Lettera aperta a Sandro Baldoni

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Via Pino Scaccia, Lettera aperta a Sandro Baldoni:

Caro Sandro, ci siamo conosciuti (ricordi?) una sera a Francavilla insieme alla signora Russo, la mamma di Antonio ucciso perché aveva avuto il coraggio di denunciare gli orrori in Cecenia. Ho scoperto che tu sei molto diverso da Enzo ma che da allora, da quando Enzo riposa in Mesopotamia, sei entrato un po’ nella nostra famiglia: sì, di quei pazzi che ancora hanno la voglia di raccontare e di capire. Ti scrivo da Kabul. Ho pensato molto in questi giorni a Enzo, avevo un’angoscia grande dentro, perché il dramma di Daniele mi ricordava tanto quel saluto frettoloso a Kufa. Pure con Daniele ci eravamo salutati con l’idea di rivederci un paio di giorni dopo e invece ci siamo ritrovati in un incubo. Ma lui poi è tornato a casa. Enzo no: ancora non è tornato, neppure da morto. E io ancora non me lo perdono. Ho dato tutto me stesso in questi anni per sapere cosa è successo, forse l’ho capito, rivedo quasi ogni notte quel crocevia maledetto di Malmudyia dove all’andata ce la siamo cavata con un po’ di paura e invece il ritorno è stato fatale. Ho negli occhi sempre Enzo con la macchinetta fotografica che scattava a ripetizione in quel viottolo di Najaf (quante foto mi ha fatto: mai viste) e poi lui che ci porta in salvo con la bandiera. La gioia di stare con i miliziani perché voleva sapere tutto e il sogno di incontrare al Sadr. I cronisti sono sempre fregati dai sogni. Perché ci si è dimenticati improvvisamente di lui? Capisco che adesso non ci sono più italiani in Iraq ma la cosiddetta “intelligence” è ancora operativa. Capisco che sono cambiati i vertici della Croce Rossa, ma sarebbe pure logico pensare a un passaggio di consegne. Giusi e i figli di Enzo meritano almeno il conforto di una tomba su cui piangere. Cosa possiamo fare noi? Forse quello che stiamo facendo: non dimenticarlo, insistere, pressare su chi può fare un ulteriore tentativo. C’era stato, lo ricordiamo tutti, un riconoscimento di parti di ossa. Quindi, la zona dov’era stato sepolto dopo la barbarie, qualcuno la conosceva. Perché si è interrotto tutto? Perché dopo quella “prova” non si è andati avanti? E non si è recuperato il corpo? Non è difficile ripristinare i rapporti perché tutti sappiamo il nome del “contatto”. Sandro, credimi, non sei solo. L’appello di Articolo21

[Update] E qui la risposta di Sandro Baldoni.