Antonio Mazzeo racconta su Micromega il mercato dell’industria italiana degli armamenti

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Prendo ancora da Roberto Laghi il suo post Armi italiane nel mondo: Antonio Mazzeo ne parla su Micromega

In un articolo pubblicato qualche giorno fa su Micromega, il giornalista Antonio Mazzeo fa il punto sul mercato dell’industria italiana degli armamenti. Un settore che non ha conosciuto crisi, perché tra il 2008 e il 2009 “l’export di armamenti è cresciuto del 74%”.

Mazzeo indica anche la lista dei principali Paesi destinatari della produzione bellica made in Italy, il cui marchio è presente su ogni tipo di strumento di guerra, compresi quelli per la tortura (del resto il reato di tortura non è presente nel nostro codice penale):

al primo posto c’è la petromonarchia dell’Arabia Saudita (commesse per 1.100 milioni di euro), poi il Qatar (317), l’India (242), gli Emirati Arabi Uniti (176), il Marocco (112), la Libia (59), la Nigeria (50), la Colombia (44), l’Oman (37).

Sì, tra i destinatari c’è anche la Libia, in cui attualmente si sta combattendo una guerra di cui probabilmente non sappiamo abbastanza. E gli accordi con la Libia riguardano anche il controllo e la repressione dei movimenti dei migranti.

Affari che spesso si muovono in zone grigie, anche nel tentativo di aggirare la legge 185 del 1990 che regola la vendita di armi (in particolare, con il divieto di vendita agli Stati belligeranti), ma che portano enormi guadagni nelle casse delle industrie coinvolte, come Finmeccanica, recentemente al centro di inchieste di cui si è anche occupata Milena Gabanelli a Report.

Sempre a proposito di armi, segnalo l’intervista che ho fatto a Francesco Vignarca per Micromega sul libro Il caro armato, che racconta quanto costano (e quanto sprecano) le forze armate italiane.

E aggiungo in conclusione che Antonio Mazzeo racconta su Domani di quando i profughi diventano un affare, come sta accadendo in Sicilia.