Même Père Même Mère: la produzione dal basso funziona

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Obiettivo raggiunto (e la produzione continua) per il film Même Père Même Mère, nuova opera della Malastrada.film che era stata annunciata a inizio maggio contestualmente all’avvio della campagna di finanziamento. Il meccanismo per realizzare il lungometraggio, incentrato su Thomas Sankara e sul Burkina Faso, è lo stesso del precedente lavoro, 13 Variazioni su un tema barocco. Ballata ai petrolieri in Val di Noto: avviare una raccolta fondi per andare a copertura dei costi e creare così rete di veri e propri coproduttori. E data la natura del progetto, i risultati poi vengono tutelati attraverso una licenza Creative Commons.

Dunque, per tutti questi motivi si torna a dialogare con Malastrada.film e, in particolare, con Alessandro Gagliardo che – insieme a Chris Consoli, Julie Ramaïoli e Giuseppe Spina – ha ideato Même Père Même Mère.

Un nuovo progetto, ma la filosofia di fondo è sempre quella che vi ha contraddistinto anche per 13 Variazioni su un tema barocco. Come state approntando questo lavoro, con quali persone e con quali tempistiche?

Stiamo cercando di fare della “filosofia di fondo” un metodo, di mettere a sistema l’esperienza di 13 Variazioni e provare a definire una strada concreta e alternativa alla produzione televisiva e cinetelevisiva classica. Abbiamo deciso di fare questo film in poco più di tre giorni, la decisione finale è uscita fuori da una sorta di processo creativo in cui abbiamo messo in discussione i procedimenti “consueti” di produzione (per i quali molti autori spesso aspettano anni prima di poter girare una inquadratura); in poche parole l’entusiasmo suscitato dall’idea di muoverci a migliaia di chilometri di distanza per raccontare una realtà a noi sconosciuta e fuori dalla portata dell’intendere e del vedere occidentali sono stati i principali deterrenti. Il nuovo progetto, come il precedente, si basa su una rete di collaborazioni, che sostengono in vario modo, ci aiutano e condividono la nostra idea sul cinema, sul progetto, sul metodo produttivo, diventando co-produttori di fatto grazie all’apporto delle loro strutture di comunicazione (siti web, newsletter, mail di amici, webtv, mailing list, etc etc) per far sapere alla gente che un nuovo film indipendente cerca di prendere vita.

E così la lista dei partner finisce per essere nutrita da molti nomi: Produzioni Dal Basso, Arcoiris.tv, Arci, Noeltan Film, Potenza Film Festival, Rete dei Comuni Solidali, Terrelibere.org, Videoinflussi, Girodivite.it, Siciliantagonista, NDA distributori associati, Radio Base, VideoCoop, Assud.it, Altreconomia, Paranoiko.com.

Abbiamo alle spalle anche l’aiuto di due validi centri di cinema: il Sacre (Studio Autonome du Cinéma de Recherche) di Marsiglia, di cui fa parte uno degli autori del film, e la Noeltan film di Potenza, casa di produzione e costola del Potenza International Film Festival (dove verrà presentato in anteprima il film), che ci daranno un supporto tecnico e pratico.

Perché il Burkina Faso e il presidente Thomas Sankara? Quali elementi vi hanno affascinato di questo paese e di questo personaggio?

Thomas Sankara fu un rivoluzionario che teorizzò e attuò quella pratica di governo che avrebbe potuto risollevare l’intera Africa. Era un internazionalista convinto che i governi africani, ma anche gli afroamericani, gli sfruttati di tutto il mondo potessero cambiarne le sorti. Applicò un sistema di governo nell’Alto Volta tra il 1983 e il 1987 e portò il popolo a una forte presa di coscienza, risollevò lo stato da un punto di vista economico e culturale. Cambiò il nome colonialista dello stato in Burkina Faso che vuol dire “paese degli uomini integri” e, per fare solo qualche esempio, fece crescere notevolmente il PIL, rivalutò il ruolo della donna, fece piantare milioni di alberi per fronteggiare la deforestazione, costruì scuole e presidi medici in molti villaggi. Fu ucciso il 15 ottobre del 1987 con tutti i suoi uomini e seppellito la notte stessa. Nel paese si disse che il suo governo si era dimesso ma in realtà fu un grande complotto tra i francesi e Blaise Campaoré (che era stato il numero due del regime rivoluzionario e spalla di Thomas) che oggi è ancora il presidente.

Esattamente 20 anni fa Sankara fu ucciso all’età di 37 anni.

Ma il fascino con cui il Burkina ci ha impressionato dipende anche da altri aspetti: l’arte nelle sue forme più varie, i modi di vita, la spiritualità, la povertà, l’attuale colonialismo “democratico”, il regime vigente e non per ultimo il cinema (il Burkina è lo stato da cui – diciamo così – viene fuori tutto il cinema africano). E infatti una condizione che ci lega in modo particolare a questo paese riguarda proprio il fare cinema, l’abbandono di ogni forma di narrazione e rappresentazione occidentale a cui siamo vincolati e da cui tutto il cinema davvero indipendente dovrebbe venir fuori. Andiamo in Burkina anche per cercare un nuovo linguaggio, una pratica da cui purtroppo il cinema capitalista è molto lontano, ed è con questo tipo di produzione, che ci permette di parlare direttamente alla gente, che stiamo diffondendo anche questo aspetto.

