Ferruccio
Si muoveva lentamente, Ferruccio, rincasando alle cinque del pomeriggio. Le poche centinaia di metri che costituivano il quotidiano percorso erano ogni volta una salita, che andasse o venisse. Il respiro gli si faceva grosso e rumoroso, il cuore pompava come se il sangue lo dovesse cavare da un pozzo e i piedi sembravano calzare piombo.
Ultimamente andava peggio. Anche il solo gesto di afferrare le chiavi di casa dalle tasche e infilarle nella toppa lo appesantiva ulteriormente. Senza contare la rampa di venti gradini che lo dividevano dalla porta dell’appartamento che divideva con Lola, sopra il negozio.
Sua moglie non sembrava esserci. Accadeva sempre più di frequente di rientrare e di non trovarla. Ferruccio non era uno di quegli uomini che pretendevano l’accoglienza di una donna docile e obbediente ed era fin troppo consapevole che se non fosse stato per l’impegno di lei in bottega ci sarebbe stato di che star freschi, a fine mese.
Luce e fuoco spenti, le ombre che ancora si allungavano nel crepuscolo malgrado le giornate si stessero allungando, Ferruccio fece per riporre ordinatamente le scarpe nello sgabuzzino quando il rumore di stoviglie cadute lo fece rizzare come una scossa elettrica. In casa qualcuno c’era, evidentemente, ma quella scoperta non gli trasmise paura, ma solo sorpresa. Scalzo com’era, prese la via della cucina e si stupì nel trovarci Lola.
«Che ci fai qui al freddo? L’inverno non sembra ancora finito e senza una fiammata si gela» esordì l’uomo.
«Oh, ho troppo da fare per pensare alla stufa.»
La moglie stava trafficando con pentole e recipienti. Impastava qualcosa di scuro, una sostanza densa che si plasmava seguendo il movimento del mestolo di legno. Accanto una terrina traboccava di una polvere bianca, probabilmente zucchero a velo, mentre tranci di carne erano pronti per la provvista dopo essere stati seccati e salati.
«Anzi, già che sei tornato,» riprese la donna «perché non scendi in cortile a prendere della legna così metto in formo questa roba?»
«Ma che roba è?»
«Quante domande che fai tu. Se facessi tanto quanto parli, avrei bel che finito.»
Con Lola, Ferruccio aveva già rinunciato da tempo a discutere. Nonostante le gonne, era evidente che in casa quella che portava i pantaloni era lei: studiava le situazioni, valutava le difficoltà e rimediava le soluzioni.
Era stato così anche quando il terremoto aveva distrutto ogni loro possedimento e si erano ritrovati nel giro di qualche momento proprietari di nulla. Nella Marsica, per loro, non c’era più motivo di restare e così Lola aveva proposto di andarsene. Ricominciare altrove per sfuggire a una sorte che era divenuta improvvisamente ancora più misera e traditrice.
Dove andarsene era stato il quesito successivo e Lola era ancora una volta passata all’azione. Inforcata una bicicletta sopravvissuta al disastro, era arrivata ad Avellino e qui aveva girato fino a trovare gente per bene da cui era stata a servizio prima del matrimonio. Aveva spiegato loro l’intenzione di partire e chiesto un consiglio volendo in realtà qualcosa di più concreto. Quelli avevano capito bene ciò a cui puntava Lola e su due piedi non avevano trovato motivo per negarle il favore, dopo anni ancora ben disposti verso la più efficiente delle sguattere che erano passate per casa loro.
Il tempo di ricevere risposta a qualche lettera che avrebbero inviato il giorno stesso e il problema si sarebbe risolto. Così era effettivamente stato: era infatti saltato fuori un lavoro per Ferruccio al nord. Il diploma di ragioniere lo aveva preso e non era poca cosa. Così, se lo desideravano sempre, avrebbe potuto prendere servizio il mese successivo nell’ufficio del catasto presso cui l’uomo lavorava ancora. Ma quello che era in loro potere lo avevano già fatto: con i soldi per il viaggio e per una nuova casa Lola e Ferruccio si sarebbero dovuti arrangiare. Perché va bene dare una mano al prossimo, ma ogni mano arriva fino a un certo punto.
«Sei ancora lì impalato?» lo aveva riportato al presente Lola. «Dai, veloce, che altrimenti la pasta respira troppo.»
Ferruccio non desiderava proprio indossare la casacca da cortile e raggiungere il portico che fungeva da legnaia. Ma neanche osava protestare. Non gli rimase che raccogliere le proprie forze e tornare verso le scale: avrebbe riempito la sacca della legna fissata a una corda e sarebbe risalito per issarla, attraverso un dispositivo a carrucola sempre idea di Lola, fino alla finestra della cucina.
In verità, non ci mise molto e non fu neanche così tanto faticoso, almeno fisicamente. Accatastati i ceppi accanto alla stufa, si era dato da fare per accendere il fuoco e il calore che ora irradiava lo considerava il giusto compenso per quel lavoretto.
«Lola, dimmi, ma da dove arriva tutta quella carna salata?»
«Ancora? Ma non hai proprio nient’altro da fare che stare qui a interrogarmi? Mi sembri diventato un carabiniere, ogni tanto.»
Ferruccio non se la prendeva mai quando la moglie lo apostrofava, che avesse ragione per farlo o meno. La sua apatia gli forniva un’arma formibadile contro qualsiasi staffilata.
«Avrò pur diritto di sapere come mai possediamo tanto roba», proseguì infatti l’impiegato.
«Diritto, diritto. Ma diritto di che? La mangi la carne o sbaglio? Eccola lì dunque e non aver paura di non digerirla che è freschissima, appena preparata.»
«Questo lo vedo da me, ma mi chiedevo…»
«Chi me l’ha data. Sì, ho capito cosa ti chiedevi. Alla bottega è arrivata un sacco di roba. Proprio da non crederci. E anche tenuta bene, senza i segni delle tarme, la polvere di anni o le macchie che non sai mai come le hanno fatte. Non mi ci è voluto tanto per rimetterla in ordine e ne avevo così tanta che ho fatto uno scambio.»
«Uno scambio? E con chi?»
«Hai presente Mario, l’allevatore di maiali? Ha avuto un gran colpo di fortuna: si è messo a vendere a un gran hotel delle terme e ha pensato bene di non portare solo tranci di carne. Si è preso anche tutta la biancheria della casa che avevo in più e l’ha piazzata a quella gente. A me ha dato un quarto del ricavato.»
«Più quei pezzi salati?»
«Evidentemente. Inoltre c’è anche roba per sanguinacci.»
«Allora è maiale tutta quella carne?»
Ma stavolta Lola non aveva risposto. Si era limitata a piantargli gli occhi addosso, sorridere e canticchiare qualcuna delle lontane ballate contadine mandate a memoria.
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