Di Giustino De Vuono, uno dei componenti della banda che rapì e uccise insieme ad alcuni pentiti di niente nell’aprile 1975 Carlo Saronio, si è occupato il libro di Stefania Limiti L’anello della Repubblica, come si segnalava poco tempo fa. Ora, sull’ex legionario calabrese conosciuto nel mondo della malavità come lo “scotennato”, torna Alessandro Grandi su Peacereporter con l’articolo Caso Moro: una pista dal Paraguay (qui la seconda parte). In qui si scrive che:
Un’informativa diretta al capo del dipartimento d’investigazione della polizia della capitale paraguayana narra le vicende di un italiano trovato in Svizzera in possesso di documenti paraguayani falsi. Il soggetto in questione è Giustino de Vuono […]. Come descritto dettagliatamente nel rapporto, sarebbe un “presunto integrante” delle Brigate Rosse oltre a essere indicato come uno degli assassini di Aldo Moro. C’è di più. De Vuono […] è considerato un appartenente alla ‘ndrangheta. Da quanto si evince dal carteggio, stilato in data 4 luglio 1981, la presenza del De Vuono in Paraguay non è una novità: il documento analizza i suoi spostamenti e le sue azioni dal 1977 al 1980. Viaggi e passaggi da un paese all’altro del continente americano, sovente con documenti falsi.
Secondo la documentazione […] ritrovata nel febbraio scorso all’interno del Centro de Documentacion y Archivio del Palazzo del Poder Judicial di Asuncion – dove è custodito il famigerato Archivio del Terrore della dittatura filonazista di Alfredo Stroessner in cui sono descritte minuziosamente tutte le vicende relative al Plan Condor – Giustino de Vuono sarebbe entrato in Paraguay in automobile, nel giugno del ’77, con un documento d’identità falso a nome Antonio Chiodo. In quelle circostanze oltrepassò la frontiera che separa Brasile e Paraguay in località Puerto Stroessner (oggi Ciudad del Este, ndr), zona nota alle cronache odierne per via dei traffici illeciti che la animano giorno e notte.