Nel Burkina Faso avete stretto partnership con realtà locali a cui appoggiarvi e con cui collaborare? Come viene gestita la logistica per effettuare le riprese?

Il progetto ha alla base la collaborazione con il Centro Ghélawé, un’associazione di promozione sociale italo-burkinabé che opera fuori dalla logica dei finanziamenti internazionali e che ha come finalità quella di promuovere l’agricoltura e l’allevamento tra la gente del luogo. Un atto pragmatico ancora raro che nasce dall’”interno” e che tende all’unica forma possibile di sviluppo: quello creato attraverso le risorse del luogo, con e dalla gente del luogo. L’idea del film, nasce proprio dal confronto/racconto con gli amici del centro che in Burkina saranno anche i nostri ciceroni. La struttura alla quale stiamo lavorando non è quella documentaristica, ma bensì quella del film di viaggio.

Abbiamo intenzione di partire dal Centro Ghélawé per allargarci a tutto il paese, attraversandolo a bordo di un camion, con una vespa, con il treno e le corriere. Stiamo contattando diverse realtà che potranno darci un appoggio durante il viaggio, in ogni parte del paese c’è qualcuno che si è detto pronto a raccontarci il Burkina Faso e a passare qualche giorno insieme.

Una cifra come 7.600 euro per sostenere i costi di produzione sono davvero un budget ridottissimo. Come riuscite a contenere così tanto le spese per lavorare al nuovo film?

Diciamo che iniziamo con l’abbattere tutte le sovrastrutture che caratterizzano solitamente una produzione. Partiamo dall’assunto che per una casa di produzione/diffusione come la nostra, indipendente e di ricerca, il primo “capitale” da investire è il nostro lavoro ed il nostro tempo.

Il grado di soddisfazione economica, quello che sarebbe lo stipendio dell’autore, è sostituito dal valore inquantificabile dell’esperienza artistica ed umana che ci approntiamo ad affrontare. In termini pratici, nel bilancio di produzione sono previste soltanto le spese vive che ci permetteranno di arrivare in Burkina Faso, muoversi, mangiare e riprendere. In questa impostazione cerchiamo di portare avanti la nostra concezione di “sviluppo dal basso” in cui la produzione è un passaggio che si completa con il supporto tecnico/pratico (ad esempio l’ospitalità) di quanti vorranno sostenere l’esperienza completa del film. Per dirla in poche parole: tra chi ci offre un piatto di miglio in Africa e chi coproduce il film con le 10 €, tra chi come la S.A.C.R.E. di Marsiglia ci fornisce cinepresa e pellicola 16mm e chi come Arcoiris.tv e tutti gli altri partner ci danno una mano in promozione, l’unica differenza che passa è il mezzo diverso con il quale poter permettere ad un film di esistere.

Infine cerchiamo di capovolgere anche la visione del profitto, preferendo all’accumulo degli euro derivanti dalla probabile vendita del film, la possibilità concreta di incidere con il nostro fare cinema, cioè destinando il 50% delle vendite dei DVD ed il 70% di quelle televisive, al centro Ghélawé.

La domanda che molti ci pongono è: “ma come si fa a campare?”. L’esperienza di 13 Variazioni ci ha permesso di capire che in Italia (e non solo) c’è un numero non indifferente di persone interessate a vedere e far circuitare produzioni “altre” e quindi anche a comprare (come piccoli circuiti di distribuzione editoriale, piccole sale e cinecircoli, realtà web e network indipendenti). Il tutto a 10 €, cioè il solo prezzo del dvd, tenendo conto dunque del diritto di accessibilità alla cultura. Per questo siamo ancora qua.

Certo, resti ben inteso, che nella nostra concezione, la prima cosa che rifiutiamo è lo “star system” delle multinazionali delle immagini e delle storie e quindi dell’intero mondo cine-televisivo che attualmente regna sovrano. Dopotutto continuiamo a definirci lavoratori della visione e la domanda che rivolgeremmo noi ai colleghi che ci pongono il quesito di cui sopra è la seguente: “Come fanno, oggi, a campare gli studenti, gli artisti, gli immigrati e gli operai; le famose intelligenze e forze di questo paese?”. La risposta accomuna tutti.

Quanto l’esperienza del film precedente vi sta agevolando in questa nuova produzione? State trovando meno difficoltà nel radunare persone che vi aiutino a sostenere i costi?

Rispetto ad un discorso di metodo chiaramente siamo più facilitati. Abbiamo ottimizzato dei processi e degli accorgimenti che mancavano al precedente progetto. Una risposta positiva è arrivata da molti co-produttori di 13 variazioni che hanno riconfermato il loro ruolo (quindi anche quello di diffusori dell’iniziativa) e la loro fiducia per la malastrada.film.

