“L’acqua che mangiamo”: un bene comune raccontato da una prospettiva diversa che comunque incide su consumi e sostenibilità

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L'acqua che mangiamoChe sia un bene comune è fuori di dubbio e proprio in quest’ottica è interessante l’approccio del libro L’acqua che mangiamo – Cos’è l’acqua virtuale e come la consumiamo (Edizioni Ambiente) a cura delle ricercatrici Marta Antonelli e Francesca Greco:

Nel cibo che mangiamo, nelle scelte che facciamo al supermercato o al ristorante, c’è dell’acqua. Migliaia di litri di acqua si trovano racchiusi in un hamburger, un uovo o un caffè. Ad esempio: per produrre un chilogrammo di pasta secca sono necessari circa 1.924 litri d’acqua, per una pizza da 725 grammi, 1.216 litri.

Questo volume introduce, per la prima volta in Italia, lil concetto di “acqua virtuale” inteso come il quantitativo di acqua necessario a produrre cibi, beni e servizi che consumiamo quotidianamente, e che già da anni alimenta il dibattito internazionale sulla sicurezza alimentare e il mercato globale, sugli stili di consumo e di vita, perfino sul diritto all’acqua. E l’Italia è il terzo paese importatore netto di “acqua virtuale” al mondo.

L’acqua che mangiamo spiega, con un approccio multidisciplinare, la problematica idrica e le sue implicazioni economiche, sociali e politiche. È uno strumento che, pur ricordandoci che la risorsa più preziosa è limitata, permette ai cittadini-consumatori e agli operatori del settore agricolo e della distribuzione alimentare, di misurare l’importanza delle scelte possibili per influire e giungere ad una maggiore sostenibilità d’uso.

Qui il sommario del libro.