Fiorini, corsaro della finanza: dalla Metro Goldwyn Mayer alla Parmalat

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Domani di Maurizio ChiericiLa Metro Goldwyn Mayer è un’istituzione del cinema non solo statunitense. Creata nel 1924 attraverso la fusione di due preesistenti case di produzione, nel corso dei decenni ha prodotto film passati alla storia come Via col vento, Il mago di Oz, Cantando sotto la pioggia, 2001: odissea nello spazio e alcune delle pellicole dedicate allo 007 per eccellenza, James Bond. Ma la sua è stata anche una vicenda che ha segnato i decenni per le traversie societarie, iniziate negli anni Settanta e arrivate, nel giro di un ventennio, alla soglia di fallimento. Erano i tempi in cui la Mgm aveva in gestione la United Artists e si era ancora ben lontani dall’arrivo di Sony, con cui oggi produce anche fiction per il piccolo schermo, e della Comcast Corporation.

Per il colosso del cinema americano sembrano però tornati i tempi duri. Tanto che alla fine dello scorso anno è stata annunciata la vendita dei propri studios, valutati un paio di miliardi di dollari. E un mese più tardi s’è fatto avanti un imprenditore indiano, Anil Ambani, che già aveva investito nella DreamWorks di Steven Spielberg. Ma questa è una vicenda in essere, non ancora conclusa, e che non fa parte del pezzo della storia che si vuole raccontare.

Una storia che ha uno scenario italiano e che vede comparire un personaggio il cui nome torna ancora oggi, quando si parla del crack della Parmalat e delle traversie giudiziarie di Callisto Tanzi. Si chiama Florio Fiorini e, sul finire degli anni Ottanta, si faceva chiamare il «corsaro della finanza» e il «lavandaio». Sopravvissuto agli anni della P2 e della bancarotta del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi – erano anni in cui ricopriva la carica di direttore finanziario dell’Eni –, passò in seguito ad altra occupazione e ad altri interessi e per lui i guai economici e giudiziari videro anche come oggetto proprio la Metro Goldwin Mayer.
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