme “, comme l’a affirmé à tort J. Chirac deux jours après la décision d’extradition. La Cour Européenne des Droits de l¹Homme continue de condamner la contumace italienne et de refuser l’extradition vers l’Italie;
7. Que la condamnation définitive de C. Battisti en Italie date bien de 1990 et non pas de 1993, comme la justice italienne tend à le faire croire. Elle est donc antérieure à la décision de non-extradition de 1991 et la Cour de Paris en était parfaitement informée à cette date;
8. Que l’arrestation de C. Battisti le 10 février 2004 a été rendue possible par une fausse plainte de voisinage, aggravée par une fausse note des Renseignements Généraux;
9. Que la cour d’Appel de Paris a commis une hérésie judiciaire en excluant Cesare Battisti du bénéfice de l’article 6.1 de la Convention Européenne des Droits de l’Homme, c’est-à-dire en le privant du droit au procès équitable, droit dont tout accusé a toujours bénéficié ;
Pour conclure, la Cour d’Appel de Paris a, semble-t-il, agi sur ordre politique. Elle a accepté de juger un homme deux fois sur les mêmes faits et a sciemment violé le droit français et la jurisprudence européenne. Elle a en effet cautionné l’irrégularité du procès italien, accepté la contumace italienne; déjugé un arrêt antérieur définitif, exclu un homme du droit au procès équitable, et n’a pas respecté l’indépendance de la justice.
About NoSCOpyright
StandardDa Il Manifesto del 15 settembre, una recensione a NoSCOpyright.
Il diritto d’autore alla sbarra
Un libro sulla querelle giudiziaria contro la Ibm che usa Linux
Arturo Di Corinto
Il 6 marzo 2003 la Santa Cruz Operations (Sco) cita in giudizio Ibm per violazione delle norme contrattuali nell’utilizzo del «suo» codice proprietario nel kernel diLinux nella convinzione che questo sistema operativo sia un derivato di Unix di cui l’azienda attraverso un gioco di scatole cinesi rivendica i diritti. La comunità del software libero insorge e Ibm reagisce negando di aver violato alcun segreto commerciale. Sco rilancia annunciando la fine della vendita di Linux essendo un «derivato non autorizzato di Unix» e afferma che il suo utilizzo «improprio» potrebbe costare caro anche agli utenti finali. A questo punto gli utenti di Linux si autodenunciano, ma Eben Moglen, legale della Free Software Foundation, interviene spiegando che mai e poi mai un utente finale di Linux potrebbe essere più responsabile di chi legge un libro fotocopiato senza autorizzazione.
Da allora si sussegue una fitta girandola di avvenimenti. Le parti in causa cominciano la guerra dei comunicati, fino al momento in cui Sco pubblica la lista dei file che sarebbero codice di sua proprietà, venendo smentita proprio da Torvalds (il «padre» di Linux) che afferma di aver scritto personalmente i files. La saga però continua, come pure i colpi di scena, quando grazie a un’inchiesta condotta dallo studioso Eric Raymond si scopre che Sco ha ricevuto 50 milioni di dollari da una società di capitali di rischio controllata da Microsoft, la Baystar, per continuare la battaglia legale contro Ibm. Invitata dai giudici a mostrare i documenti che proverebbero la frode di Ibm, Sco Group si rivela inadempiente. Il 3 marzo 2004 viene diffuso il documento Halloween X: follow the money che ricostruisce il percorso di 68,5 milioni di dollari trasferiti da Microsoft a Sco a titolo di finanziamento per le spese legali.
La discesa in campo di Microsoft, interessata a contrastare lo sviluppo e l’utilizzo del sistema operativo che rischia di scippargli il monopolio nel software di base, non è l’ultimo motivo per cui il gruppo Nmi (Non Maskable Interrupt) ha deciso di pubblicare in Italia nei tipi di Stampa Alternativa il libro NoSCOcopyright. Il caso Sco contro Linux (pp 150, ¤ 10) in cui viene ricostruita tutta la vicenda, una «storia esemplare delle distorsioni in tema di ‘proprietà intellettuale’ che le grandi multinazionali vanno operando ai danni degli stessi consumatori loro clienti» e «per denunciare uno dei più clamorosi casi di malaffare informatico degli ultimi dieci anni». (www.nmi-club.org).
