Ecco un libro che, per gli amanti del genere (anche se un testo di questo tipo soffre a essere ridotto all’interno di “gabbie di genere”), è un cult. Si tratta dell’opera di Raymond Rudorff intitolata Gli archivi di Dracula e in uscita tra un paio di giorni per i tipi di Gargoyle Books, casa editrice apprezzata da queste parti. Il volume, pubblicato per la prima volta nel 1971, è importante per una serie di ragioni. La prima, l’originalità dell’approccio dell’autore, giornalista inglese e scrittore con una bibliografia composta da una quindicina di titoli, tra saggi e romanzi:
Rudorff, però, si spinge oltre l’analisi storica e converte la sua somma erudizione in creatività: con superba maestria, utilizza i dati acquisiti e la conoscenza delle tradizioni popolari e religiose transilvane per dare vita a una narrazione dall’avvincente ed elegante impianto gotico. Una narrazione non esente dalle suggestioni visive della filmografia Hammer che, maggiormente interessata a far emergere le potenzialità sadiche del vampiro piuttosto che i suoi tormenti interiori, ha reso in termini più sofisticati e compiuti ciò che il precedente cinema horror aveva soltanto tracciato: l’indomita attrazione per il terrifico come mistero profano con cui è possibile misurarsi e non soltanto rimuovere.
La seconda, la trama, che coniuga in parallelo fatti contemporanei (alla vicenda, ambientata alla fine del XIX secolo) e vicende ancestrali:
Dopo la morte dagli inquietanti risvolti di entrambi i genitori, nobili possidenti della cittadina magiara di Kalasz -, il piccolo Stephen Morheim viene affidato al colonnello Gabriel Takely che […] ne diventa il tutore legale. Oppresso da una deficienza mentale, il bambino incontra insormontabili difficoltà sia nell’apprendimento sia nella comunicazione, ma, al compimento dei dieci anni, ecco verificarsi un’incredibile e inattesa inversione di marcia: Stephen comincia a esprimersi compiutamente e vede scemare pian piano i suoi problemi di attenzione. Adolescente, Stephen ha ormai superato ogni incertezza conoscitiva mostrando, anzi, una strepitosa vitalità intellettuale – sorretta da una formidabile memoria e da una penetrante eloquenza – e un magnetismo ipnotico – un misto di autorità e sicurezza inscalfibili, capace di assoggettare il prossimo. Stabilitosi a Budapest per studiare all’Università, il giovane manifesta una forte passione per la storia dell’Europa centrale e orientale, in specie per gli alberi genealogici dei più antichi casati dell’Impero austro-ungarico […]. Ma cosa c’è all’origine di tale esaltazione? Perché Stephen, terminati gli studi, decide di trasferirsi nel vetusto maniero di famiglia presso l’appartata località di Torberg? E perché è così interessato a ottenere l’amore di Elizabeth Sandor, giovane e bellissima ereditiera di un castello, sito in una regione sperduta e selvaggia della Transilvania? È in un sinistro e remoto passato che si celano tutte le risposte.
Infine, per chi volesse leggerla in anteprima, è stata pubblicata la postfazione di Gianfranco Franchi (il testo è scaricabile in pdf, 74KB).