Dalla rete: “Guantanamo Spaghetti” tra false accuse e vere minacce

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  • Christian Elia, Guantanamo Spaghetti:

    Questa l’accusa, supportata da testimonianze e verifiche, che Reprieve, un’organizzazione non governativa con sede a Londra che si occupa di assistenza legale alle persone coinvolte nella ‘guerra al terrorismo’ delle quali siano stati violati i diritti inalienabili, lancia all’Italia. In particolare sono sette i casi in esame, tutti di cittadini tunisini residenti in Italia all’epoca dell’arresto che gli è costata la detenzione a Guantanamo. Lofti bin Alì, Saleh Sassi, Adel Ben Mabrouk, Lofti bin Swei Lagha, Hedi Hamamy, Adel al-Hakeemy e Hisham Sliti. Le responsabilità italiane nell’odissea di queste persone è diretta. Reprieve, infatti, dimostra come tutti loro sono stati catturati in Pakistan o in Afghanistan su informazioni, rivelatesi infondate, delle forze di polizia o d’intelligence italiane. Tutti e sette, adesso, sono stati scagionati da qualsiasi accusa e sono in sostanza liberi di tornare a casa. Ma qui sta il punto: la Tunisia, per unanime parere delle principali organizzazioni internazionali, è un Paese nel quale viene praticata sistematicamente la tortura. Non possono essere rispediti in patria dunque, dove nel frattempo (e sempre partendo dalla responsabilità oggettiva degli italiani) in contumacia sono stati condannati a pene dai dieci ai quaranta anni. Per non aver fatto nulla.