Mauro De Mauro: 16 settembre 1970, in attesa di un ascensore che riporti a casa un uomo e che resterà vuoto

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Trentaquattro anni fa, il 16 settembre 1970, scompare il giornalista Mauro De Mauro. Franca, sua figlia, è davanti all’ascensore del palazzo in cui vive con la famiglia. Attende che arrivi al piano terra e attende anche che il padre rientri. Lo ha visto parcheggiare appena un attimo prima e sarà questione di momenti, varcherà il portone e potranno salire a casa. Ma Franca non viene raggiunta da lui e allora la ragazza torna fuori e lo scorge mentre sta parlando con alcune persone che di cui non riesce a scorgere con chiarezza i lineamenti. Vede però il padre che risale in auto, una Bmw, e che si allontana per non tornare mai più.

Inizia così, il 16 settembre 1970, il segreto che avvolge la fine del giornalista Mauro De Mauro, firma del quotidiano palermitano L’Ora e una vita trascorsa in cronaca nonostante il recente passaggio allo sport. Che fine ha fatto? Perché? Chi lo ha fatto sparire? Tra i motivi emerge la vicenda di Enrico Mattei, fondatore e primo presidente dell’Eni, morto in un disastro aereo il 27 ottobre 1962 che si scoprirà anni dopo essere stato un attentato. Un attentato legato all’Ente Minerario Siciliano, l’Ems, lo stesso a cui si sarebbero legate, attraverso alcuni suoi funzionari, diverse storie nere della storia d’Italia. Ai tempi l’Ems era presieduto dal democristiano veneto Graziano Verzotto, inviato nel 1955 in Sicilia da Amintore Fanfani, e se l’esplosione del Saulnier 706 di fabbricazione francese fu una delle storiacce che lo lambirono, ci furono altri fatti, legati al bancarottiere siciliano Michele Sindona e al suo finto sequestro dell’agosto 1979, oltre a storie poi innestate su fondi neri.

Ma non c’è solo la vicenda Mattei nella scomparsa di Mauro De Mauro che vi lavorava su incarico del registra Francesco Rosi. Scomparsa che è stata definita un delitto di cosa nostra, ma non solo. Il giornalista, infatti, si era occupato del tentato golpe che il principe nero Junio Valerio Borghese avrebbe attuato qualche mese dopo la scomparsa, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, e del ruolo preparatorio avuto dai boss. Secondo quanto affermarono alcuni collaboratori di giustizia, De Mauro aveva ricevuto informazioni in proposito da alcuni fascisti con i quali era rimasto in contatto dopo aver fatto parte della X Mas dello stesso Borghese.

Quando poi il giornalista sparì furono molti i depistaggi che per quattro decenni impedirono di accertare quello che accadde. E di uno di questi parlò il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano, poi ucciso a sua volta il 21 luglio 1979, al pubblico ministero che si occupava della vicenda, Ugo Saito. Si trattava di una riunione riservata che si sarebbe tenuta a Villa Boscogrande e a cui avrebbero partecipato anche uomini dei servizi segreti. Tanti dunque gli interrogativi, riproposti ancora nel 2006 con l’imputazione a Totò Riina, assolto dalla Corte d’Assise di Palermo nel 2011 per “incompletezza della prova”. Interrogativi che dunque restano ancora oggi, nonostante le recentissime dichiarazioni di altri pentiti, e che riconducono sempre lì, ai primi anni della strategia della tensione e ai suoi addentellati con la criminalità organizzata, oltre che con il terrorismo.