Credo che la difficoltà principale in questo momento sia quella di far passare l’importanza di questa produzione, dei temi trattati e dello stesso linguaggio cinematografico che stiamo teorizzando. In 13 Variazioni, ci appellavamo ad una comunità (oggi importante, numerosa e messa in rete, vedi ad esempio il patto di mutuo soccorso [questo potrebbe linkarsi]) che poteva riconoscersi in una battaglia politica, prima che in un esperimento cinematografico. Detto ciò, nonostante le difficoltà, la gente sta rispondendo e dopo giorni di e-mail e comunicati, il tam tam in rete sta crescendo e siamo convinti che proprio negli ultimi giorni darà il massimo in termini di coproduzioni. C’è anche da dire però che a mancare clamorosamente in questa fase, ma non è una novità, è il sistema d’informazione e di cultura italiano.

Cosicché mentre cerchiamo di produrre un film, rinunciando al diritto d’autore, con il sistema della produzione dal basso, a bassissimo budget, con 4 autori (tre italiani ed una francese) e la collaborazione di due case di produzione indipendenti come la S.A.C.R.E e la Noeltan, senza considerare che prima ancora di essere realizzato questo film è già stato invitato da due festival internazionali, i giornali (dal cosiddetto quotidiano “comunista” a quello “democratico”, alla rivista di cinema che “duella” (ma con chi?) sono tutti blindati per raccontare il Festival di Cannes, per riportare minuziosamente le dichiarazioni del Ministro Rutelli, che va a rappresentare il cinema italiano in un festival in cui il cinema italiano non esiste.

Le spese di non rappresentanza del ministro, il suo frack, il suo papillon, il suo albergo, le cene con le soubrette e i damerini del cinema polpetta, la sua macchina ed il suo staff, con tutta la RAI messa dentro, potrebbero permettere di produrre decine di film. Ma questa nel sistema culturale in cui viviamo è una battuta demagogica.

Che tipo di licenza sceglierete per il film? Sempre una Creative Commons?

Assolutamente si. Anche in questo caso scegliamo di non rinunciare ai diritti d’autore, ma a una parte dei diritti di esclusiva del full copyright, perché continuiamo a sostenere con forza la necessità della libera circolazione delle opere. La circolazione, la diffusione appunto, valorizza l’opera e apre al confronto. Per questo preannunciamo che questo film verrà depositato legalmente grazie all’aiuto degli amici di Copyzero e del sistema della firma digitale. In questo modo al nostro film potremo dare una paternità legale continuando a restare fuori dalle corporazioni delle case di produzione e dalla SIAE. Il film inoltre verrà rilasciato sotto licenza Creative Commons, così da poter aderire ad una comunità internazionale d’intenti che sullo scambio e la circolazione di opere creative riconosce i suoi valori fondanti.

Se dovessi tracciare un bilancio in merito a 13 variazioni su di un tema barocco, quali elementi metteresti in risalto? Come sta andando la sua promozione?

Guarda, lo spirito che aleggia da queste parti, nel nostro piccolo, è di grande soddisfazione.Siamo riusciti, per come ci eravamo prefissati, grazie all’aiuto e al lavoro degli amici del comitato, a rilanciare la questione della ricerca gas-petrolifera in Sicilia a livello nazionale. In questo momento abbiamo una distribuzione home video e televisiva negli Stati Uniti, il film è presente in diverse librerie d’Italia grazie agli amici di NDA, in visione gratuita su Arcoiris.tv, e presto sarà in vendita on line anche con Carta, oltre che sul nostro sito. Altra cosa importante, ci sono state più di 28 proiezioni in tutta Italia e altre sono in programmazione. Il film in poche parole ci ha portato in giro a conoscere nuova gente, a condividere delle idee, a diffondere delle pratiche e ad incrementare il nostro spirito visionario. Per questo oggi siamo qua a parlare di Africa, continuando ad aspettare che la parola FINE definitiva ed univoca venga messa sulla vicenda delle trivellazioni in un terzo del territorio siciliano.

Ultima domanda: con quel film avete toccato un argomento scottante che ha riflessi su interessi spesso grandi e, forse, pericolosi. Avete riscontrato problemi dopo il lancio del film?

Beh, non abbiamo ricevuto nessuna lettera minatoria e nessuno ci ha fatto chiamate anonime per dirci di stare attenti. Da parte nostra non abbiamo inventato niente e poi 641 coproduttori alle spalle, se vogliamo metterla in questi termini, credo facciano paura a chi in questo momento tra i palazzi della regione Sicilia e le sedi operative dei petrolieri, non può che accorgersi e arrovellarsi, nello scoprire che nella Sicilia del 2007, le loro idee di sviluppo sono fossili e quindi minoranza. A questo punto non resta che far passare un’idea diversa anche sull’Africa. Noi produciamo dal basso, con la gente non con i capitali.

L’intervista è stata pubblicata anche su Permesso d’Autore