Blog d’Egitto: chiude Sand Monkey per pressioni politiche

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Egyptian Sand Monkey[AGGIORNAMENTO – 16 maggio 2007] Un aggiornamento sempre via AdnKronos: Egitto, altri 29 blog e siti rischiano la chiusura:

Un magistrato egiziano, Abdel Fattah Mourad, ha chiesto l’oscuramento di 29 tra blog e siti internet che a suo avviso ”screditano l’immagine del paese e offendono il presidente”. Lo rivela la stampa locale, secondo cui Mourad è lo stesso magistrato che ha formulato l’accusa contro il blogger Kareem Amer, condannato a 4 anni di detenzione a causa degli scritti pubblicati sul suo diario on line.

Via AdnKronos (e sempre in tema Egitto: Libertà per il blogger egiziano Abdel Kareem). È costretto a chiudere i battenti l’Egyptian Sand Monkey, uno dei blog d’opposizione più seguiti d’Egitto e tra i diari on-line più letti dell’intero Medio Oriente. Ad annunciare il congedo dalla rete è stato Sam Adam, nickname del blogger autore del portale, che ha sottolineato come a spingerlo a questa decisione sia stata la forte pressione esercitata dal regime egiziano.

“Non credo che l’anonimato possa più proteggermi – ha scritto il blogger – Almeno non da quando agenti della sicurezza fanno domande su di me nella strada in cui abito, quindi ho deciso di chiudere”.

La notizia dell’addio al web della “scimmia del deserto” ha subito suscitato l’interesse dalla stampa locale ed è riportata oggi dai principali quotidiani in lingua araba. Il risalto dato all’evento è strettamente connesso col ruolo che in questi anni il blog ha avuto nella vita politica del pase. Sand Monkey è infatti stato uno dei più vibranti animatori del dibattito politico e sociale, oltre ad aver raccontato con regolarità, negli ultimi due anni, le violenze e le brutalità commesse da Mubarak durante le manifestazioni di contestazione al regime organizzate da attivisti politici.

L’attenzione dei media nei confronti dei blogger egiziani è iniziata nel febbraio 2005, durante la campagna per il referendum sulla riforma costituzionale voluta dalle autorità del Cairo. Da allora gli autori di questi portali sono entrati a pieno titolo nel dibattito politico del paese, attirando su di sé le critiche e le persecuzioni del regime.

Nel febbraio scorso il tribunale di Alessandria d’Egitto ha condannato il blogger Karim Suleiman a quattro anni di prigione, per aver insultato il presidente e diffamato l’Islam, religione di Stato. Il giovane ventiduenne è tuttora in stato di detenzione nonostante le critiche espresse sulla vicenda dalle associazioni per i diritti umani. Dal 2006 l’Egitto figura nella lista dei “paesi nemici di Internet e della libertà d’espressione” stilata da Reporter Senza Frontiere.

6 thoughts on “Blog d’Egitto: chiude Sand Monkey per pressioni politiche

  1. E’ veramente uno scandalo che in un paese vicino a tanti “forti” succedano queste assurdità…Ma la cosa più vergognosa è assistere inermi…Purtroppo il diritto umanitario si limita a diffondere alcuni principi, ma il vero problema rimane pur sempre politico…Hai qualche idea a proposito?

  2. Le pressioni politiche danno ancora più energie alla libertà che quando eplode ripaga con gli interessi. Credo, seppure in forme assai diverse, che sia accaduto lo stesso in Italia dopo la caduta del governo di Centro Destra.
    La trasmissione di Biagi lo sta a testimoniare.
    Quando mai si parlava di mafia come Saviano ha fatto da Biagi?

  3. > La trasmissione di Biagi lo sta a testimoniare.

    E la legge sul conflitto di interessi?
    E la lotta al precariato?
    E i nuovi poveri?
    E la recessione in atto?
    E i cocopro mascherati da occupazione?
    E?
    E?

    Mi fa piacere che tu veda tutta questa entata di libertà col nuovo governo, che sia detto per inciso io ho votato.
    Ma non riesco a vedere tutta questa esplosione di libertà..

  4. Devo dire che il ritorno di Biagi in tv mi ha negativamente impressionata e non tanto per i servizi proposti, che comunque hanno un tratto di interesse, quanto per gli sferzanti editoriali su fatti di cronaca tutt’altro che chiari o chiusi. È il caso di Rignano Flaminio per il quale Biagi ha assunto posizioni apertamente giustizialiste e da un giornalista della sua esperienza è quanto meno strano esprimersi con tanta sicurezza: se le persone arrestate sono colpevoli o no, allo stato attuale non lo può sapere nessuno. Ciò che si dovrebbe invece sapere è che esiste la presunzione di innocenza e che la confusione che avvolge quell’indagine lascia qualche perplessità considerando che precedenti episodi analoghi a Bologna, Modena e Brescia si sono rivelati degli errori giudiziari. Insomma, da una delle vittime dell’editto bulgaro non me lo aspettavo.

    Detto questo, neanche io riesco a vedere tutte queste libertà: a fronte di qualche piccolo miglioramento, in generale non è che sia così nuova l’aria che si respira. Ad esempio, il governo cerca di bloccare le indagini milanesi sul caso Telecom accampando il segreto di stato. Passo che peraltro era stato fatto anche dal precedente governo attirandosi i fischi dell’ex opposizione-attuale maggioranza. La politica estera poi non è cambiata: l’interventismo in Afghanistan e Libano; la vergognosa gestione del rapimento Mastrogiacomo e soprattutto del post-rapimento; i veti posti sulle manifestazioni, come quella di Vicenza, agli esponenti del governo a scendere in piazza contro il governo stesso; politiche accomodanti verso gli alleati non solo su temi eclatanti come l’omicidio Calipari, ma anche su storie meno note come le richieste restituzione di opere d’arte trafugate dagli Stati Uniti nella prima metà del Novecento.

  5. angelo vitale

    Antonella ha ragione sul Biagi a proposito della storia di Rignano. Ha detto che non voleva “neanche chiamare persone” gli indagati. Uno strano matrimonio con il peggior “giornalismo televisivo” che ad esempio ha mandato in onda un avvocato delle famiglie che, parzialmente incalzato dall’evidente assenza di elementi probatori certi, se ne è uscito con un “intanto i bambini stanno male e questo è un fatto”.

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