Qualcuna presta il fianco alla tesi del complotto internazionale delle banche, come Michaela Biancofiore. E si spera per lei e per le sue capacità di analisi che sia in malafede, che non dica sul serio, pronta a qualsiasi affermazione pur di difendere il capo decaduto. Anche a sollecitare gli italiani a comprarsi il debito pubblico in nome di una disperata – ma forse è più corretto scrivere disperante – autoctona difesa dell’economia nazionale provocando più di qualche sarcasmo di chi in materia ne capisce.
E poi c’è qualche altra Pdl-lady, come Daniela Santanchè, che nega anche l’evidenza di un semplice esercizio aritmetico, come la conta dei voti in parlamento. “L’opposizione non ha la maggioranza”, ha sostenuto a emicicliche urne ancora calde. Del resto, se per 17 anni, ha funzionato la strategia di affermare il falso fino a quando fosse ritenuto vero o per lo mento verosimile, perché non tentare anche stavolta?
Di Gabriella Carlucci, poi, si è già ampiamento scritto. La pasionaria azzurra che, a nave in affondamento rapido, salta sulla scialuppa dei cattolici centristi dell’Udc si è discusso da lunedì sera. Qui valga solo un’aggiunta, passata con minor evidenza ma a discreta esplicazione del personaggio. Nel giro di qualche ora, l’onorevole transfuga ha oscurato il suo sito personale, dove tante volte ha inneggiato allo schieramento a cui apparteneva fino a pochi giorni fa e al suo leader. Viene da pensare che, arrivati a questo punto, non abbia più il coraggio delle sue precedenti affermazioni.
Per quanto riguarda Renata Polverini, dalle braccia dell’estrema destra romana al partito delle libertà e dell’amore che l’ha consacrata alla guida della Regione Lazio, non si rintraccia nemmeno una dichiarazione sulla crisi. Negli ultimi giorni ha parlato di filiali locali dell’ospedale San Raffaele prossimo al baratro, di nuove strutture sportive per le squadre di calcio, aumenti del trasporto pubblico, occupazioni e sit in protesta per l’ennesima azienda che chiude o mette in cassa integrazione. Certo, alcuni di questi sono argomenti importanti e non va dimenticato che oltre alla crisi di governo, la vita continua ad andare avanti e per certe fasce sociali va anche peggio di giorno in giorno. Però, essendo esponente di una certa parte politica, della ex maggioranza, stupisce la concentrazione totalizzante per le questioni territoriali e nemmeno una parola per la politica nazionale.
Continuiamo con la carrellata. Isabella Bertolini, 48 anni da Modena, nei giorni scorsi se n’è uscita dichiarando in primis di non essere un “tipo da forza gnocca” e, forte di questa ammissione, ha trascorso due ore a palazzo Grazioli e s’è rimangiata quanto aveva detto in precedenza chiedendo al Cavaliere un passo indietro. No, no, resti, e il suo voto ce l’avrà, come in effetti poi è accaduto nel voto parlamentare. Un po’ in extremis, ma almeno una salvata.
Alessandra Mussolini, nipote del ventennale dittatore e una a cui invece “forza gnocca” è sempre piaciuto come slogan sfatandone l’esplicita presa in giro, è una che non si fa zittire. I responsabili (si fa per dire e lo dicono loro) sono “mercenari” e poi se ne va nel confessionale del “Grande fratello” (la trasmissione televisiva, non qualche strumento di spionistico dossieraggio della politica) e riporta con i piedi per terra le concorrenti con troppi grilli per la testa. “Non sei Sofia Loren”, ne ha rintuzzato una. Perché le icone sono sempre tali, se poi sono anche zie.
Esplicita la dichiarazione della deputata Pdl Barbara Mannucci, capelli chiari e fisico esile. “Silvio, sarò la tua Claretta Petacci”, fine compresa, perché l’amore è amore e la fedeltà non deve essere messa mai in discussione. Neanche a evocare proiettili che rendono i conti con due decenni di dittatura e le force di piazzale Loreto. Ventinove anni, alla sua prima esperienza politica nazionale, ha aggiunto di aver conosciuto il Cavaliere a 14 anni e dopo tre lustri non ha dubbi: “Silvio si inventerà qualcosa. Io sarò qui a sostenerlo”. Bene, altra freccia nella faretra del “Drago” di Arcore.
Meno certa la presenza del “dardo” Mara Carfagna, che da un anno minaccia di andarsene perché nel partito c’è troppo maschilismo, ci sono troppe ombre della criminalità, ci sono troppo pettegolezzi. Finora è stata recuperata, ci ha pensato Lui in persona, e anche stavolta, dopo la presunta pace fatta con il coordinatore regionale campano del Pdl Nicola Cosentino, non ha rotto le fila. Ma più di un notista l’ha data come tentennante, sempre pronta a prendere la porta. Discorso analogo per la bionda siciliana Stefania Prestigiacomo, ministro dell’ambiente, un’altra che qualche calcio l’ha tirato venendo ricondotta a più miti consigli. Però, con gli esponenti dell’esecutivo che preparano gli scatolini con i loro effetti personali da portare a casa, è andata avanti come un fuso perché alluvioni ed emergenze idrogeologiche sono altri temi del momento.
Lo spettacolo che deriva dal crollo dell’impero non lascia indenne nessuno. Nemmeno le donne che tante volte vengono chiamate a rappresentare un’alternativa. Moltissime, fuori dalle aule parlamentari e di governo, lo sono e lo dimostrano tutti i giorni, nei settori più svariati. Ma di quelle che, elette in listini e listoni bloccati o per ragioni che esulano dal concetto di competenza e meritocrazia, non si può dire altrettanto. Quando si parla di sostituzione dell’intera classe dirigente della politica si devono includere anche loro, senza alcuna attenuante per il genere a cui appartengono.
Il ricambio deve tenere conto anche di un altro aspetto: restituire in pieno dignità alle donne, fin troppo oltraggiate da opportunismi, chiamiamoli così, che con l’interesse del Paese e dei suoi cittadini non hanno nulla a che fare. Cerchiamole, queste donne, nella società civile ce ne sono finché si vuole. Nei palazzi della politica meno, da qualunque palco si guardi il parlamento.
(Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Domani diretta da Maurizio Chierici)