Il libro è un’opera meritoria – di controinformazione si sarebbe detto un tempo – fatta con precisione e dovizia di particolari a favore di tutta la comuità del software libero, perché ricostruisce la vera storia di Linux a discapito delle pretese proprietarie di Sco, a cominciare dai natali e dalle evoluzioni di un grande sistema operativo, lo Unix, che ha appena compiuto i 35 anni di vita, e che venne scelto come base di servizio per la primitiva Internet (Arpanet); ma anche perché dimostra come per ragioni politiche ed economiche le lobby finanziarie abbiano sempre cercato di influenzare lo sviluppo degli standard di comunicazione nell’informatica e nelle telecomunicazioni.
Il libro poi è anche una storia esemplare di come una comunità, quella del software libero, che, pur numerosa, non ha mai avuto i mezzi né di Gates né della finanza mormone – fra i protagonisti della vicenda – sia riuscita a tenere testa alle major dell’informatica che hanno cercato di snaturare una delle più interessanti avventure intellettuali del secolo appena concluso: non Linux, ma la costruzione della sua comunità.
Ancora Indymedia
StandardInternet: Ifj, no blocco Indymedia
La Federazione dei giornalisti ha chiesto un’inchiesta
(ANSA) – BRUXELLES, 9 OTT – La Federazione giornalistica internazionale (Ifj) chiede un’indagine sulla chiusura di 21 siti internet di Indymedia nel mondo. L’Ifj, che rappresenta 500.000 giornalisti di 100 Paesi,definisce il blocco dei siti “un’intollerabile e invasiva operazione internazionale di polizia contro una rete specializzata nel giornalismo indipendente. Il modo in cui si e’agito ha il sapore piu’dell’intimidazione contro una legittima inchiesta giornalistica che non della repressione di un crimine”.
Sequestrati gli hard disk di Indymedia
StandardDal comunicato pubblicato sul sito di Indymedia:
Giovedì 7 Ottobre 2004, alle 18 circa, l’FBI si è presentata presso la sede statunitense e quella inglese di rackspace, l’azienda presso la quale risiedono i server che ospitano molti siti locali di indymedia, fra cui italy.indymedia.org.
Gli agenti hanno richiesto il sequestro delle due macchine ed hanno preteso la consegna dei dischi, portandoseli quindi via.
Attualmente non abbiamo informazioni ulteriori, nemmeno sui motivi che hanno portato a questa operazione.
Siamo in attesa di tornare online con una macchina di riserva, avendo attualmente perso molto del materiale presente su indymedia.
Per ulteriori informazioni non possiamo che invitarvi a chiedere al Federal Bureau of Investigation.
Per maggiori informazioni:
Nebbia
Standard
È la metà degli Anni Settanta quando la guerra fredda e la corsa agli armamenti miete vittime sul territorio di chi sperimenta. Un terremoto provoca una profonda frattura nella campagna britannica e dalle viscere della terra fuoriesce un gas giallo. Non si disperde, si sposta. Non evapora, si alimenta. Non riduce solo la visibilità, provoca mutamenti delle cellule celebrali inducendo pazzia, violenza, torpore, coma e morte. È il frutto della ricerca bellica, un micoplasma che era stato sotterrato ma che, riemerso in superficie, depositerà il suo manto su Londra.
Nebbia di Hames Herbert, Urania Mondadori (1976)
L’anno dell’uragano
Standard Joe R. Lansdale e i suoi libri sono sempre una garanzia. Lo conferma il breve romanzo L’anno dell’uragano (Fanucci, Collana Collezione Immaginario Dark), che, partendo da un cataclisma realmente accaduto e da un incontro di boxe davvero disputato (o quasi), ricostruisce una piccola comunità che vive nella città che a bellezza faceva concorrenza a New York. Almeno fino all’uragano. Personaggi ambigui, biechi e perversi si mescolano con altri positivi, giusti e progressisti. Dove bianco e nero – di pelle e di anima – si affrontano, si mescolano, in alcuni momenti non si distinguono e magari finiscono invertiti almeno un po’. Il tutto sottoposto, travolto e reso vacuo dalla forza della natura e dalla superficialità umana. Lettura rapida (a me ha occupato due ore e mezzo, il tempo di un viaggio in treno), lo vale tutto il suo prezzo di copertina. Infine, la postfazione di Valerio Evangelisti e l’introduzione scritta dallo stesso Lansdale per la versione italiana rendono il volume un libro notevole.
La guerra delle parole
StandardRaymond non è proprio un autore che mi entusiasmi e, come sostiene Paolo Rossi, chi è nato per far parte di una minoranza morirà in minoranza. Ma il saggio Terminology Wars: A Web Content Analysis risulta piacevole. Non sarebbe male ripetere l’analisi che ESR ha condotto per verificare ciò che ha desunto. Perché, come diceva Nanni Moretti, “le parole sono importanti: chi parla male, pensa male e vive male”.