Nel dibattito attuale sulle intercettazioni e sui limiti che a esse si vorrebbe porre, manca sempre un aspetto. Un aspetto che riguarda gli ascolti non autorizzati secondo le attuali procedure investigative. Per questo riporto per esteso un testo scritto da Andrea Cinquegrani, direttore insieme a Rita Pennarola del mensile La voce delle voci. Entrambi sono stati “attenzionati” (e per questo si sono costituiti parte civile al processo di Perugia) nel periodo della centrale d’ascolto di via Nazionale, quella voluta dall’intelligence italiana e affidata da Nicolò Pollari a Pio Pompa. Se ne parlava qui. Tornando al testo di Andrea, si intitola Intercettazioni? Ok, purché a farle siano solo gli 007 del Cavaliere. Nel silenzio dell’opposizione (si fa per dire) parlamentare.
Intercettazioni maledette. All’indice. Da abolire senza se e senza ma. Violano la privacy dei cittadini e mettono a repentaglio le libertà individuali. Su questo Berlusconi e il suo governo ci mettono, ci sbattono la faccia, anche a costo di crisi istituzionali e di mandare a gambe all’aria un paese ormai quasi grecizzato. Riescono nell’ardua impresa di “riunire” il mondo dei media carta-tivvu’ che da sempre prosegue in ordine sparso (e quasi sempre genuflesso). Miracoli del Cavaliere. Peccato che, qualche anno fa, precisamente dal 2001, e fino al 2005, il Berlusconi-pensiero e, soprattutto, opera, fosse diametralmente diverso. Privacy?
Chissenefrega. Diritti di chi opera nel settore dell’informazione? Vaffanculo? Rispetto per chi non la pensa come te? Fottiti. Sì, perché per un bel quinquennio i Servizi capeggiati da Nicolò Pollari (al servizio, evidentemente, dell’esecutivo berlusconiano di allora) eseguirono alla perfezione il compito assegnato: attenzionare i media di opposizione, controllare le voci contro, usare tutti i mezzi – dalle intercettazioni fino al dossieraggio e chissà a quanto altro ancora – per monitorare chi osasse pensare o scrivere in maniera non allineata.
Ad essere controllati – lo ha accertato la magistratura di Roma e poi di Perugia – sono state decine e decine di persone, tra giornalisti, magistrati, attivisti, tutti passati regolarmente ai raggi x per la bellezza di cinque anni, da un’equipe di spioni pagati con i soldi dello Stato e coordinati da Pio Pompa, l’ex braccio destro di Pollari. Tra i super indagati noi della Voce, al vertice – sono le carte di Pollari, Pompa e C. a documentarlo seguendo farneticanti percorsi investigativi – di una piramide che avrebbe compreso di tutto e di più: da Michele Santoro e la sua band, a Giulietto Chiesa e Beppe Giulietti, dal corrispondente di Liberation per l’Italia Eric Jozsef, ai referenti di Reporter sans Frontieres, e poi uno stuolo di magistrati, avvocati e giuristi (nazionali e internazionali), tutti uniti – secondo gli 007 made in Pollari – nella volontà di delegittimare la coalizione alla guida del paese in quegli anni.
La procura di Roma ha indagato su quei reati messi a segno da funzionari dello Stato pagati con soldi pubblici, ai danni di privati cittadini che avevano la “colpa” di svolgere, come giornalisti o magistrati, il ruolo che spetta loro per un preciso diritto-dovere. Il procedimento, poi, è passato mesi fa a Perugia, per il fatto che tra le vittime degli spioni c’erano svariati magistrati (anche in servizio a Roma). Il reato base, per la Pollari-Pompa band, è quello di essersi serviti di fondi pubblici per attività di dossieraggio illegale.
Ci siamo costituiti parte civile, nel processo di Perugia (prima udienza il 7 giugno), perché riteniamo di aver subito, in quegli anni, una violenza del tutto gratuita: violati non solo e non tanto nella privacy, ma nel nostro lavoro quotidiano di informazione. Spiati, attenzionati, con ogni probabilità delegittimati: e lo sa bene chi vive e lavora in una regione sotto il tallone dei clan come la Campania.
Per il Cavaliere ora le intercettazioni sono un reato. Da domani basta, mezzi spuntati per mandare in gattabuia camorristi e faccendieri, casalesi e furboni dei quartieri alti. Ieri, invece, tutto era lecito per intercettare, stoppare e delegittimare chi faceva il suo lavoro di “controllo”, come giornalista o magistrato. Un Cavaliere a due facce. Ma l’opposizione dice qualcosa? Alza la voce? Il silenzio…
One thought on “Intercettazioni: mai una parola su quelle illegali. Le considerazioni di Andrea Cinquegrani”
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